Fabrizio Di Ernesto

Honduras: istituita commissione per la sicurezza agraria

Il presidente dell’Honduras Xiomara Castro ha annunciato la fondazione della Commissione per la sicurezza agraria e l’accesso alla terra. Nelle intenzioni delle istituzioni locali questa servirà migliorare le condizioni della popolazione rurale del paese, anche in considerazione del fatto che poco meno di due terzi di questa, il 63% per l’esattezza, vive in condizioni di povertà.

In seguiti ad una riunione del Consiglio nazionale per la difesa e la sicurezza, il presidente ha riferito della creazione dell’istituzione, sottolineando che storicamente le politiche agrarie hanno portato a “processi fallimentari”, e proprio per questo, ha sottolineato, “il Governo non può ignorare le condizioni precari del settore rurale e agricolo del Paese, che sono state causate dalle strutture di modelli economici iniqui che accrescono le disuguaglianze”.

Sempre la prima mandataria del paese indiolatino ha sottolineato che “la riforma agraria costituisce una questione in sospeso, sono passati più di 30 anni dalla promulgazione della legge per l’ammodernamento e lo sviluppo del settore agricolo”.

Secondo il presidente, questa situazione limita l’Istituto nazionale agrario (Ina) nelle risposte che può eseguire a favore delle richieste di terra delle contadine, dei gruppi contadini, delle comunità indigene e dei popoli indigeni. Allo stesso modo ha evidenziato che dal 2021 c’è stata “un’escalation nell’occupazione delle terre produttive”, che ha generato insicurezza e anarchia nell’accesso alla terra e colpisce direttamente lo sviluppo dell’agricoltura, dell’economia nazionale e degli investimenti. Partendo da ciò ha incaricato l’Istituto del patrimonio (Ip) e l’Ina di svolgere un’indagine approfondita sui beni legali che sono stati trattati o acquisiti in modo irregolare; questa nuova struttura ha ora la responsabilità di redigere un disegno di legge che dia una soluzione alla complessa situazione della campagna honduregna, dove 25.415 ettari sono stati occupati da gruppi di persone.

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Truppe Usa in Perù per garantire la sicurezza del governo Boluarte

Arriveranno in Perù nei prossimi giorni alcuni marines statunitensi per la sicurezza del governo locale di Dina Boluarte, accusata dalle opposizioni di aver organizzato un golpe.

A stabilirlo il Comando meridionale degli Stati Uniti (Southcom) che ha precisato che i soldati avranno il compito di addestrare le unità delle forze speciali militari e della polizia nazionale peruviana.

Il Congresso del Perù, dominato dal partito ultraliberista e filoatlantico Fuerza Popular e dai suoi alleati, ha approvato il dispiegamento degli Stati Uniti; secondo l’opposizione progressista la decisione serve a consolidare lo stato autoritario instaurato nel paese e sopprimere il dissenso e le manifestazioni che da dicembre si susseguono nel paese andino.

I cortei sono iniziati in risposta alla cacciata e all’arresto del presidente Pedro Castillo ha portato a un bilancio ufficiale di quasi 70 vittime, molte delle quali uccise dal fuoco della polizia e dei militari. Molte altre centinaia sono state gravemente ferite.

La decisione del Pentagono di inviare truppe nel paese appare un evidente segno della volontà di Washington di tornare a controllare quello che un tempo era il giardino di casa e che negli ultimi 20 anni ha invece guadagnato un proprio spazio ed una propria autonomia sullo scacchiere geopolitico mondiale.

Lo scorso 23 maggio il Southcom ha annunciato la nomina di un generale peruviano, Marco Marín, in qualità di vice comandante generale dell’interoperabilità per l’esercito americano del sud, assicurando la più stretta collaborazione tra il Pentagono e le forze di sicurezza del Perù.

Il “golpe bianco” che ha portato alla caduta di Castillo ed alla presa del potere da parte di Boluarte ricorda quelli organizzati negli anni passati da Washington nel continente indiolatino e non solo.  

L’ambasciatrice statunitense in Perù, Lisa Kenna, veterana della CIA ed ex massima collaboratrice del segretario di Stato di Trump, Mike Pompeo, proprio alla vigilia del golpe parlamentare che ha fatto cadere Castillo, ha organizzato un incontro con il ministro della Difesa peruviano Gustavo Bobbias per assicurarsi che i militari esprimerebbero il loro voto decisivo a favore del rovesciamento del presidente peruviano.

Negli ultimi cinque anni nel paese andino sono stati destituiti sei diversi presidenti e praticamente tutte le principali figure politiche sono implicate in scandali di corruzione.

Iniziata visita di Maduro in Arabia Saudita

Si è aperta oggi, lunedì 5 giugno, la visita ufficiale del presidente venezuelano Nicolás Maduro in Arabia saudita; il primo mandatario chavista è giunto in mattinata nella città di Jedd, la seconda più importante del paese per una serie di incontri che puntano a rafforzare le alleanze politiche, diplomatiche ed energetiche tra i due Stati.

Della delegazione bolivariana fanno parte anche i ministri degli Affari Esteri, Yván Gil, e delle Comunicazioni, Freddy Ñáñez.

Si tratta della terza visita ufficiale di Maduro nel paese mediorientale dove è già stato nel 2015 e l’anno successivo; nel corso di questa dovrebbe incontrare il re Salman bin Abdulaziz e il principe ereditario, Mohamed bin Salman.

Maduro è arrivato a Jedda dalla capitale della Turchia, Ankara, dove ha partecipato all’insediamento del presidente Recep Tayip Erdogan per un nuovo mandato quinquennale alla guida dell’Esecutivo.

Venezuela e Arabia Saudita intrattengono relazioni bilaterali dal 1952 e hanno firmato numerosi programmi di cooperazione.

Maduro, bene vertice brasiliano per integrazione regionale

Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha sottolineato l’importanza dell’incontro dei leader sudamericani, che si è tenuto in Brasile per l’integrazione regionale convocato da Luiz Inácio Lula da Silva, spiegando che questo è “un passo che va nella giusta direzione per riunire e riscoprire il Sud America”.

Secondo il primo mandatario di Caracas eventi come questo contribuiscono a “costruire un percorso di innovazione politica e capacità diplomatica, dove rimettiamo al centro dell’agenda comune le questioni centrali del Sudamerica, delle politiche pubbliche dei 12 Paesi dell’area”.

Secondo l’esponente chavista il continente indiolatino deve rimettersi al passo con i grando cambiamenti epocali che stanno interessando il mondo.

“Non possiamo restare indietro, vedendo come il mondo si muove, avanza e si sviluppa; vedendo come emerge un mondo multipolare, nuovi poli di sviluppo, di potere nel mondo” ha aggiunto. Il capo di stato venezuelano ha poi analizzato i rapporti con Lula ed il Brasile, che sta cercando di assumere la leadership regionale spiegando: “Abbiamo gettato le basi di una nuova mappa della cooperazione tra Brasile e Venezuela per far progredire l’integrazione dei nostri paesi. Ritorna la cooperazione di frontiera in modo che il confine Brasile-Venezuela sia un confine di pace, prosperità, tranquillità, convivenza”.

Lula vuole riportare il Brasile al centro dell’America indiolatina

Tornato in carica come presidente, dopo aver passata anche 18 mesi in prigione per un presunto caso di corruzione da cui è stato prosciolto nel novembre del 2021, Luiz Inacio Lula da Silva ha ripreso la sua politica atta a fare del Brasile una potenza guida per il continente indiolatino ma non solo.

Ultimo gesto in tal senso la presentazione di una road-map per l’integrazione politica, commerciale e monetaria sudamericana fatta ai leader degli undici Paesi della regione che hanno accolto il suo invito a partecipare a un vertice a porte chiuse nel palazzo di governo di Planalto.

Presentando la sua proposta ha spiegato: “Ritengo essenziale la creazione di un Gruppo di alto livello che, sulla base di quanto discusso avrà 120 giorni per presentare una road map per l’integrazione del Sud America”.

Contando sull’appoggio, tra gli altri, del presidente argentino Alberto Fernandez, il cileno Gabriel Boric, il colombiano Gustavo Petro,e il venezuelano Nicolas Maduro il primo mandatario carioca ha spiegato il centro del progetto di integrazione deve essere l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), organismo nato quando il Sud America è tornato a rinascere ed ha acquisito una certa autonomia rispetto alle politiche atlantiche ai tempi del suo secondo mandato anche grazie a Chavez in Venezuela, Kirchner in Argentina, Morales in Bolivia e Correa in Ecuador.

“Quando venne istituita esattamente 15 anni fa in questo stesso Palazzo Itamaraty, l’Unasur venne dotata di istanze come il Summit dei Presidenti, il Consiglio dei Ministri degli Esteri, il Parlamento sudamericano”, ha affermato.

“La nostra regione ha solide risorse per affrontare questo mondo in transizione: il pil combinato dei nostri Paesi rappresenta la quinta economia mondiale e, con una popolazione di quasi 450 milioni di abitanti, siamo un importante mercato di consumo”, ha concluso Lula che punta a guida questo processo di emancipazione all’interno di un mondo sempre più multipolare.

Crisi diplomatica tra Messico e Perù

Il presidente del Messico, Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), ha annunciato il congelamento delle relazioni commerciali con il Perù. La decisione arriva dopo le polemiche degli ultimi mesi sorte tra i due paesi in seguito all’avvento nel paese andino del governo di Dina Boluarte al posto di Pedro Castillo.

“Fino a che non sarà ristabilita una normalità democratica non vogliamo avere relazioni economiche né commerciali con il Perù”, ha spiegato il primo mandatario di Città del Messico rispondendo a una domanda riguardante il passaggio di consegne alla guida dell’Alleanza del Pacifico che dovrebbe avvenire proprio tra Messico e Perù.

Sempre Lopez Obrador ha comunque precisato che “si tratta di una semplice pausa e non di una rottura” aggiungendo di voler passare la presidenza dell’Alleanza al Cile, che integra il blocco insieme anche alla Colombia.   

La decisione del presidente messicano si inserisce nel contesto di un inasprimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi che nei giorni precedenti aveva visto il plenum del Parlamento peruviano approvare una mozione, con 65 voti a favore e 40 contrari, attraverso cui si dichiarava Lopez Obrador “persona non grata” nel Paese. Nelle motivazioni della mozione si ricordano le ripetute ingerenze negli affari interni peruviani del presidente messicano con ‘dichiarazioni sulla situazione politica in Perù.

A complicare i rapporti tra i due paesi una dichiarazione del capo di Stato messicano in cui definiva “usurpatrice” l’omologa peruviana che avrebbe compiuto un colpo di Stato assumendo illegittimamente la successione di Castillo, consigliandole di restituire l’incarico all’ex presidente attualmente in carcere.  

Brasile: condannato ex presidente Collor de Mello

La Corte Suprema Federale (Stf) del Brasile ha condannato l’ex presidente del paese, Fernando Collor de Mello, ritenuto colpevole dei reati di corruzione passiva e riciclaggio di denaro relativi alla compagnia petrolifera semi-statale Petrobras, nell’ambito dell’operazione Lava Jato (auto lavaggio) una sorta di “mani pulite” in salsa carioca.

La presidente dell’Stf, Rosa Weber, ha votato in favore della sentenza, unendosi ai sette ministri che la scorsa settimana hanno approvato il provvedimento contro l’ex senatore. Ancora da stabilire le sanzioni. Il giudice, Edson Fachin, ha chiesto 33 anni di carcere e l’impossibilità di ricoprire cariche pubbliche.

Nel 2015 il Pubblico ministero federale ha denunciato Collor de Mello per aver intascato tangenti per circa 30 milioni di reais, circa 6 milioni di euro, tra il 2010 e il 2014.

Collor de Mello, che sostiene la sua innocenza, in qualità di senatore avrebbe facilitato contratti proficui tra la società Dvbr e Br Distribuidora, una controllata di Petrobras. Ci sono “prove sufficienti e provenienti da diverse fonti, che trascendono le collaborazioni dei denuncianti”, ha detto ai media locali il ministro Luis Roberto Barroso. Collor de Mello è stato il primo presidente eletto a suffragio universale dopo il regime militare. Si è dimesso dalla presidenza nel 1992 tra accuse di cattiva condotta e corruzione e un processo di impeachment aperto al Congresso.

Ecuador: trovati i fondi per le elezioni anticipate

La seduta plenaria del Consiglio elettorale nazionale (Cne) dell’Ecuador ha approvato martedì sera il bilancio per le elezioni presidenziali e legislative previste per il 20 agosto. Trovata quindi la copertura economica per poter permettere lo svolgimento delle stesse.

In totale sono stati approvati fondi per poco meni di 80 milioni di dollari, 48,3 dei quali destinati a permettere lo svolgimento del primo turno ed i restanti 36,1 il secondo.

Il capo del Cne, Diana Atamaint, ha spiegato che si tratta di un budget austero, che potrebbe essere ridotto se non ci fosse una seconda tornata elettorale, aggiungendo: “Ogni centesimo che si investe sarà nella democrazia, per avere conti chiari e trasparenti alle elezioni”.

Definito il calendario da seguire per le previste elezioni presidenziali e legislative: il primo turno si svolgerà il 20 agosto e il probabile ballottaggio sarebbe il 15 ottobre. La registrazione dei candidati si svolgerà dal 28 maggio al 10 giugno, mentre la campagna elettorale durerà solo 10 giorni, dall’8 al 17 agosto.

India e Brasile rafforzano relazioni bilaterali

Il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva hanno concordato di rafforzare le loro relazioni bilaterali. La decisione è giunta nel primo incontro tra i due avvenuto a margine del G7 che si è svolto nella città giapponese di Hiroshima.

I due che hanno presenziato in qualità di ospiti al vertice nipponico hanno analizzato i rapporti in corso tra i due paesi e deciso di puntellare e rafforzare la collaborazione bilaterale, studiando i modi per farlo principalmente nei settori della produzione della difesa, del commercio, dei prodotti farmaceutici, dell’agricoltura, dei prodotti lattiero-caseari e dell’allevamento, nonché dei biocarburanti e dell’energia pulita.

Modi ha ricordato come Brasilia e Nuova Delhi pur essendo due paesi neutrali in merito al conflitto russo-ucraino siano interessati a mantenere la pace nel mondo, sottolineando la volontà del suo paese a lavorare con il Brasile nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto. Posizione confermata dal primo mandatario carioca che dopo l’incontro ha twittato “siamo dalla parte della pace”. A differenza dei paesi membri del G7, India e Brasile sono infatti rimasti neutrali, senza avallare sanzioni contro la Russia.

Tra gli argomenti discussi anche il commercio bilaterale tra quello che, come asserito da Lula, sono “paesi di massima importanza per il disegno di una nuova geopolitica globale”. L’India è il quinto partner commerciale del Brasile. Nel 2021 il commercio tra i due Paesi ha raggiunto il risultato più alto della storia: 15,1 miliardi di dollari. Nello stesso anno, il Brasile ha esportato più di 6 miliardi di dollari in India e ha importato prodotti indiani per un valore di 8,8 miliardi di dollari.

Argentina, Cristina Fernández non si ricandiderà alla presidenza

Cristina Fernández de Kirchner, già presidente dell’Argentina, ed attuale vicepresidente, ha ufficialmente annunciato che non si candiderà alle presidenziali previste il prossimo 22 ottobre.

La notizia, che da tempo circolava sui media, è stata confermata nel corso di un’intervista rilasciata al canale televisivo C5N, ribadendo così la volontà giù espressa lo scorso 6 dicembre e sottolineando “quando parlo so che la parola di una persona che è stata due volte presidente e guida una forza politica va esercitata con responsabilità”.

Durante l’intervista esclusiva, l’esponente peronista ha messo in guardia sui legami tra i monopoli dei media, i partiti di opposizione di destra e la magistratura che perseguita i leader politici e sindacali asserendo che “attualmente la politica in Argentina si fa nei gruppi mediatici e nei tribunali”. Allo stesso modo, ha avvertito di un alto livello di impunità, sostenuto dalla stampa egemonica, e del coinvolgimento di magistrati di alto rango in azioni di arricchimento illecito e altre irregolarità; l’ex primo mandatario ha affermato che: “Nel Paese esiste una Corte Suprema che è diventata una cricca di tre persone, due delle quali sono state nominate con decreto dall’ex presidente Mauricio Macri”.