Fabrizio Di Ernesto

Brasile, sequestrati a Bolsonaro gioielli per milioni di euro

Nuovi guai giudiziari in vista per l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro. L’accusa infatti è quella di aver tentato di far entrare nel paese indiolatino in modo illegale gioielli per un valore di 3,2 milioni di euro. Questi sarebbero un regalo del governo saudita alla moglie Michelle. Lo riferisce il quotidiano locale “O Estado de Sao Paulo”.

Secondo quanto si apprende l’episodio risalirebbe all’ottobre 2021 e che il sequestro sarebbe avvenuto all’aeroporto internazionale di Guarulhos, a San Paolo. Tra i beni figurerebbero anche “una collana, un anello, un orologio e un paio di orecchini di diamanti”. Una prima conferma del sequestro è stata data dal ministro delle Comunicazioni Sociali, Paulo Pimenta, che ha pubblicato sul suo profilo twitter le foto dei gioelli.

“Bolsonaro ha cercato di portare illegalmente una collana di diamanti e orecchini del valore di 16,5 milioni di reais. I regali sono stati consegnati in Arabia Saudita alla fine del 2021. Petrobras aveva appena venduto una raffineria per 1,8 miliardi di dollari a un gruppo saudita”, ha scritto il ministro.

Il sequestro sarebbe avvenuto dopo una perquisizione negli zaini di alcuni militari che stavano rientrando in Brasile con gli agenti della dogana che avrebbero verificato che nessuno dei gioielli era stato preventivamente dichiarato.

L’ex ministro delle Miniere e dell’Energia Bento Albuquerque avrebbe tentato più volte di recuperare i gioielli senza successo. Il quotidiano brasiliano afferma che negli ultimi due mesi del mandato di Bolsonaro sono stati fatti quattro tentativi, attraverso anche i ministeri degli Esteri e dell’Economia, per recuperare i doni.

Al momento l’unico modo possibile, e legale, per recuperare i gioielli per Bolsonaro sarebbe quello di pagare la tassa di importazione obbligatoria, il 50 per cento del valore dell’oggetto in questione, e una multa del 25 per cento del valore per non averlo dichiarato fin dall’inizio. La legge prevede anche un’alternativa ma ancora più sconveniente per l’ex presidente dichiararli “dono ufficiale al presidente della Repubblica” ma in questo modo andrebbero ad arricchire le casse dello Stato e non sarebbero più nella disponibilità personale di Bolsonaro. L’ex Capo di Stato, che attualmente si trova in Florida, è già a rischio arresto in quanto oggetto di un’inchiesta legata all’assalto alle sedi del governo l’8 gennaio a Brasilia; l’accusa è quella di  istigazione al tentativo di colpo di stato.

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Brasile, Lula lancia programma contro povertà estrema

Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha firmato il provvedimento che istituisce e lancia il nuovo programma Bolsa Família, volto a combattere la fame e l’estrema povertà nel paese indiolatino.

“Oggi, nella sala principale del Planalto (a Brasilia), ho firmato il ritorno di Bolsa Família”, ha annunciato il presidente brasiliano sul suo account Twitter ufficiale, aggiungendo “questo non è il programma di un governo o di un presidente, è una politica pubblica della società brasiliana per combattere la fame e la povertà estrema”.

In un altro tweet, Lula ha spiegato che Bolsa Familia “è il programma più serio e completo per combattere la fame e l’estrema povertà nel Paese. Questo prevede 600 reais (circa 120 euro) per famiglia (ogni mese) e altri 150 reais (circa 30 euro) per ogni bambino fino a sei anni. È il ritorno di una politica pubblica per lo sviluppo del paese”.

Il programma sociale, che Lula aveva già attuato durante la sua precedente amministrazione (2003-2011), sarà fruibile anche per bambini sopra i sette anni e i giovani sotto i 18 anni con 50 reais (circa 10 euro) al mese e altrettanti per le donne incinte.

Lula, che lo scorso anno ha vinto le presidenziali contro il capo di Stato uscente Jair Bolsonaro, ha ereditato un paese con 33 milioni di persone che soffrono la fame, auspicando che quando scadrà il suo mandato, il 31 ottobre 2026, “tutti i brasiliani possano avere un caffè, il pranzo e la cena. In questo modo avrò compiuto la mia missione”.

Il ministro dello sviluppo sociale, Wellington Días, da parte sua ha spiegato che il programma sociale cercherà di incoraggiare le famiglie a ottenere un lavoro formale e ad aumentare il proprio reddito.

Brasile, rilasciate 137 persone arrestate per tentato golpe

Segnali di distensione in Brasile dopo il tentato golpe dello scorso 8 gennaio che voleva impedire l’insediamento del nuovo presidente Lula per mantenere al potere l’ultra atlantico Jair Bolsonaro. Il giudice del Supremo tribunale di giustizia (Stj) brasiliano, Alexandre de Moraes, ha infatti deciso di concedere la libertà provvisoria a 137 persone, delle oltre 1400, imprigionate e denunciate nell’ambito delle indagini per un tentato colpo di stato a Brasilia.

Quel giorno i sostenitori del presidente uscente hanno assaltato e compiuto vandalismi negli edifici del Parlamento, della presidenza e della Corte suprema.  

A quasi due mesi di distanza il magistrato che gestisce il dossier della vicenda ha disposto prima il rilascio di 102 persone che erano in carcerazione preventiva, quindi, con un pronunciamento simile ha autorizzato l’uscita dal carcere di altri 35 imputati.    D

e Moraes ha permesso il rilascio con misure cautelari dei 137, convinto che non si tratti di finanziatori o protagonisti di primo piano delle azioni criminali.   

Dall’8 gennaio, 1.406 persone sono state arrestate. Di esse, 803 restano in carcere, mentre 603 sono state rimesse in libertà, ma dovranno comunque rispondere delle loro azioni nell’ambito di misure cautelari adottate nei loro confronti.

Messico, opposizione in piazza contro la riforma elettorale

Almeno 90mila persone sono scese in piazza ieri a Città del Messico per manifestare contro la riforma elettorale , denominata “Piano B”, approvata dal Parlamento su proposta del presidente Andrés Manuel López Obrador (Amlo).

Secondo gli organizzatori, davanti al Palazzo Nazionale (sede dell’Esecutivo) e alla Corte Suprema di Giustizia della Nazione (Scjn) i cittadini, vestiti di rosa e bianco, hanno gridato all’unisono “il mio voto non si tocca, la Corte ha una missione, rispettare la costituzione”.

Quella di ieri è stata la seconda manifestazione dallo scorso dicembre dopo che il Congresso ha già bocciato una prima versione della riforma elettorale con la quale era stata proposta la creazione dell’Istituto nazionale delle elezioni e delle consultazioni (Inec) per sostituire, tra l’altro, l’attuale Ine.

Beatriz Pagés, esponente di Va por México, movimento di opposizione ha spiegato che la manifestazione è per difendere l’attuale struttura dell’Ine ma che si sta anche creando un fronte per vincere le elezioni presidenziali del 2024 e ha chiesto agli esponenti della Scjn di “mandare in discarica” il cosiddetto “Piano B”.

Alla manifestazione hanno partecipato anche i leader delle forze di opposizione come Marko Cortés, presidente del partito conservatore di Azione Nazionale (Pan); Jesús Zambrano, del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd); Alejandro Moreno, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri), così come il presidente della Camera dei Deputati, Santiago Creel. Commentando la manifestazione Amlo ha spiegato che: “Questa è una questione politica se ne fregano della democrazia, vogliono che continui il predominio di un’oligarchia, cioè un governo dei ricchi, dei potenti. Se ne fregano del popolo”.

Perù, popolarità di Boluarte ai minimi

Sempre più scollamento in Perù tra il presidente Dina Boularte e la popolazione. Più di tre cileni su quattro infatti condannano l’atteggiamento del Capo di Stato, mentre nove su dieci disapprovano il comportamento del congresso. A riferirlo un sondaggio condotto dall’Istituto di studi peruviani (Iep).

La ricerca, svolta la scorsa settimana, rivela anche che l’insoddisfazione dei cittadini per l’operato della Boluarte è all’86% nelle regioni meridionali del paese, ovvero quelle dove si registrano i principali scontri tra cittadini e forze di polizia. A livello nazionale invece il 73% degli intervistati ritiene che debba dimettersi.

Il sondaggio evidenzia anche come il 69% ritenga opportuno indire nuove elezioni politiche entro l’anno, mentre un 19% aspetterebbe il prossimo.

Poco meno della metà degli intervistati, il 47%, si è detto favorevole ad apportare modifiche alla Costituzione, mentre più di uno su tre, il 36% la sostituirebbe completamente.

Solo nelle scorse settimane il Congresso ha respinto quattro mozioni che chiedevano di indire nuove elezioni, dando seguito ad una delle principali richieste della popolazione che sta protestando dallo scorso dicembre. In questi mesi la repressione della polizia ha provocato la morte di circa 70 manifestanti mentre il capo dello Stato rifiuta di lasciare l’incarico, affermando che le sue dimissioni “non sono in gioco”.

Ecuador, l’ex presidente Lenin Moreno sarà processato

L’ufficio del procuratore generale dello Stato ecuadoriano (Fge) ha annunciato che l’ex presidente, Lenín Moreno, così come i membri della sua famiglia e gli ex funzionari saranno processati per il presunto reato di corruzione nell’ambito della vicenda Ina papers.

Il procuratore generale dello Stato, Diana Salazar, ha chiesto alla Corte nazionale di giustizia (Cnj) di fissare la data dell’udienza per formulare le accuse contro Moreno; sua moglie, Rocío González; sua figlia Ina Moreno; nella vicenda sono coinvolti anche più di 30 funzionari pubblici e vari familiari dell’ex primo mandatario.

La Procura ha deciso di chiamare la vicenda Sinohydro, nome della presunta rete di corruzione interstatale e transnazionale attorno al progetto idroelettrico Coca Codo Sinclair, che avrebbe visto compiersi irregolarità tra il 2009 ed il 2018.

Secondo Salazar, l’importo della presunta corruzione sarebbe di circa 76 milioni di dollari, che corrisponderebbero a circa il 4% del valore contrattato per l’opera, che inizialmente era di poco meno di 2 milioni di dollari.

Il Pubblico ministero ha evidenziato che le tangenti sono state consegnate da Sinohydro e veicolate da terzi attraverso l’utilizzo di falsi di servizi di consulenza e rappresentanza, pagati attraverso doni, assegni e bonifici. Il caso, inizialmente noto come Ina Paper per i suoi legami con la società offshore Ina Investment Corporation, è stato aperto nel 2019 circa due anni dopo l’insediamento di Moreno.

Colombia, da presidente Pedro nuovo attacco a Eln

Sempre più in salita il dialogo di pace tra il governo colombiano e i guerriglieri dell’Ejercito de liberacion nacional (Eln).

Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, è infatti tornato ad attaccare il gruppo condannando il sequestro di un militare dell’esercito da parte della guerriglia Eln; il nuovo scambio di accuse arriva mentre sono in corso negoziati nel quadro del processo di “pace totale” avviato tra il governo e rappresentanti della fazione armata.     

“Condanno il sequestro del sergente dell’esercito nazionale. Sono azioni che sabotano qualsiasi possibilità di pace”, ha scritto Petro su Twitter, aggiungendo “questi atti di violenza contro la Forza pubblica e quello che soffrono giornalmente le comunità non possono essere ammessi nella nostra società”.

L’Eln, da parte sua, ha rivendicato il sequestro del sergente con un comunicato emesso a firma del “Fronte di guerra orientale” dove si garantisce che il militare “riceve un trattamento in accordo con i diritti umani e alla realtà della guerra che si vive nel dipartimento di Arauca”. Il rappresentante delle forze di sicurezza è stato sequestrato scorso 14 febbraio ad Arauquita,  nella regione di Arauca al confine con il Venezuela, una delle più colpite dalla guerra tra le fazioni irregolari che lottano per il controllo del territorio e del traffico di droga.

Solo 24 ore dopo aveva preso il via in Messico il secondo round di negoziati tra governo ed Eln nel quadro della proposta di un accordo sulla “pace totale” con tutti i gruppi armati del Paese avanzata dal presidente Petro fin dal suo insediamento ad agosto del 2022. In quell’occasione il capo negoziatore dell’Eln, Pablo Beltran, aveva auspicato “un efficace avanzamento e sostegno al processo di pace in Colombia”.   Messico, Venezuela, Cile, Norvegia e Brasile sono garanti del processo in corso, iniziativa accompagnata anche da Onu, Chiesa cattolica e dai governi di Svezia, Germania, Svizzera e Spagna.

Messico: presidente Lopez Obrador nazionalizza il litio

Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha firmato il decreto in cui dichiara che il litio è proprietà della nazione e il suo sfruttamento sarà di esclusiva competenza del governo di Città del Messico.

Il testo che stabilisce che una superficie di oltre 234mila ettari nello stato di Sonora, nel nord del Messico sarà considerati riserva di litio nazionale.

In base a ciò ora il ministero dell’Energia ha assunto l’incarico di svolgere lavori di follow-up per l’estrazione di questo minerale essenziale per lo sviluppo del mercato delle auto elettriche, poiché è alla base della produzione delle batterie utilizzate.

Amlo ha spiegato che: “

Il presidente messicano ha indicato che: “Quello che stiamo facendo ora, è nazionalizzare il litio in modo che non possa essere sfruttato da stranieri, né dalla Russia, né dalla Cina, né dagli Stati Uniti. Il petrolio e il litio appartengono alla nazione, appartengono al popolo del Messico, a te, a tutti coloro che vivono in questa regione di Sonora, a tutti i messicani”.

La scelta di procedere alla nazionalizzazione delle ricchezze del sottosuolo messicano nasce dalla consapevolezza del ruolo che il litio giocherà nel futuro prossimo all’interno del processo tecnologico mondiale.

Brasile, a maggio aumento del salario minimo

A maggio il salario minimo in Brasile aumenterà passando a1.302 reais, (circa 250 euro), a 1.320 (poco meno di 260 euro). Lo ha ribadito il neo presidente Luis Inácio Lula da Silva che, dopo aver rilanciato il piano abitativo, continua a portare avanti politiche sociali a vantaggio delle fasce più deboli della società.

Il primo mandatario carioca ha spiegato che è stato raggiunto un accordo con i movimenti sociali, con il ministero del Lavoro e con il ministro Fernando Haddad per la norma che entrerà in vigore il prossimo I maggio in occasione della festa dei lavoratori.

“A maggio riadatteremo il valore del salario minimo a 1.320 reais, e stabiliremo una nuova regola per il suo adeguamento tenendo conto, oltre che di contenere l’inflazione, della crescita del Pil, perché è il modo più equo per distribuire la crescita economica” ha detto Lula.

Il capo dello Stato ha anche aggiunto che la tabella dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpf) sarà riadattata e coloro che guadagnano fino a 2.640 reais (circa 500 dollari) saranno esentati dall’imposta, rivedendo quindi una norma che non viene più aggiornata dal 2015.
L’intenzione in questo caso è di arrivare ad estendere l’esenzione fino a 5mila reais, come annunciato nel corso della scorsa campagna elettorale.

Sempre per quanto attiene alle politiche sociali il governo ha anche stabilito un riadeguamento tra il 25% e il 200% delle borse di studio universitarie il cui valore è fermo dal 2013.

Venezuela: 22 ottobre primarie delle opposizioni

La Commissione nazionale delle primarie (Cnp) dell’opposizione in Venezuela ha annunciato che il prossimo 22 ottobre si svolgeranno le primarie in vista delle presidenziali del 2024 contro il presidente uscente Nicolas Maduro del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv).

Il numero uno della Cnp Josè  Maria Casal, ha detto che “ci deve essere unità politica e civica” invitando i rappresentanti delle opposizioni “a proseguire nella lotta per il cambiamento, utilizzando lo strumento delle elezioni interne dell’opposizione”.   

Casal ha poi ricordato che il Consiglio elettorale nazionale (Cne) ha accettato di formare una commissione tecnica mista per valutare la richiesta del Cnp di utilizzare il 22 ottobre i seggi elettorali e di organizzare “giornate speciali per aggiornare il registro elettorale”.

Alla riunione del Cnp hanno partecipato anche gli Ambasciatori e gli incaricati d’affari accreditati nel Paese di Giappone, Cile, Francia, Spagna, Svizzera, Ue, Germania, Portogallo, Perù, Paesi Bassi, Italia e Polonia.

Casal ha spiegato che il programma della manifestazione prevede dal 28 febbraio al 19 marzo il Giuramento delle Giunte Regionali, il 21 aprile l’invito degli osservatori, il 24 aprile la pubblicazione dei regolamenti e dal 24 maggio al 23 giugno la nomina dei candidati. Dal 22 agosto al 20 ottobre si svolgerà la campagna elettorale e il 22 ottobre sarà il giorno delle elezioni. “Il dado è tratto nel senso storico di questa frase, avanzeremo risolutamente verso l’obiettivo prefissato insieme a tutti i cittadini che vogliono il cambiamento politico, ai quali spetta d’ora in avanti guidarlo con il nostro processo di sostegno”.

Pur mancando ancora l’ufficialità le presidenziali dovrebbero tenersi il prossimo anno. Le precedenti si sono svolte nel 2018 ma a causa del boicottaggio delle forze di destra l’affluenza è stata inferiore al 50%, motivo per cui alcuni paesi, guidati dagli Usa, non hanno riconosciuto la rielezione di Maduro.

L’anno successivo ne è scaturito il golpe farsa organizzato da Juan Guidò e sostenuto dagli Usa che però è fallito a causa del mancato sostegno della popolazione.