Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: gennaio 2017

Iran non conferma nuovi test missilistici

Le autorità iraniane non confermano le ultime indiscrezioni della stampa statunitense secondo cui la scorsa settimana Teheran avrebbe effettuato nuovi test missilistici. Il ministero degli esteri di Teheran ha però ribadito che il programma missilistico iraniano non rientra nell’accordo sul nucleare iraniano siglato nel 2015.

Ieri la Casa Bianca ha riferito di voler studiare i dettagli di un test di missile balistico iraniano, anche in virtù del fatto che il paese del golfo è oggetto di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che vieta i test di missili balistici progettati per le testate nucleari.

Parlando nel corso di una conferenza stampa con l’omologo francese Jean-Marc Ayrault, il ministro degli Esteri iraniano Zarif ha ribadito che i missili del suo paese “non progettati per trasportare una testata nucleare”.
Un funzionario della difesa Usa riferisce che il test si sarebbe concluso con un fallimento, senza però aggiungere altri dettagli.

Il quotidiano statunitense “Washington post” riferisce che il missile sarebbe stato lanciato da un sito nella provincia iraniana di Semnan, ed avrebbe compiuto una traiettoria di circa 900 chilometri, esplodendo però in volo.

Sulla vicenda è intervenuto anche l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, che ha apertamente accusato Teheran di aver violato la risoluzione del Consiglio di sicurezza approvata nel 2015.

La prima versione della risoluzione Onu proibiva espressamente test come quello effettuato la scorsa settimana ma la nuova risulta più vaga e proibisce esclusivamente “le attività relative a missili balistici progettati per veicolare testate nucleari”. L’Iran si è sempre difeso sostenendo che non disponendo di un programma militare nucleare i suoi missili non sono progettati per trasportare testate nucleari.

Il presidente filippino Duterte torna ad attaccare gli Usa

Gli Usa hanno deciso di trasportare e stoccare armi in territorio filippino. Questa l’ultima accusa mossa dal primo mandatario di Manila Rodrigo Duterte nei confronti di Washington; un fatto che, se confermato, violerebbe gli accordi in materia di Difesa tra i due paesi.

Secondo il presidente filippino gli Usa avrebbero stoccato armi in almeno tre diverse provincie del paese aggiungendo: “Non possono farlo, non lo permetteremo”.

Parlando ad una tivù locale Duterte ha anche espresso i propri dubbi in merito al tipo di armi che gli Usa avrebbero fatto entrare nelle filippine, paventando la possibilità che tra queste vi siano anche alcune armi nucleari, e tutto questo “nonostante gli accordi tra i nostri due paesi non prevedano il deposito di armi statunitensi all’interno dei nostri confini”.

Le rimostranze di Duterte sono giunte dopo gli Usa hanno autorizzato la costruzione di nuovi campi militari e piste di atterraggio nelle Filippine facendo valere l’accordo sottoscritto tra Washington e Manila nel 2014.

Fin dal momento della sua elezione Duterte ha provato a rompere il vincolo che lega il suo paese agli Usa.

Lo scorso ottobre aveva deciso la sospensione delle esercitazioni navali congiunte svolte con la marina statunitense nel Mar cinese meridionale e tutte le 28 previste annualmente. A settembre il presidente Duterte aveva annunciato che durante il suo mandato di sei anni avrebbe sospeso la collaborazione militare con Washington e aperto il suo paese a relazioni diplomatiche diverse ovvero non più dipendenti da un solo paese come avvenuto fino ad oggi.

Ortega, Usa pongano fine ad ostilità verso Venezuela

Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha chiesto agli Usa di porre fine alle ostilità verso il Venezuela. Il primo mandatario di Managua, parlando nel corso del V summit della Celac, la Comunità degli Stati dell’America latina e dei Caraibi, ha detto che “per la pace in America latina occorre gli Usa pongano fine alle molestie verso la nostra sorella, la Repubblica bolivariana del Venezuela”.

Secondo Ortega, per anni combattuto dagli Usa, Washington ha cercato di “affossare il processo di pace nella regione che si è sviluppato in modo umano e solidale”.

Parlando dalla Repubblica dominicana, dove si trovava per il Summit internazionale, il presidente nicaraguense ha chiesto a tutti gli altri leader presenti di fare gruppo e rafforzare l’unità contro “le nuove linee guida” che gli Stati Uniti stanno cercando di imporre all’economica globale, riferendosi in particolare alle misure protezionistiche annunciate dal neo presidente Usa, Donald Trump.

Tornato poi sul tema della pace nella regione, Ortega ha sottolineato come per un completo raggiungimento di questa sia necessario risolvere il conflitto nella Falklands/Malvinas e la restituzione da parte degli Usa all’Avana della base navale, nonché carcere, di Guantanamo, ponendo inoltre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dalle amministrazioni statunitensi a Cuba.

Ambientalisti contro Trump e l’oleodotto Keystone XL

Ancora proteste contro il presidente statunitense Donald Trump. A scendere in piazza questa volta sono stati gli ambientalisti che chiedono di non riprendere il progetto relativo all’oleodotto Keystone XL,prima ipotizzato e poi fermato dall’amministrazione democratica di Barack Obama e che ora Trump potrebbe rilanciare. Ieri più di un migliaio di manifestanti si sono riuniti davanti alla Casa Bianca  dopo che tra i primi provvedimenti del suo mandato Trump ha firmato proprio la ripresa dei lavori per la realizzazione di questa conduttura.

Alcuni media statunitensi hanno precisato che il progetto darà sì recuperato ma saranno comunque rinegoziati i termini dell’accordo. Nelle intenzioni della Casa Bianca la ripresa del progetto permetterebbe il rilancio dell’occupazione in Dakota del Nord, dove la compagnia Energy Transfer Partners spinge per completare i lavori di tubazione per circa 3,8 milioni di dollari che permetterebbero di trasferire il petrolio dal Dakota alle raffinerie dell’Illinois.

Dopo anni di annunci e proteste il Congresso aveva fermato questo progetto lo scorso dicembre dopo che gli ingegneri dell’esercito Usa avevano sconsigliato di far passare la tubatura sotto il fiume Missouri invitando le autorità a cercare un percorso alternativo. Nei mesi precedenti inoltre vi erano state numerose proteste da parte degli indiani della tribù Standing Rock Sioux.

Gli ambientalisti sostengono che il progetto determinerebbe la distruzione di terreni culturalmente significativi per i nativi americani e avrà impatti ambientali gravi, tra cui il potenziale inquinamento delle acque.

Nel novembre 2015 anche l’amministrazione Obama aveva criticato il progetto ipotizzando un impatto negativo sul cambiamento climatico, poiché avrebbe determinato emissioni molto alte di gas serra.

Vari gruppi ambientalisti intanto hanno annunciato che se Trump non tornerà sulla propria decisione organizzeranno una grande manifestazione a Washington il prossimo 29 aprile.

Il Keystine XL è un oleodotto che partendo dal Canada e attraversando tutto il territorio a stelle e strisce dovrebbe arrivare fino al Golfo del Messico. Il petrolio da sfruttare arriverebbe dalla regione canadese dell’Alberta, attualmente tra le trainanti dell’economica del paese dell’Acero che beneficia di una industria petrolifera in costante crescita, basata principalmente su petrolio ricavato da bitume impastato con sabbia e terreno.

Sotto accusa però proprio il meccanismo di raffinazione di questo petrolio che richiede enormi quantità d’acqua e rilascia emissioni di gas serra in quantità molto maggiori della produzione tradizionale di petrolio. Per sfruttare questa risorsa si ha bisogno di una procedura particolarmente invasiva per l’ambiente: oltre a inquinare, la trasformazione in petrolio delle sabbie oleose devasta il territorio circostante.

I difensori del progetto continuano a ripetere che questo garantirebbe molti posti di lavoro aumentando le entrate fiscali e arricchendo le riserve americane, ma i detrattori replicano ricordando i potenziali problemi legati alla sua costruzione ed al suo utilizzo. In particolare un recente studio realizzato dal Consiglio per la Difesa delle Risorse Naturali del governo americano dimostra che la produzione e raffinazione del petrolio attraverso l’utilizzo di sabbie bituminose produce molto più inquinamento del petrolio convenzionale. Applicando i risultati di questa ricerca al progetto Keystone si arriverebbe a produrre circa 1,2 miliardi di metri cubi di sostanze inquinanti; pressappoco quanto ne emette l’insieme di tutte le vetture circolanti negli Stati Uniti nel corso di dodici mesi.

Trattandosi di un progetto che interessa due Stati, gli Usa ed il Canada, l’ultima parola spetta al governo statunitense ed al presidente.

Si apre oggi nella Repubblica dominicana il V vertice della Celac

Si apre oggi nella Repubblica dominicana il V vertice della Celac, la Comunità degli Stati latinoamericani e dei Caraibi. I lavori si svolgeranno a Bavaro, un distretto di Punta Cana, una città nella provincia di La Altagracia, nella parte orientale della Repubblica Domenicana, e vedranno la partecipazione di 10 capi di stato e di due capi di governo, oltre a diversi ministri.

L’apertura ufficiale dei lavori avverrà nel pomeriggio quando il presidente dominicano, Danilo Media, terrà il discorso di benvenuto. Nella giornata di domani i partecipanti si esprimeranno sulla dichiarazione politica e su altre 20 dichiarazioni.

Tra i temi che saranno trattati nel corso del summit la necessità di porre fine all’embargo statunitense nei confronti di Cuba, questioni legate alla sicurezza alimentare, all’immigrazioni e il problema della produzione e del traffico di stupefacenti.

Altri temi che dovrebbero essere trattati anche il disarmo nucleare, la condizione delle donne nella regione indio latina, i finanziamenti per garantire lo sviluppo dei paesi della regione e la possibilità di ridare a Cuba la proprietà ed il controllo della base navale di Guantanamo, dove attualmente sorge uno dei crudeli e feroci carceri statunitensi e di cui nel lontano 2008 l’orami ex presidente Usa Barack Obama aveva promesso la chiusura e che invece a più di 8 anni di distanza è ancora lì.

Nella giornata di ieri le delegazioni dei paesi partecipanti si sono riuniti per iniziare a lavorare sui documenti che saranno esaminati dopo l’apertura ufficiale del summit.

Tra gli assenti spiccano i nomi del presidente brasiliano Michel Temer e di quello argentino Mauricio Macri, assenza dettata da motivazioni politiche, e di quello cileno Michelle Bachelet, che ha dovuto rinunciare a causa degli incendi boschivi che hanno devastato diverse regioni del suo paese.

La Celac ha tenuto il suo primo summit in Cile nel 2013, l’anno dopo si è svolto a Cuba, quindi in Costa Rica e lo scorso anno in Ecuador. Rappresenta un’organizzazione intergovernativa regionale che ha di fatto sostituito la Calc, Vertice dell’America latina e dei Caraibi. La sua creazione è avvenuta nel 2010 nel corso di un summit che si stava tenendo in Messico a Playa del Carmen venendo poi ratifica ufficialmente nel successivo vertice venezuelano di Caracas.

Raggruppando 33 paesi la Celac ha una popolazione di circa 625 milioni di abitanti.

Turchia, riforma costituzionale sempre più vicina

La Turchia è sempre più vicina a modificare in senso presidenziale la propria costituzione assecondando così il volere del presidente Recep Tayyip Erdogan. Unico movimento che sostiene la riforma il Partito giustizia e sviluppo (Akp), dalle cui fila proviene lo stesso Edrogan, mentre tutti gli altri si oppongo, anche se l’Akp dispone della maggioranza assoluta. Una volta approvata la riforma Erdogan, al poter dal 2003 al 2014 come primo ministro e dal 2014 come presidente, potrebbe governare fino al 2029.

Fin dalla sua elezione presidenziale l’Akp ha cercato di modificare in senso presidenziale la costituzione, trovando però una forte opposizione sia in parlamento sia nel paese. Dopo gli attentati dello scorso anno ed il tentato golpe dello scorso luglio però la situazione sembra leggermente cambiata.

In base al nuovo testo stilato il presidente, attualmente figura simile a quella italiana, potrebbe emanare decreti, dichiarare lo stato di emergenza, nominare i ministri e funzionari statali superiori e sciogliere il Parlamento. Poteri che i due principali di opposizione, i kemalisti del Chp ed i nazionalisti dell’Mhp, non vogliono concedere ad Erdogan per paura di una deriva autorità. Il terzo partito di opposizione, i filo curdi dell’Hdp, è stato fortemente ridimensionato dopo gli arresti degli ultimi mesi.

Fino ad ora sono stati approvati in seconda lettura ben 11 articoli e secondo molti già entro questa sera potrebbero essere varati gli ultimi 7.

La riforma dovrà però essere confermata tramite referendum che dovrebbe svolgersi in primavera visto che a sostenerla è stata una maggioranza di 330 deputati su 550 e non dei due terzi come previsto dalla costituzione.

Nel 2014 assumendo la carica di presidente Erdogan ha più volte oltrepassati i proprio poteri continuando di fatto a comandare la politica turca, grazie anche alla sua popolarità presso i turchi.

Libri. Visioni di gioco di Roberto di Giannantonio

La magia del Subbuteo, il calcio in punta di dito, torna a vivere nel libro “Visioni di gioco – Un anno di Old Subbuteo in punta di penna e… di dito” di Roberto di Giannantonio, da poco disponibile per i tipi della Infinto edizioni.

C’è tutta una generazione, sostanzialmente quella tra i 45 ed i 30, con sporadiche apparizione fino ai 25 anni, che è cresciuta giocando infinite partite a questo “biliardino” con i giocatori che si possono muovere più o meno a piacere, e che ha fatto di questo passatempo molto più di un hobby ma una vera e propria passione o “febbre a 90°”. È il caso dell’autore e di altri 30 e più appassionati che ha dato vita ad un vero e proprio campionato scimmiottando il calcio vero e giocando una serie A, una serie B, una Champions ed una Europa league.

Il libro è la telecronaca scritta di un anno di partite in cui i protagonisti non si sono fatti mancare nulla, i giocatori hanno infatti iniziato con due gironi alla brasiliana per stabilire le squadre che avrebbero disputato la serie A e quali la serie cadetta.

“Il denominatore comune è sempre quello che ha dimostrato d’essere vincente in tutti questi decenni: lo stare insieme giocando, discutendo, confrontandosi anche con idee diverse perché comunque Uomini restiamo, senza però confini, steccati e divisioni che già minano la civile convivenza nel mondo là fuori, oltre il panno! Ludere causa ludendi è il motto dei “vecchi padri scozzesi” del Queen’s Park 1867 e i nostri little plastic men sono lì pronti a farcelo mettere in pratica, instancabilmente, da più di quarant’anni…”.

Per chi in vita sua ha giocato anche una sola volta a questo gioco, il volume sarà l’occasione di tornare bambino rivivendo le emozioni di un passatempo molto diverso dai videogame attuali. Se oggi infatti la grafica in 3D lascia poco spazio all’immaginazione, nel Subbuteo la storia è diversa, qui è il giocatore che inventa, che fa la sua telecronaca che decide se e quando tirare in porta e magari far segnare un povero peones che altrimenti non segnerebbe mai in un campionato vero.

Il libri di Giannantonio quindi non è solo un inno ad un gioco vintage ma anche e soprattutto un vero e proprio spot a quello slogan “la fantasia al potere” tanto di moda quando il calcio in punta di dito inizia a diffondersi in Italia.

 

R. Giannantonio, “Visioni di gioco – Un anno di Old Subbuteo in punta di penna e… di dito”, Infinito edizioni, pagg. 192, euro 15,00

Dagli Usa nuove multe per violazione embargo cubano

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha multato l’associazione no-profit cubana Alliance for responsible politica (Arcpf,) e la banca canadese Toronto Dominion (Td), rispettivamente per 10mila e 995mila750 dollari per aver violato l’embargo posto da Washington contro l’isola nel lontano 1962. lo riferisce il portale indio-latino Telesur.
La decisione è stata aspramente critica a L’Avana, con il ministero degli Esteri cubani che ha diffuso una nota nel quale si ricorda come a meno di una settimana dalla fine del suo mandato presidenziale Barack Obama continui a imporre il blocco causando danni economici e commerciali alle economie dei due paesi.

Da quanto si apprende l’Arcpf sarebbe stata multata perché tra l’agosto del 2010 e il settembre 2001 avrebbe permesso a doversi cittadini cubani, classificati nelle 12 categorie che gli Usa non accettano nel loro paese, ad entrare negli Stati uniti; la Td invece sarebbe stata multata perché tra il 2003 ed il 2011 avrebbe effettuato transazioni finanziarie in favore di attività commerciali cubane.
Dal dicembre 2014, ovvero da quando Washington e L’Avana hanno annunciato l’avvio delle procedure per la normalizzazione delle relazioni bilaterali gli Usa hanno multato sette aziende a stelle e strisce e quattro estere per quasi tre miliardi di dollari. Più nello specifico l’amministrazione del democratico Obama ha imposto 52 multe per violazione dell’embargo contro Cuba, e di altri paesi invisi a Washington quasi 15 miliardi di dollari.

Circa venti anni fa il cantautore romano Daniele Silvestri cantava “io sospetto che l’America, l’America ha paura altrimenti non si spiega come faccia a vedere in uno stato in miniatura questa orribile minaccia”.

Due decenni dopo Cuba è molto cambiata, Fidel Castro, che piano piano si è defilato è morto circa- due mesi fa. Gli Usa però non sono cambiati e continuano a multare, se non a colpire ed invadere i paesi che non si piegano ai loro voleri.

All’Ecuador la presidenza del G77

Per la prima volta nella storia l’Ecuador assumerà la presidenza pro tempore del G77, il più numeroso gruppo all’interno delle Nazioni unite che racchiude appunto 77 nazioni più la Cina.

La notizia è stata data dallo stesso presidente indio-latino Rafael Correa che ha parlato di “riconoscimento a livello mondiale” per il suo paese. La cerimonia di insediamento avverrà oggi al Palazzo di Vetro e vedrà la presenza del primo mandatario di Quito.

Al suo arrivo a New York il presidente Correa è stato ricevuto dal ministro degli Affari Esteri e mobilità umana ecuadoriana Guillaume Long, e dall’ambasciatore dell’Ecuador presso le Nazioni Unite, Horacio Sevilla.
Prima di partire da Quito il presidente ha sottolineato l’importanza di questo riconoscimento per il suo paese, anche perché a suo parere la scelta della nazione andina dimostra il “riconoscimento a livello mondiale” dei innovativo processi avviati in Ecuador, oltre al più generale interesse per la regione indio-latina.

Sempre Correa ha poi spiegato che durante il mandato Quito si batterà contro i paradisi fiscali che “sono uno dei principali nemici per i paesi in via di sviluppo”. “Le nazioni del sud del mondo – ha aggiunto – perdono ingenti risorse finanziarie a causa dell’evasione fiscale. Quei soldi potrebbe essere aggiunti alla dotazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.

Messico, ancora polemiche sul gasolinazo

Continuano in Messico le proteste contro il gasolinazo, il piano del governo che prevede diversi aumenti al prezzo del carburante. Per provare a stemperare le polemiche le autorità della Capitale, Città del Messico hanno stabilito che i veicoli di funzionari pubblici cesseranno di circolare per un giorno alla settimana.

La decisione è stata annunciata dal sindaco della Capitale, Miguel Angel Mancera,che ha illustrato anche una serie di misure per ammorbidire gli effetti degli aumenti che si stanno susseguendo dal 1° gennaio.

Parlando dalla sala Ovale della Old City Hall, Mancera ha riferito che 1.500 veicoli dei dipendenti pubblici del governo centrale, ad eccezione di quelli che svolgono funzioni di sicurezza, di soccorso o operative, cesseranno circolare un giorno alla settimana. Tale misura dovrebbe portare un risparmio di circa il 20 per cento del consumo di carburante da parte della flotta pubblica di Città del Messico. Mancera ha poi aggiunto: “Stiamo lavorando su altre proposte, questa non sarà l’unica.

Nonostante alcune misure per mitigare lo scontento popolare nel paese rimangono chiuse in segno di protesta circa 180 stazioni.

Nei giorni scorsi il presidente Enrique Peña Nieto ha deciso che a partire dal prossimo 3 febbraio ci saranno aggiornamenti settimanali dei prezzi dei carburanti per renderli corrispondenti ai prezzi di mercato, una misura che secondo le opposizioni comporterà un pesante aggravio per le tasche dei cittadini. Anche la società dell’energia elettrica ha annunciato aumento dei proprio tassi nel corso del 2017.

Secondo le stime dei manifestanti il prezzo del carburante potrebbe aumentare fino al 20 per cento sia per la benzina che per il diesel, anche se Juan Pablo Castanon, presidente della Commissione per il ordinamento degli affari (Cce), ha parlato di dati in linea con il mercato e che traineranno l’inflazione perché “la liberalizzazione dei prezzi andrà nella giusta direzione” rilanciando l’economia.

Negli ultimi tempi il Messico ha perso parte della sua capacità di raffinare carburanti ed oggi vengono importanti 6 litri di carburante su 10. Commentando questi dati l’analista Gerardo Esquivel, dottore in economia presso l’Università di Harvard ha spiegato che questo “è il risultato di una politica energetica che ha portato il Messico ad importare carburante dall’estero piuttosto che raffinarlo in loco”.