Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: giugno 2019

Difesa, Usa punta ad ammodernare eserciti Europa centromeridionale

Torna a farsi sempre più reale la contrapposizione tra Washington e Mosca e il Pentagono mira apertamente ad ammodernare gli eserciti delle nazioni dell’Europa centromeridionali più vicine alle politiche atlantiche.

Nello specifico gli Stati Uniti sono pronti ad offrire un sostegno di 190,7 milioni di dollari a Slovacchia, Bosnia, Albania, Macedonia del Nord, Croazia e Grecia. La “donazione” maggiore sarà quella a beneficio di Bratislava che ne riceverà 50, mentre gli altri circa 30, ad eccezione di Atene e Zagabria che ne avranno “appena” 25 a testa.

Nella decisione del Dipartimento di stato Usa si legge che Washington intende “finanziare parzialmente l’acquisto di mezzi da combattimento per gli eserciti della Croazia e della Macedonia del Nord ed elicotteri multiuso per gli eserciti della Bosnia e dell’Albania”.

I paesi interessati da questa misura sono fondamentali per la strategia atlantica.

Croazia, Bosnia, Albania e Macedonia del Nord sono infatti fondamentali per accerchiare la Serbia, di fatto l’unico paese della ex Yugoslavia che è rimasta legata a Mosca ed inoltre l’unica in cui i mussulmani non sono la maggioranza della popolazione.

La Grecia invece potrebbe andare a sostituire la Turchia che si sta sempre più avvicinando politicamente e militarmente alla Russia.

Va detto che questa scelta potrebbe rivelarsi un boomerang sotto molti punti di vista considerando che la Bosnia viene da molti considerati la “porta d’ingresso” dell’islam in Europa.

Tra Venezuela e il presidente colombiano Duque è scontro diplomatico

È sempre più scontro diplomatico tra le autorità venezuelane e il presidente colombiano Ivan Duque, più volte accusato da Caracas di voler promuovere un colpo di Stato nel paese bolivariano.

L’ultima occasione di scontro è stata offerta da un’intervista rilasciata dal primo mandatario colombiano ad un giornale spagnolo in cui criticava l’amministrazione Maduro nonostante a Bogotà venga criticato per la sua politica in tema di diritti umani.

Tre in particolare le dichiarazioni di Duque che hanno infastidito Caracas.

“La Colombia ha mostrato al mondo, mentre molti fanno appello alla xenofobia, alla discriminazione o alla demonizzazione dei migranti, che è possibile avere una politica di migratoria fraterna e ordinata”, riferendosi ai tanti venezuelani che stanno fuggendo dal proprio paese rifugiandosi proprio in Colombia. A tal proposito le autorità venezuelane hanno ricordato che nella campagna elettorale del 2018 Duque aveva tra i suoi slogan “non voglio vivere come un venezuelano” e come subito dopo la sua vittoria si siano intensificati gli attacchi a Maduro, e le dichiarazioni a sostegno dell’interventismo statunitense.

Le autorità bolivariane hanno anche ricordato che in Colombia circa 700 leader della società civile sono stati uccisi da quando è stato firmato l’accordo di pace tra il governo e le FARC-EP estinte.

“Le forze militari del Venezuela sono totalmente frammentate perché un numero crescente vuole essere dalla parte giusta della storia, accanto al presidente Guaidó e all’Assemblea nazionale”, è la seconda dichiarazione che ha provocato la reazione dell’amministrazione bolivariana.

In Venezuela c’è stato un tentativo di colpo di stato lo scorso 30 aprile, neutralizzato dalle forze armate nazionali bolivariane (FANB). Il capo dell’Esercito, Vladimir Padrino López, ha respinto l’attacco ed espresso lealtà nei confronti del governo del presidente Nicolás Maduro e delle istituzioni del paese. Un vero e proprio flop dei golpisti, tanto che perfino gli Usa hanno dovuto riconoscere che il tentato golpe non ha avuto successo perché l’opposizione non ha alcun tipo di influenza sulle forze armate.

L’ultima frase di Duque che hanno scatenato polemiche è stata: “Più che una soluzione militare di carattere straniero, oggi è necessario rafforzare la frattura tra le forze militari in Venezuela”. Secondo le autorità venezuelane questa frase dimostra come il primo mandatario colombiano promuova un colpo di Stato militare interno in Venezuela, ma anche un intervento straniero, tanto che il governo di Caracas ha in più occasioni denunciato i tentativi dei paramilitari colombiani di entrare nel paese per promuovere la violenza dell’opposizione.

Trump rimanda di due settimane avvio espulsioni immigrati irregolari

Il presidente statunitense Donald Trump ha deciso di procrastinare di due settimane l’avvio dell’annunciato programma di massiccia espulsione degli immigrati irregolari presenti nel paese.

La decisione è stata presa nella speranza che Repubblicani e Democratici trovino nel frattempo un’intesa relativamente alla questione dell’asilo lungo il confine con il Messico.

Lo ha annunciato lo stesso primo mandatario spiegando di aver dato seguito ad un’apposita richiesta avanzata dai Democratici.

Una settimana fa sempre Trump aveva annunciato che il Servizio di immigrazione e controllo doganale (Ice) avrebbe avviato oggi le procedure di espulsione. Secondo le autorità statunitensi, circa 12 milioni di immigrati, arrivati principalmente da Messico ed altri paesi dell’America centrale, sono attualmente negli Stati Uniti senza documenti. Di recente Città del Messico e Washington hanno raggiunto un accordo in base al quale il governo messicano ha accettato di far rimanere sul suo territorio i migranti centroamericani che hanno presentato richiesta di asilo negli Usa, fino al completamento della procedura.

Secondo i numeri diffusi dalle autorità sono circa 2mila le famiglie che potrebbero essere espulse a breve se il Congresso non troverà una soluzione nei prossimi giorni.

Messico, dall’inizio dell’anno oltre 14mila omicidi

In Messico dall’inizio del 2019 sono già stati compiuti oltre 14mila omicidi, per la precisione 14.133.

Solo nel mese di maggio sono state uccise ben 2.903 persone, 13 più del maggio 2018.

Il drammatico bilancio dei primi 6 mesi del governo di Andrés Manuel López Obrador (AMLO), è stato illustrato dalla Segreteria Esecutiva del Sistema Nazionale di Pubblica Sicurezza della nazione centroamericana.

In pratica dal primo gennaio sono registrati circa 100 assassinii al giorno, per la precisione 94.

I dati forniti dall’ufficio indicano che in aprile ci sono stati 2.724 omicidi intenzionali, 2.845 a marzo, 2.804 a febbraio e 2.857 a gennaio.

Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno registrato un incremento del 6,3%

Gli stati dove si sono verificati i casi più numerosi di omicidio a maggio sono lo Stato del Messico con 328 casi, Baja California con 288, Jalisco con 284, Chihuahua con 278, Guanajuato con 256, Veracruz con 231, Michoacan con 244 quindi Città del Messico Guerrero rispettivamente con 238 e 220.

Nel 2018 il Messico ha registrato il triste primato di 33.369 omicidi, il dato più dato più alto dal 1997.

Il segretariato ha rivelato anche che nel maggio del 2019 sono stati segnalati 153 rapimenti, 62 casi in più rispetto ai 91 registrati il ​​mese precedente; mentre il dato annuale ha raggiunto 684 casi.

Brasile, Senato annulla decreto Bolsonaro sulle armi

Con 41 voti contrari e 28 a favore il Senato di Brasili ha respinto il decreto del presidente Jair Bolsonaro contro la flessibilità nel trasporto delle armi.

Con questo voto la Camera alta rappresenta un primo tentativo di abrogare il controverso decreto varato dal Capo dello Stato che con una decisione autonoma aveva ampliato il numero delle categorie autorizzate a portare e detenere armi in pubblico.

Per diventare definitiva la bocciatura del testo dovrà ora essere convalidata dalla Camera dei Rappresentanti che però potrebbe ribaltare il voto e ratificare il decreto grazie al sostegno dei rappresentanti delle lobby delle armi e del settore agricolo che sono risultati determinanti nella vittoria di Bolsonaro dello scorso ottobre.

Il decreto, firmato a marzo, estende il diritto di portare armi ad avvocati, camionisti, vigili urbani, guardie di sicurezza dei settori pubblico e privato, a chiunque viva nelle zone rurali e persino ai giornalisti. Il decreto stabilisce anche che ogni anno una persona possa acquistare fino a 50mila munizioni contro le 50 previste in precedenza.

Le opposizioni hanno da subito contestato il testo ricordando che il paese ha il tasso di omicidi più alto al mondo, nel 2017 sono stati 65.600 e soprattutto si scontra con la politica di riduzione delle armi attraverso la raccolta di armi illegali avviata nel paese nel 2003 tramite uno statuto di disarmo.

Messico ribadisce impegno nella ricerca dei “desaparecidos”

Le autorità messicane hanno ribadito la volontà di impegnarsi alla ricerca dei “desaparecidos”. A tal proposito il sottosegretario messicano all’interno, Alejandro Encinas, ha spiegato che i protocolli di ricerca, riesumazione e identificazione saranno messi a punto a breve.

Encinas ha sottolineato come nel paese, dove ci sono circa 40mila persone scomparse, le ricerche siano state lasciate indietro per troppo tempo. “Le cose – ha affermato – sono già cambiate ed ora l’operato del governo si svilupperà intorno alla ricerca e all’identificazione degli scomparsi.

Encinas, che svolge anche le funzioni di sottosegretario ai diritti umani, alla popolazione ad alla migrazione, ha anche escluso che la politica del presidente Andrés Manuel López Obrador (AMLO) sia quella di “intimidire” coloro che sono già impegnati nella ricerca dei desaparecidos, “vogliamo porre fine ad una situazione che per molti anni ha portato ad ingannare i membri delle famiglie impegnate nella ricerca dei loro cari”.

Per l’esponente politico messicano, le mosse dei governi in passato avevano lo scopo di minimizzare e nascondere i problemi con le autorità troppo negligenti, aggiungendo che non ci saranno più vittime di Serie A e vittime di Serie B.

Secondo i dati, in Messico attualmente ci sono più di 40mila casi aperti di persone scomparse, circa 26mila corpi non identificati e 300mila tombe clandestine.

Si è aperto a Teheran vertice tra Iran e Russia

Ha preso il via a Teheran il vertice tra Iran e Russia per aumentare la cooperazione tra i due paesi e che mira ad accelerare i progetti macroeconomici per lo sviluppo di entrambe le nazioni. Al summit prenderanno parte circa 300 tra funzionari statali, uomini d’affari russi.

Il ministro dell’Energia iraniano, Reza Ardakanian, dando il via ai lavori ha ricordato che l’evento ruoterà intorno a 13 comitati associati ai settori dell’industria mineraria, di quella dei trasporti, dell’agricoltura, della medicina, dell’energia e del turismo. L’obiettivo dichiarato del summit è quello di accelerare l’implementazione di nuovi progetti di sviluppo tra le due nazioni.

Il vertice punta, nelle intenzioni dei promotori, è una risposta alle minacce commerciali del governo degli Stati Uniti che ha imposto sanzioni e blocchi alle economie di entrambe le nazioni. “Espanderemo e svilupperemo sistematicamente la nostra cooperazione con la Repubblica islamica dell’Iran, incluso il settore nucleare, nel rispetto delle leggi internazionali e dei regolamenti nazionali”, ha dichiarato recentemente il vice ministro degli esteri russo Sergey Riabkov in merito all’attuale congiuntura internazionale.

A livello geopolitico appare sempre più evidente che l’amministrazione statunitense di Donald Trump cerca di soffocare diverse aree dell’economia iraniana in base al pretesto che Teheran rappresenti “una minaccia per la stabilità mondiale”.

In via di definizione nuovo incontro tra Putin e Maduro

Russia e Venezuela stanno definendo i dettagli per organizzare un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin ed il suo omologo bolivariano Nicolas Maduro. Le diplomazie dei due stati hanno iniziato a lavorare in tal senso nel corso dell’ultima visita del numero uno di Caracas in Russia, dicembre 2018, nel corso della quale sono stati firmati contratti per garantire investimenti per oltre 5.000 milioni di dollari nel settore petrolifero.

Attraverso un’apposita dichiarazione, il ministero degli Esteri venezuelano ha dichiarato che il governo apprezza il contributo del paese eurasiatico per consolidare la pace in Venezuela, “attualmente oggetto di un assalto e di un blocco economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti”.

Il vicepresidente per l’area economica del Venezuela, Tareck El Aissami, ha dichiarato la scorsa settimana che il presidente Maduro può visitare la Russia in qualsiasi momento.

Dall’inizio della Rivoluzione Bolivariana, Venezuela e Russia hanno firmato più di 260 accordi di cooperazione in settori come la medicina, il turismo, l’agricoltura, l’estrazione mineraria e il petrolio. All’inizio Caracas acquistava armi da Mosca pagando con il petrolio ma nel corso degli anni la bilancia commerciale tra i due paesi si è fatta sempre più variegata e la collaborazione si è fatta sempre più intensa anche in ambito militare.

Brasile, polemiche su condanna “pilotata” di Lula

Non si placano in Brasile le polemiche dopo le diffusioni di alcuni messaggi privati tra gli inquirenti che hanno condotto le indagini e tenuto il processo contro l’ex presidente Lula che lo ha condotto in carcere e stravolto il panorama politico locale.

Grazie a Glenn Greenwald, la persona che permise a Edward Snowden di diffondere alcuni documenti segreti dell’Nsa, sono infatti stati pubblicati sul sito “The Intercept” lo scambio di messaggi fra Sergio Moro – ex magistrato anticorruzione e attuale ministro della Giustizia di Jair Bolsonaro – e i pm dell’inchiesta Lava Jato (autolovaggio la Mani pulite carioca) di Curitiba.

In base agli audio pubblicati si evince che l’attuale ministro della Giustizia avrebbe orientato le indagini che hanno portato alla condanna per corruzione dell’ex presidente Inacio Lula da Silva.

I messaggi pubblicati, scambiati tramite l’app Telegram ritenuta più sicura e discreta rispetto a WhatsApp, riguardano Moro e il coordinatore della task force della Lava Jato, Deltan Dallagnol, ed altri magistrati del gruppo.

Presentando le intercettazioni – e precisando che si tratta solo di una parte di un materiale ben più vasto “inviato da una fonte anonima” – The Intercept sottolinea che nel sistema brasiliano “le figure di chi accusa e di chi giudica”, cioè di pm e magistrati, “non possono mescolarsi”, mentre i messaggi

dimostrano che Moro “si è intromesso nel lavoro della Procura, il che è proibito, agendo informalmente come un ausiliare dell’accusa”.

In Brasile Moro e i suoi sono considerati degli eroi, un po’ come avvenne in Italia agli albori di Mani Pulite anche se una buona parte della popolazione accusa gli stessi togati di essere “ideologicamente legati alla destra travestiti da uomini di legge apolitici”.

La pubblicazione di questi audio ha subito spinto gli avvocati di Lula hanno subito annunciato che i

messaggi rivelati da The Intercept costituiscono una “causa sufficiente affinché l’ex presidente venga liberato dal momento che confermano quello che abbiamo sempre detto, cioè che questo è un caso di persecuzione politica, ideata per ritirare l’ex presidente dalle elezioni dell’anno scorso”.

La Procura Federale ha subito respinto la pubblicazione dei messaggi, definendola un “grave attacco contro l’attività dei pm e la loro sicurezza personale”, mentre i componenti di Lava Jato ha denunciato che “molte conversazioni, fuori dal loro contesto, possono portare ad interpretazioni erronee”.

Moro, da parte sua, ha detto che i messaggi resi pubblici “non mettono in evidenza nessuna anomali né alcun orientamento delle attività dei pm, malgrado siano stati estrapolati dal loro contesto e dal sensazionalismo con il quale sono state pubblicate queste notizie, ignorando il gigantesco piano di

corruzione rivelato dalla operazione Lava Jato”.

Nella vicenda è intervenuto anche Flavio Bolsonaro, il figlio del capo dello Stato, che ha denunciato la diffusione delle intercettazioni definendolo parte di “un attacco organizzato contro la Lava Jato, con l’obiettivo di compromettere le inchieste”.

Filippine, dal Senato sì a tasse sul tabacco per finanziare sanità pubblica

Il Senato delle Filippine ha dato ieri il via libera all’aumento delle tasse sui prodotti a base di tabacco per finanziare la sanità pubblica, adeguandosi così al volere del presidente Rodrigo Duterte.

La Camera alta di Manila ha approvato il testo all’unanimità, quindi entro cinque anni la tassazione sui tabacchi passerà dal 29 al 71% portando maggiori entrate per 285 milioni di dollari già il prossimo anni e oltre 30 miliardi nel 2024.

Il provvedimento ora è al vaglio della Camera che già oggi potrebbe dare il via libera finale al testo.

Il testo prevede una tassazione anche per le cosiddette sigarette elettroniche, fino ad oggi esentate da ogni balzello fiscale.

L’aumento delle tasse su sigarette ed affini è stato fortemente voluto e sostenuto dal Capo di Stato che punta ad utilizzare i nuovi introiti per finanziare l’ambizioso piano di assistenza sanitaria universale un paese dove la sanità pubblica è ancora molto frammentaria con i privati che controllano ampiamente il settore con gravi difficoltà per i settori più deboli della società filippina.