Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: giugno 2018

Messicani alle urne per presidenziali e politiche

Messicani domenica al voto per presidenziali e politiche, oltre che per scegliere 9 governatori, tra cui quello di Città del Messico e 1600 sindaci.

A tenere banco sono soprattutto le presidenziali con 4 protagonisti attesi che dovrebbero giocarsi la vittioria finale.

Il gran favorito appare Andrés Manuel López Obrador, già due volte candidato presidenziale che alla guida della coalizione populista di sinistra “Juntos haremos historia” ed in testa ai sondaggi. La stampa locale parla di lui come della “risposta messicana a Donald Trump”.

Il suo principale rivale appare Ricardo Anaya, 39enne candidato del Pan, partito di centrodestra.

Il Partito Istituzionale Rivoluzionario ha candidato Jose Antonio Maede, ex ministro degli Esteri e dello Sviluppo Sociale, giocando la carta del volto nuovo. Ma il candidato oficialista è solo al terzo posto nei sondaggi, e molto indietro rispetto al secondo.Qualche canches anche per il candidato indipendente Jaime Rodríguez , detto “El Bronco”, che è quarto nei sondaggi, ha deciso di giocare la carta della modernità e della multimedialità.

La legge messicana ha impedito una nuova candidatura di Pena Nieto, il giovane presidente telegenico che conclude il mandato con una popolarità bassissima, una corruzione ai massimi storici, mattanze di politici e giornalisti.

Argentina: sciopero generale blocca il paese

Lo sciopero generale indetto in Argentina contro la politica economica del presidente Mauricio Macri ha registrato un’adesione molto alta bloccando di fatto il paese. A proclamare lo sciopero è stata la Confederazione generale dei lavoratori (Cgt) ma tutte le sigle hanno aderito all’astensione dal lavoro. Ieri nel paese non hanno circolato autobus, metropolitana, taxi, treni e aerei; gli uffici pubblici e le banche sono rimaste chiuse.

“Lo sciopero è stato contundente in tutto il paese”, ha manifestato il triumvirato alla guida della Cgt composto dai segretari Juan Carlos Schmid, Héctor Daer, y Carlos Acuña, in una conferenza stampa tenutasi al termine della mobilitazione nella quale, nonostante la fortissima adesione, è stato evitato tuttavia il tono celebrativo.
Il direttivo della Cgt ha denunciato che “il programma economico del governo sta portando al disastro il popolo argentino, pregiudicando seriamente il lavoro, le piccole e medie imprese, il commercio, le economie regionali e i settori più vulnerabili”. Hector Daer a sua volta ha sottolineato che “queste politiche sono già state applicate in passato ed hanno avuto conseguenze negative”, e ha denunciato che il governo non manifesta “la volontà politica di difendere i lavoratori” e che “l’unica cosa che gli interessa in questo momento è il deficit”. “Il dialogo senza risposte non serve a nulla” ha invece dichiarato Carlos Acuña, facendo riferimento all’appello rivolto dal governo per scongiurare lo sciopero.

Riprende in Nicaragua il dialogo nazionale

Riprende oggi in Nicatagua il “dialogo nazionale” nel tentativo di mettere fine alla crisi sociale che da due mesi sta funestando il paese ed ha causato circa 200 morti.

All’incontro odierno, propiziato dalla Conferenza episcopale locale (Cen), dovrebbero prendere parte i rappresnetanti del governo di Daniel Ortega e dell’Alleanza civica, ovvero l’insieme delle forze politiche e sociali dell’opposizione.

Una delegazione della commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) è atterrata ieri nel paese centroamericano per integrare il Meccanismo speciale di accompagnamento per il Nicaragua (Meseni), uno degli organismi disegnati nell’accordo che apre il processo negoziale. La Cidh, che aveva effettuato già dal 17 al 21 maggio una missione nel paese centroamericano, ha presentato all’Organizzazione degli stati americani (Osa), un rapporto nel quale documentava la morte di 212 persone a tutto il 6 giugno.

Sempre oggi dovrebbe arrivare nel paese centroamericano, per prendere parte all’incontro, una rappresentanza dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani: a loro spetterà il compito di “mantenere una presenza in loco per tutto il tempo utile ad accompagnare la Commissione di verifica e sicurezza, e monitorare la situazione dei diritti umani”, in “stretto coordinamento” con la Cidh.

Nello scorso fine settimana, secondo quanto riferisce il Centro nicaraguense per i diritti umani (Cenidh), almeno otto persone, tra cui un bambino di un anno, hanno perso la vita durante gli scontri registrati. La Cenidh, che sta in queste ore facendo ampio ricorso a video e messaggi sui social network, segnala che dalla mezzanotte di venerdì e per otto ore le forze di sicurezza, polizia, militari e paramilitari hanno effettuato incursioni in diversi quartieri della capitale e nella sede dell’Università autonoma del Nicaragua (Unan), occupata da diverse decine di studenti. Secondo le stesse fonti, il bambino deceduto sarebbe stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco alla testa nel corso di scontri registrati in un quartiere periferico di Managua.
Nella giornata di sabato, la Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) ha fatto sapere che per far ripartire il dialogo che metta fine alla crisi, attende dal presidente Daniel Ortega una risposta “ufficiale e formale” alla richiesta di anticipare le elezioni generali a marzo del 2019. Nella nota, i vescovi tornano ad offrire la disponibilità ad accompagnare il “dialogo nazionale”, ma ritengono “imprescindibile” che il capo dello stato “comunichi ufficialmente e formalmente la sua accettazione alla proposta che, raccogliendo i sentimenti della maggior parte dei nicaraguensi, è stata presentata lo scorso 7 giugno, sulle elezioni anticipate per marzo del 2019”.

Nicaragua, sospeso il dialogo nazionale

Il dialogo nazionale, ovvero le trattative tra autorità nicaraguensi e manifestanti sono state interrotte dopo che nella città di Masaya, non distante dalla capitale Managua, sono scoppiati nuovi violenti scontri.

Secondo l’Associazione nicaraguense per i diritti umani (Anpdh), i tumulti hanno portato alla morte di almeno sei persone mentre una trentina tra manifestanti e forze di sicurezza sono rimasti feriti. Gli scontri sarebbero il seguito dell’azione di un gruppo di giovani armati di mortai di fabbricazione artigianale, impegnati a sparare al riparo di muri improvvisati con mattoni. Ad oggi le vittime delle violenze divampare nel paese oscillano tra le 150 e le 200 secondo le fonti.

Oltre che per le violenze l’Anpdh ha deciso di sospendere le trattative anche perché il governo non avrebbe permesso la partecipazione degli organismi internazionali ai nuovi incontri.

“Questo governo deve dimostrare di avere volontà politica” di aprire il dialogo, ha detto il vescovo ausiliare di Managua, Silvio Naez, dando notizia della sospensione del tavolo. “Questo non è un gioco, è un impegno serio per il futuro del Nicaragua. Non si possono continuare ad uccidere persone”, ha detto il vescovo in una conferenza stampa rilanciata dai media locali.

Il governo da parte sua accusa le opposizioni di aver lasciato il tavolo pur non avendo rispettato un altro punto degli accordi, la rimozione dei blocchi stradali nelle principali strade del paese.
Appena venerdì scorso le parti avevano raggiunto un accordo sulla base della creazione di una task force internazionale comprendente la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh), l’Alto commissario delle Nazioni Unite e l’Unione europea per indagare sulle uccisioni di manifestanti avvenute nel corso delle proteste. Gli esperti dovrebbero condurre un lavoro “in loco” per accompagnare le indagini su tutte le morti e gli atti di violenza al fine diidentificare i responsbaili e stilare un pinao integrale per il risarcimento delle vittime. Al tempo stesso, le parti auspicavano la presenza dello stesso segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani (osa), Luis Almagro, oltre all’avvio della rimozione dei posti di blocco.

Gli scontri nel paese sono divampati due mesi fa in seguiti ad una serie di manifestazioni promosse contro una riforma delle pensioni ritenuta penalizzante per i contribuenti. Le proteste si sono presto trasformate in una più generica richiesta di cambio nella vita democratica del paese. Il governo sandinista ha ritirato il progetto di riforma ma le proteste sono continuate sfociando in ulteriori violenze.

Gli scontri che si producono quasi quotidianamente nel paese costringono le varie autorità ad aggiornare di continuo i numeri della crisi.

Secondo l’ultimo bilancio redatto dal Centro nicaraguense per i diritti umani (Cenidh), dopo gli ultimi disordini il numero totale delle vittime ha toccato quota 168, mentre i feriti sarebbero oltre un migliaio. I nuclei di polizia anti-sommossa, sempre secondo la Cidh, hanno usato armi da fuoco, pistole, proiettili di gomma e gas lacrimogeni in modo “indiscriminato, senza l’utilizzo di protocolli per regolamentare l’uso proporzionale della forza”. E secondo l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha raccolto “numerose segnalazioni” dalle persone coinvolte nella protesta, molte delle morti registrate potrebbero essere “uccisioni ingiustificate”.

Coree: Washington e Seul sospendono esercitazioni congiunte previste ad agosto

Dando seguito all’accordo raggiunto la settimana scorsa con Pyongyang Usa e Corea del Sud hanno confermato la sospensione delle esercitazioni militari congiunte in programma il prossimo agosto.

Il dipartimento della Difesa Usa e il ministero della Difesa sudcoreano ha formalizzato la notizia in contemporanea nella mattinata di oggi, in accordo con l’annuncio del presidente Usa, Donald Trump, al termine del summit Usa-Corea del Nord della scorsa settimana. Seul ha comunque ribadito che le esecitazioni avevano esclusivamente carattere difensivo e che la sospensioni per il momento riguarda solo le manovre di agosto.

In occasione del summit intercoreano dello scorso 27 aprile era stata stilata dalle parti una dichiarazione congiunta che impegna i due paesi a compiere sforzi verso l’alleviamento delle tensioni militari e “l’eliminazione dei rischi concreti di conflitto”.
Per quanto riguarda il vertice di martedì scorso tra Donald Trumo e Kim Jong Un è stato invece siglato un accordo che impegna i due paesi a rifondare le relazioni bilaterali “in accordo con il desiderio di pace e prosperità” dei cittadini dei due paesi. Il documento prevede uno sforzo congiunto da parte di Washington e Pyongyang per edificare “un regime di pace stabile e durevole” nella Penisola coreana.
Al termine del vertice Trump aveva annunicato che gli Usa avrebbero sospeso le esercitazioni congiunte con la Corea del Sud.

Colombia: Duque vince il ballottagio

Come ampiamente previsto e anticipato il conservatore Ivan Duque è il nuovo presidente della Colombia.

Questo l’esito del ballottaggio presidenziale che si è svolto ieri nel paese indio-latino. Duque, delfino o quasi dell’ex presidente Alvaro Uribe, ha avuto la meglio sul suo avversario Gustavo Petro, candidato delle forze progresssite, ottenenendo il 53,95% dei voti.

Duque, che compirà 42 anni a fine luglio, diventa così il più giovane presidente nella storia della Colombia e rischia di far segnare una battuta d’arresto nel processo di pace con le Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Durante la campagna elettorale il neo eletto presidente ha più volte criticato l’accordo di pace che il governo del presidente uscente Juan Manuel Santos ha stretto a fine 2016 con le Farc. Un accordo che, a detta di Duque e del suo mentore Uribe, ha concesso troppo ai quei guerriglieri che intendevano lasciare le armi e troppo poco alle vittime del conflitto armato che per oltre 50 anni ha lacerato il paese.

Il testo che è valso a Santos il premio Nobel per la pace permetteva tra le altre cose ai capi delle Farc di ricevere pene alternative se confessavano reati e risarcivano le vittime. E ha dato alle Farc la possibilità di trasformarsi in un partito con diritto ad essere rappresentato in parlamento. Il nuovo capo dello stato è tornato a chiedere che gli autori di reati contro l’umanità “ricevano sanzioni adeguate che rendano incompatibile la possibilità di esercitare politica”.

Nicaragua, ancora scontri. Domani nuovi negoziati tra governo e manifestanti

Continuano gli scontri di piazza in Nicaragua. L’ultimo bilancio parla di 8 persone morte negli scontri di ieri che di fatto hanno infranto la la tregua concordata dal governo del presidente Daniel Ortega e i manifestanti nel corso del dialogo politico mediato dalla Chiesa cattolica, anche se per domani è prevista la ripresa dei colloqui tra le parti.

Il segretario generale del’Organizzazione degli Stati americani, Luis Almagro, ha condannato le violenze. “Lanciamo un appello urgente affinché venga posta fine alla violenza e al terrore in Nicaragua”, ha scritto il segretario sul suo account Twitter, chiedendo l’ingresso nel paese di un gruppo si esperti internazionali.

Appena venerdì era stata concordata la tregua tra le parti dopo che da mesi i manifestanti anti Ortega stanno praticando violenze nel paese, ripetendo o quasi il compione già visto nel Venezuela di Maduro.

Per quanto riguarda il dialogo tra le parti sul tavolo c’è la proposta della Chiesa cattolica di anticipare le elezioni generali e attuare riforme politiche. L’accordo raggiunto venerdì include anche la creazione di una task force internazionale per indagare sulle uccisioni di manifestanti avvenute nel corso delle proteste e la rimozione dei posti di blocco. “Si tratta di un accordo positivo, che ci fa pensare che non ci sarà un’escalation di violenza”, ha detto Juan Sebastian Chamorro, uno dei leader dell’Alleanza civile per la giustizia, che riunisce diverse organizzazioni. “Se le condizioni non saranno rispettate le proteste pacifiche riprenderanno”.

I disrodini nel paese sono iniziati ad aprile con una serie di manifestazioni promosse contro una riforma delle pensioni ritenuta penalizzante per i contribuenti. Le proteste si sono presto trasformate in una più generica richiesta di cambio nella vita democratica del paese. Il governo sandinista ha ritirato il progetto di riforma ma le proteste sono continuate sfociando in ulteriori violenze.

Gli scontri che si producono quasi quotidianamente nel paese costringono le varie autorità ad aggiornare di continuo i numeri della crisi. Secondo l’ultimo bilancio redatto dal Centro nicaraguense per i diritti umani (Cenidh), dopo gli ultimi disordini il numero totale delle vittime ha toccato quota 168, mentre i feriti sarebbero oltre un migliaio. Secondo gli esperti della Cidh, in missione da 17 al 21 maggio, l’intervento delle forze di sicurezza e dei gruppi paramilitari ha dato vita a gravi violazioni delle norme internazionali: “detenzioni illegali e arbitrari”, nonché pratiche di “tortura, trattamento inumano e degradante crudele, minacce, vessazioni e persecuzioni”, oltre che una grave censura e attacco alla stampa. I nuclei di polizia anti-sommossa, continua la Cidh, hanno usato armi da fuoco, pistole, proiettili di gomma e gas lacrimogeni in modo “indiscriminato, senza l’utilizzo di protocolli per regolamentare l’uso proporzionale della forza”.

In merito alla crisi si è espressa anche la grande finanza internazionale. L’evolversi della crisi, secondo l’agenzia di rating Fitch, potrebbe far inoltre rivedere al ribasso le stime di crescita del Nicaragua, attualmente al grado B+, con prospettiva stabile. Nel caso in cui “la crisi politica e la situazione di violenza si prolungassero o peggiorassero”, il rating potrebbe essere ribassato a B+ con prospettiva stabile, ha detto un rappresentante di Fitch al quotidiano “Nuevo Diario”. La Banca centrale nicaraguense (Bcn) aveva stimato per il 2018 una crescita compresa tra il 3 e il 3,5 per cento, ma l’agenzia – riporta la testata – ritiene che le perdite soprattutto nei settori del commercio, trasporto, turismo e costruzione possano condizionare in negativo le prestazioni.

Filippine valutano acquisto sottomarini per modernizzare difesa

Le Fiippine stanno valutando l’acquisto di alcuni sottomarini d’attacco per modernizzare le proprie capacità difensiva. La mossa sarebbe determinata dalle crescenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale.

E’ stato lo stesso ministro della Difesa, Delfin Lorenzana, a ventilare questa possibilità specificando che Manila starebbe valutando i sottomarini di produzione russa e sudcoreana; una volta siglato il contratto la consegna dei mezzi avverrebbe tra i 5 e gli 8 anni

“Se li ordinassimo in questo momento, ci verrebbero consegnati al termine della presidenza (di Rodrigo Duterte)”, ha detto il ministro. Lorenzana ha sottolineato che Indonesia, Malesia, Singapore e Vietnam dispongono tutti di sottomarini d’attacco.

Di recente il paese ha acquistato navi da sbarco anfibio per la marina, come la Brp Tarlac e la Brp Davao del Sur, e tre fregate, mentre l’Aviazione ha acquistato dalla Corea del Sud 12 caccia leggeri Fa-50, versione da combattimento degli addestratori avanzati T-50 Golden Eagle della sudcoreana Kai.L’acquisto dei sottomarini rientra nel piano del governo Duterte per la modernizzazione delle Forze armate, che prevede anche l’acquisto di elicotteri ed equipaggiamenti per l’Esercito.

Sempre nel tentativo di ammodernare le forze armate del paese, il mese scorso le Filippine hanno portato a termine l’acquisto del primo sistema missilistico navale per la loro Marina militare, doppiando un traguardo importante del programma di modernizzazione delle Forze armate intrapreso dal governo di Rodrigo Duterte. Alcune unità per il pattugliamento marittimo veloce di produzione domestica verranno equipaggiate con sistemi Spike Er di produzione israeliana, in grado di colpire bersagli terrestri e aerei a corto raggio (sino a otto chilometri di gittata). Ad annunciare l’integrazione dei nuovi sistemi d’arma è stato il portavoce della Difesa filippino, Arsenio Andolong. Manila ha pagato in tutto 11,6 milioni di dollari per la fornitura dei missili, che verranno installati in tutto su tre imbarcazioni.

Brasile, Lula sempre avanti nei sondaggi

A quattro mesi dalle presidenziali di ottobre, e pur se in carcere, l’ex presidente Lula è sempre avanti nei sondaggi preelettorali.

Lo confermano gli ultimi sondaggi diffusi oggi che vedono come unico potenziale sfidante il candidato della destra Jair Bolsonaro.

L’ex campo di Stato e findatore del Partito dei lavoratori mantiene un certo vantaggio su tutti i rivali anche se ancora non sa se potrà candidarsi o meno.

Secondo i dati diffusi oggi dalla Datafolha Lula si assesta intorno al 30%, Jair Bolsonaro accreditato di un 17% circa, mentre l’ecologista Marina Silva fatica a raggiungere 10%.

La rilevazione ha avuto per oggetto 3mila elettori in 174 comuni ed ha anche rivelato che oltre il 40% degli elettori di Lula non sa a chi votare se il fondatore del Partito dei lavoratori (PT) non dovesse poter partecipare al voto.

Lula attualmente sta scontando, dallo scorso 8 aprile, una condanna a 12 anni di carcere dopo un processo in cui è stato riconosciuto colpevole di corruzione.

Venerdì scorso, l’8 giugno, il presidente del PT, Gleisi Hoffmann, ha presentato ufficialmente la pre-candidatura di Lula in Minas Gerais ribadendo l’innocenza dell’ex capo di stato e definendolo “l’unico in grado di portare il paese fuori dalla crisi”.

Argentina: per governo chiuso accordo con Fmi

Il governo argentino ritiene raggunta l’intesa con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per il nuovo prestito da 30 miliardi di dollari; cifra ritenuta necessaria per consolidare il nuovo corso economico, di stampo ultraliberista, intrapreso dal presidente Mauricio Macrì.

Dall’Fmi per in momento non confermano quanto anticipato dai rappresentanti di Buenos aires che stanno discutendo a Washington; secondo la stampa locale il governo argentino potrebbe comunicare i dettagli dell’accordo già questa settimana con una conferenza stampa congiunta del ministro dell’Economia, Nicolas Dujovne, e del presidente della Banca centrale argentina (Bcra), Federico Sturzenegger.
Probabile che l’accordo venga annunciato venerdì prossimo quando Macrì si recherà in Canada per il G20.

Alcuni dettagli sul negoziato sono trapelati nel corso di un incontro tenutosi questa settimana tra il ministro delle Finanze, Luis Caputo, ed i rappresentanti dei principali istituti bancari argentini e stranieri che operano sul mercato locale. Caputo avrebbe anticipato ad Alejandro Ledesma (Icbc), Facundo Gomez Minujin (JP Morgan), Gabriel Martino (Hsbc), Javier González Fraga (Banco Nacion) e Juan Curutchet (Banco Provincia) che l’accordo supera l’ammontare dei 30 miliardi di dollari e che verrà integrato da contributi della Banca mondiale (Bm) e della Banca interamericana per lo sviluppo (Bid) per altri 10 miliardi.
Da quanto si apprende le richiesta dell’Fmi punterebbero a nuovi tagli per l’1,7% del Pil.