Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: novembre 2023

Sicurezza o insicurezza europea? La tavola rotonda del CeSEM

Si è tenuta lunedì 27 novembre a Roma presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale la tavola rotonda organizzata dal Centro Studi Eurasia Mediterraneo (CeSEM) in collaborazione con Polis Etica dal titolo: “Sicurezza o insicurezza europea? Alla ricerca della stabilità perduta”.

Alla confernenza hanno preso parte il generale Piero Laporta, il tenente colonnello Fabio Filomeni, Federico De Renzi responsabile del CeSEM area Turan, gli economisti Marco Palombi e Nino Galloni, Alexandre Del Valle specialista di geopolitica e Medio Oriente e Dragana Trifkovic direttrice del Centro studi geostrategici di Belgrado.

Tra le tematiche affrontate il Problema dell’accoglienza dei migranti (a cui si aggiungono i profughi ucraini) e della fornitura di armi da parte dell’Italia e dei Paesi europei all’Ucraina; le ripercussioni del conflitto in Palestina per Ue e Usa e la possibilità per queste di sostenere una delle due parti considerando che 20 mesi di guerra in Crimea hanno svuotato gli arsenali “occidentali”; la violazione su larga scala dei diritti umani e della libertà religiosa in Ucraina, in particolare con la messa al bando e gli attacchi fisici alla Chiesa Ortodossa; la questione energetica e la necessità di superare le sanzioni imposte in modo unilaterale ai danni di Mosca ed la sottomissione militare dell’Europa ai desiderata di Washington.

Dal dibattito è emerso che attualmente non esiste una strategia occidentale per uscire dall’attuale situazione di caos globale; per gli Stati Uniti è prioritario combattere la Russia senza coinvolgere il proprio territorio ma utilizzando quello europeo. Il timore maggiore del mondo atlantico è che una sconfitta dell’Ucraina possa portare ad un collasso della Nato, al punto che si è parlato perfino di utilizzo della bomba nucleare per scongiurarla. Il fronte palestinese è stato aperto dagli USA per seminare ulteriore confusione, ma se gli occidentali non riescono a gestire la Striscia di Gaza come pretendono di governare il mondo?

Il conflitto in Ucraina è stato indotto dall’espansione dell’Alleanza atlantica verso Est seguita alla caduta del Muro di Berlino. Ciò non corrisponde all’interesse nazionale italiano. Oggi l’esercito italiano ha al massimo 8mila soldati in piena efficienza e ci vorrebbero almeno 10-15 anni per una riforma complessiva delle nostre Forze Armate. L’Italia non ha una vocazione belligerante ma solo difensiva, in linea con la Costituzione; più che pensare ad integrarsi in un esercito europeo, il cui unico obiettivo potrebbe essere solo un conflitto contro i Paesi eurasiatici, è preferibile rafforzare la marina militare per presidiare gli 8mila km. di costa.

Il mondo sta tornando alle origini: oggi esiste una piccola parte di Paesi aggressivi e la stragrande maggioranza del pianeta che vuole solo commerciare pacificamente. L’Italia non può avere un ruolo da protagonista finché rimarrà legata al vincolo esterno atlantico e fa parte di un blocco politico-militare, quello a guida statunitense, definito “disperato” dai suoi stessi protagonisti (Henry Kissinger). Per sfuggire al destino di portaerei nordamericana sul Mediterraneo, Roma dovrebbe guardare ad Ankara; quest’ultima, pur rimanendo nella Nato, è capace di salvaguardare il proprio interesse nazionale e influire concretamente sugli scenari geopolitici vicini.

Alla luce di queste considerazioni i presenti hanno invitato le istituzioni italiane ed europee a realizzare il cambiamento politico che i nostri popoli auspicano, sia a Roma che a Bruxelles, auspicando che i gruppi parlamentari italiani ed europei possano intraprendere la strada verso un futuro di pace e progresso globale, iniziando dalla messa in campo di serie trattative di diplomatiche in Ucraina e in Palestina al fine di garantire stabilità e sicurezza a tutti gli attori coinvolti.

Il presidente argentino Milei pronto a legarsi ai Dem Usa

A meno di due settimane dall’insediamento ufficiale alla Casa Rosada in qualità di nuovo presidente argentino l’ultra liberista Javier Milei cerca di accreditarsi agli occhi dell’opinione pubblica mondiale quale politico responsabile.

Dopo aver preso le distanze da Mosca e Pechino e abbracciato la causa israeliana ha ora rivolto il suo sguardo verso gli Usa che cercano una sponda per tornare a fare dell’America indiolatina il loro giardino di casa.

A meno di un anno dalle presidenziali Usa, e dopo aver promosse tra le tante cose uno shock economico simile a quello imposto da Reagan negli anni 80, è ora volato a New York e Washington, per costruire nuovi legami ed esporre ai partner la sua ricetta per fermare la spirale negativa in cui l’Argentina si è avvitata, con un’inflazione oltre il 140% e tranche miliardarie da rimborsare, tra dicembre e gennaio, al Fondo monetario internazionale (Fmi)

Da quanto si apprende nel primo giorno della sua trasferta statunitense ha incontrato l’ex presidente Bill Clinton, inviato di Joe Biden per l’America latina mentre in precedenza aveva avuto una colazione di lavoro con i leader della comunità ebraica newyorkese, prima di spostarsi nel Queens, per rendere omaggio al Ohel, la tomba del rabbino Menachem Mendel Schneerson, luogo considerato sacro dall’ebraismo ortodosso. 

A Washington invece incontrerà il consigliere per la Sicurezza, Jake Sullivan, prima di ripartire per Buenos Aires, lasciando ai suoi delegati di fiducia l’incontro con Fmi e Tesoro Usa.

CS Oppholdsvær o del mio viaggio alla fine dei giorni

Da poco è avvenuta la pubblicazione del romanzo “Oppholdsvær o del mio viaggio alla fine dei giorni”, dell’autore Fabrizio Di Ernesto. Il romanzo è edito Pav edizioni e distribuito da Libro.co Italia.
A tre anni dalla precedente esperienza il giornalista e saggista Di Ernesto torna a tuffarsi nel mondo della narrativa e lo fa con un volume intenso ed introspettivo che ha come temi principali il passato, la morte, i rimpianti e la voglia di rivalsa verso il destino.
Si tratta di un romanzo on the road in cui l’autore, attraverso la figura del protagonista, si interroga sul senso della vita senza però pretese da maestrino o da filosofo ma solo cercando di chiudere il cerchio con ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere se solo qualche dettaglio fosse stato diverso.
Il libro, di facile lettura, si caratterizza anche per la scelta dello scrittore di suggerire al lettore una vera e propria colonna sonora da tenere in sottofondo mentre si sfogliano le pagine.

Sinossi: Cosa fareste se un dottore vi dicesse che vi restano sei mesi di vita a causa di un male incurabile? Vi piangereste addosso e sicuramente ripensereste a tutto ciò che avete fatto o non fatto fino a quel momento. Questo è ciò che fa anche il protagonista di questo libro on the road che però in un momento di lucida follia decide di lasciarsi tutto alle spalle e partire verso l’estremo nord, per la precisione Gjesvær e provare ad assaporare quella vita da cui era sempre scappato e che ora stava fuggendo da lui.

L’autore: Fabrizio Di Ernesto è giornalista per professione, saggista per passione e scrittore per hobby. Nato a Monterotondo (RM) nel 1976, è laureato in Lettere e dal 2005 ad oggi ha scritto per quotidiani e riviste, lavorato per agenzie e uffici stampa e collaborato con testate on line. Ha realizzato diversi saggi di argomento storico e geopolitico tra cui “Portaerei Italia” sulla questione delle servitù militari e le basi Nato nel nostro paese; “L’Alba del nuovo mondo” sulla rinascita del continente indiolatino e “Santa Madre Russia” sulla figura di Putin ed il ritorno di Mosca sullo scacchiere mondiale. Tutti pubblicati per i tipi della Fuoco edizioni.
Nel 2020 ha esordito, con la Porto Seguro editore, nella narrativa con il romanzo “Il tesoro dei Borghese”.

Oppholdsvær o del mio viaggio alla fine dei giorni, pagg. 122https://pavedizioni.it/prodotto/oppholdsvaer-o-del-mio-viaggio-alla-fine-dei-giorni

Colombia, presidente Petro ribadisce necessità riforma sanitaria

Il presidente colombiano Gustavo Petro è tornato sull’annosa questione di una riforma sanitaria nel paese ribadendo l’urgenza e la necessità annunciando che è pronto a presentare il testo al Congresso ogni volta che sarà necessario fino all’ottenimento della maggioranza necessaria per la sua approvazione definitiva.

Il primo mandatario del paese indiolatino è tornato sull’argomento in seguito alle domande del movimento conservatore Centro Democratico che ha chiesto chiarimento sull’iniziativa proposta dallo stesso presidente.

Il capo dello Stato colombiano ha smentito la possibilità, ventilata dal movimento di centrodestra che una volta approvata la riforma possa essere annullata dalla Corte costituzionale; secondo il Centro democratico non è necessaria né una riforma sanitaria né una legge ordinaria. Secondo Petro invece la mancata approvazione del progetto rappresenta un errore, “perché è questo sistema che ridurrebbe la maggior parte della mortalità e delle malattie nel Paese e ridurrebbe sostanzialmente i costi sanitari in pochi anni. La salute preventiva riflette il diritto universale alla salute di tutte le persone in Colombia”. Sempre il presidente ha poi spiegato che gli enti preposti, gli Eps, potranno gestire i centri sanitari primari e coprire il loro rispettivo territorio dove potranno essere indirizzati, se necessario, alla rete. In particolare, è questo il punto inviso ai conservatori che vogliono che i soldi della sanità pubblica continuino ad essere gestiti dai gruppi assicurati privati; per Petro però questo sistema ha fallito a causa degli alti debiti di queste aziende, negli ultimi anni ne sono fallite ben 157 che di fatto hanno lasciato gran parte del Paese senza una vera e propria rete ospedaliera.

Colombia, nuovo dialogo con l’Eln il 30 novembre

La Delegazione per la Pace del governo della Colombia ha annunciato che i dialoghi con l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) riprenderanno a partire da giovedì prossimo, 30 novembre, a Città del Messico.

In una nota i rappresentanti del governo di Bogotà riferiscono di apprezzare “l’impegno del governo del Messico e del presidente Andrés Manuel López Obrador nella costruzione della pace in Colombia”.

Questo quinto ciclo, originariamente previsto per l’inizio di novembre, è stato fino ad oggi rinviato per ben due volte a causa del rapimento Luis Manuel Díaz, padre del calciatore Luis Díaz.

Ventilando la possibile ripresa dei colloqui il primo mandatario Gustavo Petro aveva annunciato la volontà di avanzare nuove richieste all’Eln perché “dobbiamo stabilire un percorso di miglioramento completo, sono passi che devono essere compiuti sempre più in profondità, sempre più fermo. Se l’Eln ha davvero una vocazione per la pace, cosa che spero sia così, saprà che alcuni passi sono già stati compiuti. C’è un momento che è già arrivato e quel momento è superare la lotta armata”. Venerdì scoso, il 24 novembre, sono stati commemorati i sette anni dell’accordo di pace con la presenza dei suoi firmatari, Juan Manuel Santos, ex presidente della Colombia e premio Nobel per la pace, e Rodrigo Londoño, ex comandante delle Farc-Ep.

Argentina, al via transizione tra Fernández e Milei

In Argentina è partita la transizione tra il presidente uscente, Alberto Fernández, ed il neoeletto Javier Milei; il passaggio di consegne ufficiali sarà celebrato il prossimo 10 dicembre quando il politico ultraliberista si insedierà.

I due si sono incontrati nella residenza presidenziale Olivos in compagnia delle équipe designate da entrambi nei diversi ambiti del governo ha riferito l’esecutivo attraverso un comunicato ufficiale.

Da quanto si apprende Milei era accompagnata dal futuro capo di gabinetto, Nicolás Posse, mentre accanto a Fernández c’era il suo segretario generale della presidenza, Julio Vitobello, il vertice si è svolto in un clima amichevole, rispettoso e istituzionale, durante il quale “sono state affrontate questioni statali e l’agenda internazionale”.

Commentando i risultati che hanno portato all’elezione di Milei, Fernández ha commentato: “Sono un uomo democratico e non apprezzo altro che il verdetto popolare. Confido che lavoreremo con Javier Milei per garantire una transizione ordinata”.

Brasile, Lula annuncia misure in favore della comunità quilombola

Continua in Brasile l’opera del presidente Luiz Inácio Lula da Silva in favore delle minoranze indigene del paese. Parlando nel corso delle celebrazioni della Giornata della Coscienza Nera, il primo mandatario del gigante indiolatino ha infatti annunciato misure in favore di una comunità che “storicamente ha resistito alla schiavitù”.

Il pacchetto di misure prevede investimenti per circa 20 milioni di reais, oltre 4 milioni di euro far avanzare i processi di titolarità dei terreni di 1.800 comunità quilombola, ma non solo.

“Quello che abbiamo fatto qui oggi è il pagamento di un debito storico che la supremazia bianca ha costruito in questo paese da quando è stata scoperta. Vogliamo solo ripristinare quella che è una realtà di una società democratica”, ha detto Lula.

All’evento al Palazzo Planalto hanno partecipato il Ministro per l’Uguaglianza Razziale, Anielle Franco, oltre a politici, ministri, artisti e leader dei movimenti neri e quilombola; in questo ambito il ministro ha illustrato le misure in favore delle comunità che resistevano alla schiavitù, conosciute nel paese come quilombolas.

Tra le proposte più importanti c’è la consegna di titoli che ne garantiscano il possesso a circa 300 famiglie provenienti da diverse regioni del Paese; altre misure riguardano la somma di 8 milioni di reais (1,6 milioni di euro) per un programma di qualificazione per i dipendenti che forniscono assistenza psicosociale alle famiglie delle vittime di violenza a Bahia e Rio de Janeiro. Le azioni si articolano in diritto alla vita e alla dignità, diritto all’istruzione e all’inclusione, diritto alla terra e diritto alla memoria e alla riparazione.

L’Argentina si getta nelle braccia di Milei

A sorpresa, ma non troppo, l’ultraliberista ed ultratlantico Javier Milei è il nuovo presidente dell’Argentina.

Il leader di La libertà avanza (Lla) ha ottenuto il 55% dei consensi, battendo l’esponente peronista Sergio Massa, attuale ministro dell’Economia.

Non appena sono stati diffusi i primi dati Massa ha riconosciuto la sconfitta sottolineando: “Voglio dirvi che ovviamente i risultati non sono quelli che ci aspettavamo. Ho parlato con Javier Milei per congratularmi e augurargli buona fortuna perché è il presidente che la maggioranza degli argentini ha scelto per i prossimi quattro anni”.

A pesare sull’esito finale del voto sia la difficile situazione economica che sta vivendo il paese, e di cui Massa è considerato uno dei responsabili, sia la vittoria schiacciante ottenuta da Milei nella provincia di Cordoba.

A complicare il lavoro di Milei, che aveva promosso la totale privatizzazione di sanità ed istruzione e l’abolizione della Banca centrale un parlamento che non gli permette una maggioranza assoluta. Alla camera, la coalizione di centrosinistra Unione per la patria (Up) di Massa ha eletto 108 dei 257 deputati, contro i 38 de La libertà avanza (Lla). I vertici del partito stanno peraltro esaminando la possibilità di fare gruppo unico con parte dei 93 deputati eletti dalla coalizione conservatrice Insieme per il cambio (Jxc), almeno quelli legati ai nuovi alleati di Milei: l’ex presidente, Mauricio Macri, e l’ex ministro della Sicurezza nonché candidata del centrodestra giunta terza al primo turno, Patricia Bullrich. Al Senato, Up vanta 33 seggi contro i 24 di Jxc e i 7 di Lla.

Perù, approvata legge per ripristino bicameralismo

Il Congresso della Repubblica del Perù ha approvato il disegno di legge che prevede il ritorno al sistema bicamerale; la norma è passata con 98 voti favorevoli e 23 contrari. Con questa votazione viene praticamente ribaltato il referendum costituzionale del 2018 che aveva abolito il sistema basato su due camere.

Il testo include anche un comma che consente la rielezione immediata a tempo indeterminato e che afferma letteralmente che “senatori e deputati possono essere rieletti immediatamente nella stessa posizione”.

Trattandosi di un progetto di riforma costituzionale per la sua approvazione definitiva è necessario che raggiunga più di 87 voti in due legislature consecutive, superando quota 93, rendendo necessaria una seconda votazione che potrebbe aver luogo già entro la fine dell’anno.

Ruth Luque deputata dell’opposizione è stata molto critica con il governo ricordando: “hanno negato alla popolazione il diritto di essere consultata da un’Assemblea costituente e chiedono una rielezione che è stata respinta meno di cinque anni fa. È tempo che coloro che sono entrati in questo congresso che propone una Nuova Costituzione siano coerenti con la popolazione che li ha eletti”, accusando la maggioranza guidata dal presidente, non eletto ma nominato dalla magistratura, Dina Boluarte, di temere la popolazione e non voler passare attraverso il voto della stessa.

Il deputato del partito di maggioranza Avanza País, Alejandro Cavero, ritiene invece che il bicameralismo “permetterà al paese di andare verso un migliore equilibrio dei poteri e una migliore deliberazione delle leggi”.

Presidente cileno Boric chiede a Biden di revocare sanzioni contro Cuba

Il presidente cileno Gabriel Boric ha chiesto al suo omologo statunitense Joe Biden di rimuovere Cuba dalla lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo elogiando la recente decisione dell’amministrazione statunitense di revocare alcune sanzioni, imposte unilateralmente al Venezuela.

Riferendo dell’incontro che si è svolto alla Casa Bianca con i giornalisti, il primo mandatario cileno ha ricordato che l’isola caraibica sta attraversando una delle peggiori crisi economiche degli ultimi decenni, a causa della carenza di cibo, medicinali e petrolio che affligge il paese. Boric ha anche spiegato che gli Usa hanno una responsabilità in tutto ciò perché le sanzioni hanno tagliato il denaro che affluisce nelle casse del governo.

Da tempo il governo cubano sta cercando di portare il paese fuori dalla lista, stilata arbitrariamente, dagli Usa sui presunti stati che sostengono il terrorismo, i diplomatici di l’Avana hanno più volte lanciato appelli in tal senso ricordando che diverse banche hanno rifiutato di aprire conti e di elaborare transazioni finanziarie che coinvolgono Cuba, danneggiando la sua economia.

“È imperativo revocare le sanzioni contro Cuba e rimuovere Cuba dalla lista degli stati sponsor del terrorismo”, ha detto Boric e pur comprendendo le forti emozioni suscitate dalla questione a Washington ha aggiunto “bisogna considerare che queste sanzioni non colpiscono solo un governo; colpiscono un’intera popolazione. Quando un popolo soffre, la cosa dovrebbe riguardare tutti noi”.

Va ricordato che pur favore alla rimozione delle sanzioni Boric ha più volte criticato Cuba, Venezuela e il Nicaragua per le “violazioni” dei diritti umani perpetrate da questi governi. Nel corso della votazione all’Onu per la rimozione delle sanzioni contro Cuba 187 paesi hanno votato a favore, a favore solamente gli Usa e Israele mentre l’Ucraina si è astenuta, una situazione che si ripete praticamente ogni anno ma che non sembra interessare minimamente Washington.