Fabrizio Di Ernesto

Peruviani sempre più poveri

I peruviani sono sempre più poveri. Ad oggi, infatti, il 29% della popolazione ha raggiunto la condizione di povertà monetaria nel 2023, mentre circa 9,7 milioni non hanno il reddito necessario per coprire il paniere familiare di base o i servizi essenziali. Lo riferisce uno studio condotto dall’Istituto nazionale di statistica e informatica (Inei) del paese indiolatino che riferisce anche che le regioni più povere sono Cajamarca, Loreto, Pasco e Puno.

“Nel 2023, la povertà monetaria ha colpito il 29% della popolazione del paese, che equivale a 9.780.000 persone (la povertà estrema è del 5,7% mentre quella relativa al 23,3%)”, riferisce lo studio che mostra anche come rispetto al 2022 il livello di povertà è aumentato di 1,5 punti percentuali.

“Rispetto all’anno precedente la popolazione povera è aumentata di 596.000 persone”, mentre rispetto al livello ottenuto nel 2019 (pre-pandemia), si osserva che i livelli di povertà sono aumentati di 8,8 punti percentuali, ovvero circa 3,3 milioni di poveri in più.

Per quanto riguarda gli effetti nelle aree rurali e urbane, l’Inei ha evidenziato che la povertà colpisce il 39,8% della popolazione residente nelle aree rurali e il 26,4% in quelle urbane. “Rispetto all’anno 2022, la povertà è aumentata nell’area urbana di 2,3 punti percentuali, con differenze molto significative, e nell’area rurale si è ridotta di 1,3 punti percentuali, senza presentare differenze significative. Rispetto al 2019, la povertà nelle aree urbane è aumentata di 11,8 punti percentuali; mentre nella zona rurale si è ridotta dell’1%”.

Venezuela, in vista delle presidenziali Gonzalez chiama a raccolta le opposizioni

Edmundo Gonzalez Urrutia, candidato alle presidenziali della Piattaforma unitaria democratica (Pud) che rappresenta le opposizioni al candidato chavista, il presidente uscente Nicolas Maduro, ha invitato tutti i venezuelani a organizzarsi e prepararsi per sapere come esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni del 28 luglio.

Attraverso un post sul popolare social network “X” ha scritto “Amici, la sfida storica del 28 luglio richiederà l’impegno di tutti”, invitando quanti si riconoscono nella sua candidatura ad “unirsi ai comanditos con Venezuela” offrendosi volontario per proteggere il voto affermando spavaldo “ce la faremo”.

Il diplomatico 74enne è diventato il principale rivale di Maduro dopo che Corina Yoris, prima scelta della leader dell’opposizione Maria Corina Machado, non ha potuto formalizzare la sua candidatura sul sito del Consiglio elettorale nazionale (Cne) a causa di problemi tecnici.

Maduro è al potere dal 2013 ed è stato rieletto nel 2018 in elezioni bollate come “non libere” dall’opposizione, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti; nelle prossime elezioni presidenziali del ci saranno altri otto candidati della cosiddetta “opposizione dissidente”, tra cui un ex rettore del Consiglio elettorale nazionale (Cne), un comico uomo d’affari e un pastore cristiano. La campagna elettorale inizierà ufficialmente il 4 luglio e si concluderà il 25 luglio. L’installazione dei seggi elettorali è prevista per il 26 luglio, in modo che le elezioni possano svolgersi domenica 28 luglio.

Argentina, nuovo sciopero generale contro il presidente Milei

Lo sciopero generale di 24 ore indetto in Argentina indetto contro il governo dal principale sindacato del paese, la Confederazione Generale del Lavoro (CGT), ieri ha paralizzato il paese indiolatino. In strada c’erano solo i manifestanti, mentre le imprese e gli uffici sono rimasti chiusi con i trasporti completamente bloccati. L’adesione all’astensione dal lavoro è stata molto alta soprattutto in scuole, ospedali, banche e imprese.

Lo sciopero, sostenuto anche dalla Centrale dei lavoratori dell’Argentina era diretto contro le riforme liberiste portate avanti dal Governo di Javier Milei ed alla cosiddetta “legge omnibus” presentata dall’esecutivo al parlamento.

La “legge omnibus” o Legge delle Basi e Punti di Partenza per la Libertà degli Argentini, in corso di correzione al Senato, consente la privatizzazione delle aziende pubbliche, conferisce poteri legislativi al presidente e introduce numerose riforme di vasta portata, come la riforma del lavoro, nuove tasse e una serie di misure per incoraggiare i grandi investimenti.

Quello di ieri è stato il secondo sciopero generale contro il capo dello Stato ed a differenza del primo ha coinvolto anche il trasporto pubblico.

Il portavoce presidenziale, Manuel Adorni, ha attaccato la Cgt per lo sciopero generale e ha bollato la confederazione dei lavoratori come “i fondamentalisti dell’arretratezza”. Il precedente sciopero generale contro Milei era avvenuto il 24 gennaio, appena 44 giorni dopo il suo arrivo alla Casa Rosada, quando migliaia di persone erano scese nelle strade di Buenos Aires e di altre parti dell’Argentina per dire “no” allo smantellamento dello Stato promosso dal presidente.

Colombia, presidente Pedro rivendica risultati contro la corruzione

Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha voluto ricordare la lotta del suo governo contro la corruzione e l’impunità riscontrate dalla sua amministrazione nel paese.

Rivolgendosi ai suoi connazionali Petro ha dichiarato che fin dall’inizio della sua presidenza si è scontrato con la corruzione strutturale e professionale che ha preso il controllo di diverse istituzioni dello Stato colombiano; il primo mandatario ha quindi denunciato l’esistenza di una rete di corruzione creata da tre decenni tra leader politici, forze pubbliche e funzionari della direzione nazionale delle imposte e delle dogane (Dian). In particolare Petro ha fatto riferimento al caso dell’Unità nazionale per la gestione del rischio di catastrofi (Ungrd), assicurando che si tratta di un caso di corruzione strutturale e professionale.

Il Capo dello Stato ha quindi spiegato che la corruzione nell’Ungrd fa evaporare da anni i fondi destinati alla cura delle vittime delle tragedie naturali e climatiche per l’arricchimento personale di diversi funzionari, chiedendo alla Procura di indagare sui contratti degli ultimi otto anni all’Ungrd. Tra i contratti esaminati dall’ente di emergenza colombiano figurano i due mandati di Juan Manuel Santos (2010-2018), il governo di Ivan Duque (2018-2022) e quelli dell’attuale presidente; Petro ha riconosciuto le irregolarità dell’Ungrd durante il suo governo e ha aggiunto che “essere di sinistra non è un vaccino contro la corruzione poiché questo crimine è presente in tutti i partiti e in tutti gli angoli”.

In Cile, gradimento di Boric ai minimi

Si fa sempre più complicata la situazione in Cile dove a preoccupare i cittadini è soprattutto la situazione relativa alla sicurezza a causa di un forte incremento degli omicidi; un aspetto che ovviamente si ripercuote sulla figura del presidente Gabriel Boric ritenuto responsabile del deterioramento delle condizioni del paese.

Un sondaggio condotto nella nazione andina rivela che il livello di approvazione nei confronti del leader progressista è sceso al 24%, punto minimo registrato dall’inizio del suo mandato iniziato nel marzo del 2022. L’indagine, eseguita dall’istituto Cadem, riferisce che si tratta di un livello inferiore a quello registrato dai due predecessori di Boric (Sebastian Piñera e Michelle Bachelet) dopo gli stessi mesi passati al governo.

Boric è stato eletto tre anni fa con il 55,6% ottenendo oltre 4,6 milioni di voti, una quota mai raggiunta in precedenza, ma ora il suo calo nei consensi coincide con il riacutizzarsi della crisi di sicurezza nella cosiddetta macrozona sud, epicentro delle rivendicazioni territoriali della comunità mapuche.    La settimana scorsa tre agenti di polizia (carabineros) sono stati uccisi e poi calcinati in un agguato di stampo terroristico nella regione del Biobio considerato inedito per ferocia e crudeltà.

L’aumento della violenza riguarda comunque tutto il paese poiché in soli tre anni il tasso di omicidi ogni 100 mila abitanti è passato dal 4,5 al 6,3% anche se l’opinione pubblica mette direttamente in relazione questo dato con la crescente presenza di migranti nel Paese provenienti in particolare dal Venezuela.

Argentina, Milei in crisi attacca il suo predecessore Fernandez e la Spagna

Dopo le polemiche dei giorni scorsi tra il presidente Argentino, Javier Milei, e la Spagna, ora il primo mandatario del paese indiolatino attacca il suo predecessore Alberto Fernandez che sosterrebbe Madrid nelle polemiche.

Nei giorni scorsi, infatti il ministro dei Trasporti spagnolo Óscar Puente aveva dichiarato: “Ho visto Milei in tv e, mentre lo ascoltavo, pensavo…Non so in che stato fosse, se prima o dopo aver ingerito non so quali sostanze”. Parole che hanno acceso feroci polemiche con Milei che ora accusa Fernández di aver esacerbato la crisi con la Spagna.

“Mi rammarico profondamente della reazione del governo argentino al commento di un ministro del governo spagnolo”, ha scritto sul suo profilo social il politico peronista aggiungendo “Milei potrebbe essere rimasto sconvolto ma non ha motivo di essere così offeso”.

Dopo le dichiarazioni di Puente l’Ufficio del presidente Milei aveva diffuso in comunicato nel quale ripudia le dichiarazioni del ministro iberico sottolineando: “Ha problemi più importanti da affrontare, come le accuse di corruzione che cadono contro sua moglie (Begoña Gómez), questione che lo ha portato addirittura a valutare le sue dimissioni”.

Presidente messicano Amlo “invertire rotta antioperaia dei governi liberisti”

Il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador (Amlo), in vista della scadenza del suo mandato presidenziale ha ricordato che in questi anni la tendenza antioperaia che ha caratterizzato il funzionamento dei governi neoliberisti è stata invertita e le aberrazioni commesse contro i lavoratori sono state corrette.

Parlando con i dirigenti dei principali sindacati nazionali il presidente uscente ha ricordato che per anni i lavoratori messicani hanno sofferto salari da fame e perdite di potere d’acquisto circa il 70% spiegando che i lavoratori “hanno nutrito il partito Morena con la loro esperienza politica e hanno contribuito all’avvento al potere di un Governo che ha posto al centro del suo lavoro l’attenzione ai bisogni delle persone e dei più umili”.

Il capo dello Stato ha ringraziato, tra le altre cose, anche i sindacati dei lavoratori petroliferi e degli elettricisti per il loro contributo al rilancio dell’azienda statale Pemex (Petróleos Mexicanos) e della Commissione Federale per l’Elettricità.

Facendo un bilancio della presidenza di Amlo e del suo operato in favore dei lavoratori da ricordare la creazione del Fondo Pensione di Benessere, che dal prossimo I luglio permetterà, tra gli altri benefici, a chi va in pensione di ricevere pensioni pari al 100% dell’ultimo stipendio guadagnato.

Da parte sua il ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Marath Bolaños, ha ricordato che il salario minimo è aumentato del 116%, dopo essere passato da 88 pesos al giorno nel 2018 (circa 5 dollari) a 249 pesos al giorno nel 2024 (14,5 dollari), aggiungendo che il numero degli occupati è aumentato del 12%.

Venezuela: in vista delle presidenziali arrivano i sondaggi

A meno di tre mesi dalle presidenziali del prossimo 28 luglio in Venezuela è iniziata la guerra dei sondaggi, che ovviamente offrono visioni diverse a seconda dell’elettorato cui si rivolgono.

Se tutti sono concordi nel ritenere lo scontro una sfida a due tra il presidente uscente Nicolas Maduro ed il leader unitario delle opposizioni Edmundo Gonzalez i risultati diffusi sono invece molto difformi tra loro.

L’istituto indipendente Meganalisis, ad esempio, ha pubblicato uno studio in cui ipotizza un’ampia vittoria di Gonzalez, subentrato alla vincitrice delle primarie Maria Corina Machado, che prenderebbe il 32,4% dei voti, circa il triplo dell’11,2 di cui è accreditato il primo mandatario, anche se un terzo degli intervistati si è detto ancora indeciso, mentre uno su cinque probabilmente diserterà le urne.

L’istituto venezuelano Insight prospetta invece uno scenario sostanzialmente agli antipodi. In base a cui Maduro, escludendo incerti e non votanti, ottiene il 52,24% delle intenzioni di voto, mentre al candidato della Piattaforma unitaria democratica (Pud) va il 15,93% dei consensi. Molto più scattacati tutti gli altri concorrenti. Dal 1998, e il conseguente arrivo del chavismo, Chavez ed i suoi alleati hanno quasi sempre vinto le elezioni anche se, a detta delle opposizioni grazie ad una crescente pressione autoritaria e ad una sistematica violazione dei diritti umani, tesi da sempre sostenuta dagli Usa che da anni provano a restaurare un governo filo atlantico.

Il Giappone cede radar di sorveglianza alla Filippine

Le Filippine hanno ricevuto un radar mobile di sorveglianza aerea di fabbricazione giapponese, il gesto va inserito nel contesto delle crescenti tensioni con la Cina nel Mar Cinese meridionale. Per la cronaca si tratta di un Tps-P14me in grado di accrescere le capacità di “consapevolezza del dominio” delle Filippine, come riferito dal segretario del Dipartimento della Difesa nazionale Gilberto Teodoro.

Parlando con la stampa Teodoro ha aggiunto: “Avremo più occhi e capacità di sorveglianza”. La consegna del radar è avvenuta durante l’annuale Balikatan, o esercitazione “spalla a spalla”, che quest’anno coinvolge 16mila soldati, per lo più americani e filippini iniziata lo scorso 22 aprile e che terminerà il prossimo 10 maggio.

L’esercitazione ha subito una piccola interruzione nei giorni scorsi quando la nave cinese Tianwangxing è transitata nell’area di addestramento, costringendo la nave da sbarco USS Harpers Ferry a fermare le operazioni. Il giorno successivo, una nave della guardia costiera cinese dotata di cannoni ad acqua ha danneggiato una delle due navi della guardia costiera filippina a Scarborough Shoal, all’interno della zona economica esclusiva delle Filippine ma controllata dalla Cina, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Reuters.

Il nuovo radar delle Filippine fa parte di un accordo da oltre 95 milioni di dollari con la giapponese Mitsubishi che comprende tre sistemi radar fissi di sorveglianza aerea, siglato nel 2020; il primo radar è stato installato nel dicembre dello scorso anno, l’ultimo dovrebbe arrivare alla difesa di Manila entro due anni.

Il radar Tps-P14me è in grado di sorvegliare ad alta risoluzione bersagli aerei e di superficie, inclusi aerei, droni e navi marittime, consentendoci di tracciare e identificare potenziali minacce con precisione e accuratezza; ha una copertura di 250 miglia nautiche.

All’Onu, Cuba condanna impunità israeliana

Nel corso del dibattito al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla situazione in Medio Oriente, il viceministro degli Esteri di Cuba Anayansi Rodríguez Camejo, ha apertamente criticato l’impunità di cui gode Israele e i doppi standard utilizzati dal governo degli Stati Uniti nel giudicare l’aggressione portata da Tel Aviv contro il popolo palestinese.

“I doppi standard e la selettività del governo degli Stati Uniti nel garantire l’impunità di Israele ed esonerarlo dalla sua responsabilità per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi contro il popolo palestinese, riducono sempre più la credibilità del Consiglio di Sicurezza”, ha tuonato la Rodríguez Camejo esprimendo anche il disaccordo con il recente veto statunitense che ha impedito allo Stato di Palestina, che ha lo status di osservatore, di diventare membro a pieno titolo  membro delle Nazioni Unite, cosa che considera “ingiustificabile”.

La rappresentante de l’Havana ha poi affermato “è una vergogna per la comunità internazionale che lo Stato di Palestina, riconosciuto da 140 paesi, rimanga un osservatore, mentre la potenza occupante sia membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. Formalizzare l’ingresso della Palestina è uno dei primi passi che possiamo e dobbiamo compiere per raggiungere l’auspicata soluzione ampia, giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese”.

L’esponente cubano ha anche insistito sulla necessità di una tregua immediata e duratura nei territori palestinesi illegalmente occupati e ha sostenuto l’idea di istituire una Conferenza di pace nel quadro dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per garantire i diritti inalienabili dei palestinesi, inoltre  ha chiesto che Israele si ritiri completamente e incondizionatamente dal Golan siriano e da tutti i territori arabi occupati, invocando la fine delle aggressioni contro la Siria, che violano la sua sovranità e integrità territoriale.