Fabrizio Di Ernesto

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Turchia: un voto nel segno dell’incertezza

Domenica primo novembre la Turchia tornerà al voto per le politiche a meno di 5 mesi da quelle di giugno che hanno visto il Partito giustizia e sviluppo (Akp) perdere la maggioranza assoluta dei seggi e determinare nel paese l’attuale instabilità politica. In questi cinque mesi la Turchia è cambiata molto, il boom economico si è fermato, nelle regioni sud orientali sono ripresi gli scontri con i curdi del Pkk mentre l’intervento russo in Siria ha vanificato i sogni di Erdogan di creare una zona cuscinetto in territorio siriano libero da Assad e dai curdi. In questi cinque mesi lo stesso presidente Erdogan sembra essere meno forte rispetto al recente passato con queste elezioni che appaiono come la sua ultima possibilità di poter cambiare in senso presidenziale la costituzione turca in senso presidenziale.
Gli ultimi sondaggi indicano una nuova vittoria dell’Akp che però dovrebbe rimanere sotto il 44 per cento, secondo gli analisti la quota necessaria per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. A complicare i progetti dell’Akp e di Erdogan il risultato dei filo curdi dell’Hdp che come a giugno dovrebbero superare lo sbarramento del 10 per cento ed ottenere 80 deputati sottraendoli all’Akp. 
Per dar vita ad un nuovo governo l’Akp dovrebbe allearsi ad una delle altre due forze politiche presenti in parlamento: i kemalisti del Chp, molto complicato, o i nazionalisti dell’Mhp, piú semplice anche se la scorsa estate le trattative fallirono perché i nazionalisti posero come conditio si ne qua non al premier Davutoglu la necessità di riaprire le indagini sul presunto caso di corruzione che vede coinvolti alcuni ex ministri dell’Akp ed il figlio del presidente Erdogan.
Da settimane il Chp sta conducendo trattative con l’Mhp e l’Hdp per evitare che si torni alle urne per la terza volta ma la sensazione è che una alleanza tra questi tre partiti non si realizzerà.
L’unica certezza appare la vittoria di Pirro dell’Akp che difficilmente potrà governare da solo.

La mia intervista per il portale Russia.it

L’accusa americana: Putin colpisce i “ribelli moderati”, oppositori del “macellaio Assad”. Ma chi sono questi ribelli democratici e a quale scuola di pensiero appartengono…bipolarismo inglese, presidenzialismo alla francese, economia sociale di mercato…? Ci risponde Fabrizio Di Ernesto, autore del libro “Santa Madre Russia” (Fuoco Edizioni): gli Statunitensi amano giocare con le parole per modificare a loro piacimento la realtà. Quelli che loro chiamano ribelli moderati sono quelli addestrati e armati da Washington per far cadere Assad, nemico degli Usa.

 

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Colombia: governo e Farc lavorano all’accordo di pace

Si fa sempre più concreta la possibilità di giungere ad un accordo tra il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Ieri la Prima commissione del senato colombiano ha discusso il progetto di riforma costituzionale che mira a legalizzare l’accordo di pace, concordato tra il governo e le Farc. Secondo il senatore Armando Benedetti, promotore del progetto di riforma, il progetto mira ad implementare alcuni strumenti per sviluppare il processo di pace. Il base a questo progetto di riforma costituzionale il presidente avrà nuovi poteri speciali e si coordinerà con un comitato legislativo speciale affinché le leggi vengano elaborate più velocemente e si sveltisca anche il processo di pace. Secondo quanto riferito da Benedetti la riforma verrà attuata dopo che la pace sarà diventata definitiva e controfirmata. Per quanto riguarda la tempistica il progetto di riforma dovrà essere approvato prima del 16 e della successiva chiusura del Congresso per le festività. Lo scorso 23 settembre a l’Avana il governo colombiano e le Farc hanno firmato un primo accordo nel quadro delle trattative per il processo la pace. Questo accordo ha preceduto l’accordo definitivo e il cessate il fuoco bilaterale, un provvedimento che è stato approvato dal Congresso colombiano dopo aver fissato nella Costituzione la possibilità di ricorrere a meccanismi di giustizia di transizione, con l’obiettivo di creare pene alternative a quelle contemplate dall’attuale legge per punire i crimini commessi dagli esponenti delle Farc nell’ottica di una pacificazione nazionale.