Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: dicembre 2017

Russia, Putin ha presentato documentazione per presidenziali 2018

Vladimir Putin correrrà ufficialmente per le presidenziali russe del prossimo anno. Lo “zar” ha infatti presentato oggi alla commissione elettorale centrale (Cec) i documenti necessari per la sua candidatura.

Ua decina di giorni fa, per la precisione lo scorso 18 dicembre, si è aperta ufficialmente la campagna elettorale russa in vista delle presidenziali del 18 marzo. In base alla legge russa i candidati, al momento 14 paritti e 15 aspiranti presidenti, hanno 90 giorni di tempo per presentare i documenti necessari alla Cec, raccogliere le firme, tenere comizi con i loro sostenitori e dibattiti con gli avversari.
Secondo un sondaggio pubblicato nei giorni scorsi dall’agenzia di stampa “Sputnik” il 67 per cento dei cittadini russi sono pronti a sostenere il presidente in carica Putin. Stando all’indagine l’8 per cento dei votanti ha espresso il proprio sostegno al presidente del Partito liberaldemocratico Vladimir Zhirinovskij, mentre il 4 per cento si sono espressi a favore del leader del Partito comunista Gennadij Zyuganov. Secondo il sondaggio, l’80 per cento dei partecipanti si sono detti soddisfatti nei confronti del capo dello stato in carica. L’indagine è stata condotta il 9 e 10 dicembre su un campione di 3 mila elettori russi.

Energia: russa Rosneft acquista concessioni venezuelana Pdvsa

La Pdvsa, Petróleos de Venezuela, società energetica controllata dal goveno di Caracas, ha annunicato di aver chiuso un accordo con la compagnia russa Rosneft per lo sviluppo di due dei suoi giacimenti di gas offshore per 30 anni.

In base all’intesa siglata dalle due compagnie la compagnia controllata dal governo di Mosca avrà il diritto di vendere tutto il gas estratto dai giacimenti di Patao e Mejillones, anche sotto forma di Gnl. I due giacimenti, secondo un comunicato stampa di Rosneft, ripreso da Oilprice, contengono 180 miliardi di metri cubi di gas naturale, l’obiettivo annuale di produzione è di 6,5 miliardi di metri cubi di gas in 15 anni.

Il gruppo russo non è nuovo ad investimenti nel paese indiolatino ed ha già in essere diverse collaborazioni con la Pdvsa su cinque progetti con riserve stimate in 20,5 miliardi di tonnellate di greggio, pari a 105,265 miliardi di barili. L’azienda russa è uno dei partner importanti del Venezuela e di Pdvsa che, tra l’altro, gli ha concesso i diritti di maggioranza nel suo business statunitense, Citgo, a garanzia di un prestito l’anno scorso. Secondo i dati Rosneft, i prestiti alla società venezuelana arrivano a 6 miliardi di dollari. Non solo la società ma anche il governo di Caracas ha debiti con Mosca, pari a a circa 140 miliardi di dollari, che ha accettato di ristrutturare quando è diventato chiaro che il Venezuela rischiava il default.

Cile, Piñera torna presidente

Sebastián Piñera ha vinto le elezioni in Cile, tornando alla guida del paese di cui è già stato presidente tra il 2011 ed il 2014; il candidato della destra ha vinto con un margine di circa il 9% sull’avversario Alejandro Guillier.

La vittoria del candidato conservatore conferma la tendenza della regione indio-latina a spostarsi su posizioni atlantiche e liberiste, dpoo che anche in Argentina, nonostante la crisi economica il presidente filo Usa Mauricio Macrì ha vinto le elezioni di medio termine.

Piñera aveva già vinto il primo turno ma nelle ultime settimane Guillier era sembrato prossimo a realizzare una rimonta per certi versi clamorosa ed incredibile.

A livello internazionale c’è ora interesse per le politiche economiche del neopresidente che dovrebbe basarsi sul taglio delle tasse, e misure a favore delle imprese per rilanciare la crescita. Il paese ha cifre invidiabili nel contesto latinoamericano: 1,5 per cento di deficit e 25 per cento di debito. Ma sono dati comunque alti per la sua tradizionale linea di equilibrio fiscale.

Ora i riflettori sono puntati sulle 6 elezioni presidenziali della regione che si terrà il prossimo anno, in particolare in Brasile e Colombia.

Cile: domani alle urne per ballottaggio presidenziale

Cileni domani alle urne per il ballottaggi presidenziale tra Sebastián Piñera, ex presidente e candidato del centrodestra, e Alejandro Guillier, leader del centrosinistra per una sfida che si preannunica all’ultimo voto, anche se proprio sul filo del rasoio, potrebbe spuntarla l’ex capo di stato; secondo alcuni sondaggi alla fine lo scarto sarà inferiore ai 3mila voti.

Dopo il primo turno, tenuosi lo scorso 19 novembre, Piñera sembra avviato ad una comoda vittoria ma Guillier ha saputo recuperare punto su punto tra queste due tornate, anche se molto hanno influito le allenze tra i partiti che hanno deciso di sostenere l’alfiere del centrosinistra.

A scompaginare le carte sono stati due fenomeni. In primo luogo, l’implosione di uno degli attori storici della politica nazionale del post-dittatura: la Concertación, poi diventata Nueva Mayoría, alleanza di socialisti e democristiani che, stavolta, s’è presentata divisa. Al “terremoto” nel centrosinistra si è sommato l’effetto della nuova legge elettorale, del 2015, che ha aperto spazi di partecipazione ad altre formazioni.

Italia Colonia. Gli Usa investono tra Pisa e Livorno

Nuovi investimenti militari Nato in Italia; questa volta toccherà a Pisa e Livorno piegarsi ai voleri di Washington.

L’espansione del braccio armato degli Usa questa volta ha infatti messo nel mirino il presidio militare di Camp Darby a Pisa ma strettamente connessa al porto di Livorno. I vertici militari dello Zio Sam hanno infatti stabilito di realizzare la “ferrovia della morte”, come è già stata ribattezata dalla popolazione locale.

Nello specifico la nuova strada ferrata collegherà la base militare americana alla stazione ferroviaria di Tombolo per il trasporto di armi e munizioni; oltre alla ferrovia nei desiderata dell’amministrazione statunitense anche la costruzione di un ponte girevole sul canale dei Navicelli potenziando il ‘Tombolo Dock’, il molo da cui partiranno le armi che lungo il Canale dei Navicelli (dragato, potenziato e ristrutturato con soldi pubblici) arriveranno via acqua al porto di Livorno, dove un molo aspetta le navi civili e militari Usa per il carico delle armi.

Le nuove infrastrtture andranno ad interagiere con il canale dei Navicelli che in origine, a metà del sec XVI, venne pensato come canale per collegare Pisa al porto di Livorno.

La spesa, di circa 45 milioni di dollari, dovrebbe essere a carico dell’amministrazione Usa.

La possibile realizzazione della nuova ferrovia avrà una pesante incidenza sul territorio visto che per la sua realizzazione dovranno essere abbattuti 1000 alberi nel parco naturale di zona.

A Camp Darby è custodito il più grande arsenale statunitense all’ estero. Ventimila tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi e bombe d’ aereo con 8.100 tonnellate di alto esplosivo ospitate in 125 bunker. E, ancora, gli equipaggiamenti completi per armare una brigata meccanizzata: 2.600 tra tank, blindati, jeep e camion. Nella lista ci sono tutti i migliori sistemi dell’esercito statunitense, inclusi 35 carri armati M1 Abrams e 70 veicoli da combattimento Bradley.

Egitto e Russia formalizzano contratto per centrale nucleare di Dabaa

Egitto e Russia hanno finalmente formalizzato il contratto per la costruzione della centrale nucleare di Dabaa. L’occasione per finalizzare la trattativa è stata offerta della visita del presidente russo Vladimir Putin al Cairo al termine di un incontro cui hanno preso parte il ministro dell’Elettricità del governo del Cairo, Mohamed Shaker, e il direttore generale della compagnia di stato russa per l’energia atomica, Rosatom, Aleksej Likhachev.

Due anni fa, novembre 2015 i due paesi avevano siglato un primo accordo intergovernativo per la costruzione dell’impianto nucleare di Dabaa, sulla costa del Mar Mediterraneo; il progetto prevede la realizzazione di quattro reattori nucleari della potenza di 1.200 megawatt (Mw) ciascuno. L’impianto è destinato a diventare la più grande infrastruttura realizzata dai russi in Egitto dopo la diga di Assuan.

Nel giugno 2016 è stato reso noto che le autorità egiziane e la compagnia russa per l’energia nucleare Rosatom stavano conducendo negoziati che riguardavano principalmente dettagli relativi al prestito vincolato da 25 miliardi di dollari accordato da Mosca per finanziare la costruzione della centrale. La somma dovrebbe essere ripagata con i ricavi dell’impianto entro 30 anni. Il contratto include un periodo di grazia di 12 anni, ad un tasso d’interesse al 3 per cento che potrebbe raggiungere il 150 per cento se le rate semestrali non saranno pagate entro 10 giorni.

Da quanto si apprende la centrale dovrebbe essere realizzata, e diventare quindi operativa nel 2017.

Energia, Iran e Oman puntano al gasdotto sottomarino

Iran e Oman hanno firmato un Memorandum d’intesa che dovrebbe fare da apripista al progetto per la costruzione di un gasdotto sottomarino.

L’intesa è stata firmata dai ministri del petrolio dei due Paesi a margine del summit ministeriale dell’Opec, tenutosi a Vienna. Il ministro iraniano, Bijan Namdar Zanganeh, ha spiegato che nell’accordo firmato col collega omanita, Mohammed bin Hamad al-Rumhi, le due nazioni hanno incaricato esperti di studiare gli ultimi dettagli inerenti al progetto e presentare un rapporto ai due ministri nel gennaio del 2018.

Secondo il progetto il gasdotto avrà una lunghezza complessiva di 400 chilometri; partirà dai giacimenti di gas meridionali dell’Iran, presso Assalouyeh e raggiungerà il porto di Kuhmobarak, dopo 200 chilometri di tragitto; da lìinizierà la parte sotto al Golfo Persico per circa 200 chilometri, fino a raggiungere il porto omanita di Sohar.

Scopo del progetto portare il gas iraniano nel sultanato, che ne prenderebbe una parte per il consumo interno, indirizzandone però il grosso alla raffineria di Qalhat, dove verrebbe trasformato in gas naturale liquefatto (Gnl) per la successiva esportazione nei mercati internazionali.

Zanganeh ha detto alla Shana, l’agenzia della compagnia petrolifera iraniana Nioc, che Total e Shell si sono offerte per la costruzione del gasdotto sottomarino.

Il memorandum ha però lasciato irrisolte alcune questione come ad esempio il volume di gas da esportare in Oman, alcuni dettagli tecnici legati alla costruzione del gasdotto, la formula del prezzo ed il meccanismo di finanziamento della realizzazione.

Serbia, in arrivo dalla Russia i carri armati T-72

Entro la fine del 2018 la Serbia riceverà dalla Russia 30 carri armati T-72 ammodernati in aggiunta al lotto di Mig-29 già pianificato.

Un anno fa l’allora capo del governo della Serbia, Aleksandr Vucic, oggi capo di Stato, aveva comunicato che la Russia nell’ambito dell’aiuto militare tecnologico alla Serbia avrebbe consegnato alla sue forze armate sei Mig-29, 30 carri armati T-72C e 30 BRDM-2.

Le forze armate serbe non solo riceveranno 30 carri armati in più ma, per la prima volta, avranno accesso alla tecnologia della corazza reattiva in grado di difendere i carri dalle munizioni anticarro ad alto potenziale.

Dopo la fine della guerra nella ex Yugoslavia, e soprattutto dei bomabrdamenti Nato ai danni della Serbia, Belgrado ha lentamente ricostruito la sua Difesa guardando sempre con preoccupazione alla Nato e vedendo invece in Mosca un affidabile partner. In questi anni l’esercito della Serbia ha attraversato un processo di riorganizzazione e si è liberata dei vecchi carri sovietici T-55 e adesso è dotata di 220 carri M-84, un aggiornamento del T-72m, e con diversi T-72M di riserva.

La Serbia è inoltre in contatto con la Russia per ottenere i sistemi missilistici S-300.

Gli S-300 sono una serie di sistemi missilistici terra-aria a lungo raggio realizzati in Unione sovietica prima e in Russia poi a partire dall’S-300P, la versione base. Prodotti dalla NPO Almaz sono stati sviluppati per contrastare i velivoli ed i missili da crociera nemici. Versioni successive sono efficaci anche contro i missili balistici. Dal 1993, questi missili sono prodotti congiuntamente dall’Almaz con la sudcoreana Samsung.

Il sistema S-300 venne schierato per la prima volta nel 1979 in Unione Sovietica per la difesa dei grandi centri industriali ed amministrativi, di basi militari, oltre che per il controllo dello spazio aereo nazionale.

La responsabile dello sviluppo dei sistemi S-300 è la già citata azienda russa Almaz, di proprietà del governo (conosciuta anche come KB-1), che è parte della Almaz-Antei. I missili utilizzati da questi sistemi antiaerei sono stati sviluppati dall’ufficio tecnico “Fakel”, una distinta azienda governativa nota anche come OKB-2.

L’S-300 è considerato uno dei più potenti missili antiaerei oggi disponibili. I suoi radar sono in grado di inseguire circa 100 bersagli, potendo ingaggiarne 12/24/36. Esso è in grado di raggiungere una gittata di 150-200 o 300 km e può distruggere perfino i missili balistici. L’unità di comando si trova ad una distanza di 30–40 km dagli altri elementi del sistema di combattimento. I sistemi sono completamente automatici. Il tempo di dispiegamento di questo tipo è di cinque minuti. I missili S-300 rimangono sempre sigillati, e durante la loro vita operativa non necessitano di interventi di manutenzione.

Russia pronta a fornire tecnologia militare ai paesi indiolatini

La Russia sta lavorando per fornire dei sistemi di difesa aerea a diversi paesi dell’America Latina. Lo ha detto all’agenzia di stampa russa “Sputnik” il vicedirettore generale del Servizio federale per la cooperazione tecnico-militare, Anatolij Punchuk. “C’è una grande richiesta per la tecnologia militare russa in tutto il mondo, e i paesi dell’America Latina la stanno osservando e valutando attentamente. I colloqui sull’acquisto di strumenti di difesa aerea con questi paesi sono in corso a vari livelli, ma è prematuro al momento parlare di una conclusione positiva dei negoziati”, ha detto Punchuk.

Attaulmente la Russia vanta proficue collaborazioni in ambito militare con diversi paesi della regione tra cui Cuba, Venezuela e Nicaragua.

Intensificare la propria presenza nella regione indiolatina per Mosca significherebbe replicare, anche se in tono meno aggessivo quanto fatto dagli Usa in Europa che sta lentamente circandondo il gigante russo con basi e battaglioni nei paesi dell’ex blocco sovietico.

Per il momento Putin non vuole mostrare i muscoli a Washington ma è certo che intensificare lo scambio in ambito militare con gli ex membri del giardino di casa statunitense è un chiaro segnale al Pentagono a non forzare troppo la mano nel Vecchio continente.