Fabrizio Di Ernesto

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Sciortino: la democrazia in Italia non esiste più

Abbiamo incontrato Filippo Scirtino, presidente d Unione movimenti liberazione, un italiano che anziché piangersi addosso ha deciso di fare qualcosa per cambiare il destino di questo paese insieme a tutti quelli che ancora non si sono arresi.

 

1) Che cos’è e come nasce l’Unione movimenti liberazione e chi è Filippo Sciortino?

Unione Movimenti Liberazione è nato perché tanta Gente comune si è accorta che qualcosa di tremendo sta capitando a noi e al nostro stupendo Paese. È formato da persone estremamente preparate che hanno a cuore il futuro di tutti gli Italiani, di qualunque orientamento politico essi siano. Perché diciamocelo, tutti hanno gli stessi problemi, tutti stanno vedendo il lavoro che gli sfugge di mano, tutti sono disperati, che abbiano votato a destra, al centro, a sinistra o la lega, sono tutti nella stessa nave che sta affondando, per questo il nostro impegno non è soltanto rivolto a tutti i cittadini italiani onesti, ma anche a tutti i nuovi movimenti che da qualche anno sono nati in Italia. Siamo sempre più convinti che l’unione fa la forza e con questo intento stiamo concretizzando alleanze con movimenti e associazioni. Unione movimenti liberazione si batte per la famiglia, per i minori, per il lavoro, per l’ambiente, ma sopratutto per il ripristino della nostra Sovranità Nazionale! Filippo Sciortino? È una persona comune, uno speaker radiofonico che ha deciso di dedicare il resto della propria vita alla lotta almeno sino a quando l’Italia non tornerà ad essere più rispettosa dei diritti degli Italiani di qualunque estrazione Sociale essi siano, ma sopratutto dove la giustizia sia vera e non solo nelle mani di pochi incapaci.

 

2) Quali sono, secondo voi, i mali dell’Italia attuale?

I mali dell’Italia?La gestione incompetente e folle con la quale chi sta governando affronta questa crisi che esiste perché loro stessi l’hanno voluta e creata, asservendosi ai poteri forti, alle banche, e ai diktat dell’Europa, in Primis l’America e la Germania, il vero problema è che in Italia oramai la democrazia non esiste più e tutta la classe dirigenziale si è allontanata così tanto dai veri problemi del popolo al punto di negare l’esistenza stessa del reale, della dittatura che hanno instaurato.

Parliamo di Lavoro: Nel 2013 in Italia hanno chiuso in media 54 imprese ogni giorno, due ogni ora. Lo scorso anno in tutta l’Italia si sono registrati 14.269 fallimenti, in crescita del 14% rispetto al 2012 e del 54% rispetto al 2009. Di fatto in cinque anni sono sparite 59.570 imprese, in un trend di costante aumento dal’inizio della crisi ad oggi, con il suo picco nell’ultimo trimestre 2013, un nuovo record di 4.257 fallimenti (+14% rispetto al quarto trimestre 2012)..

Di povertà! I nuovi poveri. Il fatto che i dormitori e i posti letto servono un’utenza da cinque a venti volte, inferiore a quella delle mense e dei servizi di distribuzione di indumenti “è poi un chiaro indicatore sia della difficoltà delle persone che vivono in una situazione di grave povertà, e non riescono a trovare alloggio adeguato per la notte, sia del fatto che le mense sono utilizzate sopratutto da immigrati, che una casa probabilmente ce l’hanno, ma che non hanno risorse sufficienti per arrivare a fine mese e usano i servizi per i senza fissa dimora per trovare gratis beni primari che altrimenti dovrebbero pagare”.

 

3) Voi state raccogliendo firme contro la depenalizzazione del reato di immigrazione

clandestina. A cosa puntate?

Ovviamente puntiamo a realizzare una gestione sostenibile dell’integrazione dando spazio a quegli immigrati che da anni, almeno 10, risiedono in Italia e si sono integrati nel pieno rispetto delle nostre leggi, ma anche ad espellere tutti coloro che non lo sono, anche con una transitoria chiusura e quindi sospensione del Trattato di Schengen come egli stesso prevede per motivi di ordine pubblico e di sanità.

 

4) Avete in programma altre iniziative di questo tipo? Ci può anticipare qualcosa?

Certo abbiamo in programma molte altre iniziative innanzitutto creare un Fondo di Solidarietà per aiutare le moltissime famiglie che vivono sotto la soglia di povertà, che oramai rappresentano la maggioranza degli italiani e se qualche benefattore dovesse accorrere in nostro aiuto la creazione di strutture dove poter ospitare queste persone incamminandole in un percorso che le porti ad essere nuovamente autosufficienti.

 

5) Cosa pensate di questa Europa?

Sicuramente che sia stata la più grande iattura che abbia mai colpito i popoli dell’occidente, a nostro parere i diktat imposti dall’Europa agli stati cui lentamente ha sottratto indebitamente quote parziali o totali di sovranità sono serviti solo per mettere in luce la sua vera anima, non una confederazione di stati europei ma un regime bancario totalitario che nel tempo ha impoverito gli stati membri portandoli alla fame. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 238/2014, ha ribadito la superiorità dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell’uomo sul diritto internazionale. Tra tali diritti fondamentali sono ovviamente ricompresi gli artt. 1,5 ed 11 Cost. In particolare, ai sensi dell’art. 1 Cost., la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme proprie del modello costituzionale. Questi limiti, fermo il riconoscimento dell’unità della Repubblica e del decentramento amministrativo di cui all’art. 5, principio opposto all’accentramento di sovranità verso Bruxelles,, sono sanciti nell’art. 11 Cost. Detta norma consente esclusivamente, in condizioni di parità con le altre nazioni, alla mere limitazioni di Sovranità volte all’adesione ad ordinamenti sovranazionali che promuovano la pace e la giustizia tra i popoli.

Fermo il vincolo di scopo e le condizioni di reciprocità, è in ogni caso chiarissimo che, come indicato nella lettera pubblicata, i Trattati UE costituiscono cessioni vietate di sovranità. Infatti l’Italia non si è limitata a contenere il proprio potere d’imperio ma ne ha ceduto l’esercizio a soggetti terzi a titolo definitivo. Cedere la sovranità, esattamente come avverrebbe in caso di un’occupazione militare, significa necessariamente cancellare la personalità giuridica della nazione e sottoporre la stessa a “ vincoli esterni ” di carattere permanente che, nello specifico dei trattati UE, riguardano anche le politiche monetarie ed economiche. Dette politiche sono oggi dirette alla stabilità finanziaria, come dichiarato nella missiva pubblicata, e non già al sostegno dell’economia reale e dell’occupazione.

 

6) Secondo voi l’Italia può ancora essere salvate da un declino che appare veloce ed

inesorabile?

Certo potremmo salvare la nostra povera Patria da un declino inesorabile e che diventerà sicuramente anche molto traumatico, ma ci deve essere la volontà del Popolo di volersi fidare di qualcuno ! perché purtroppo le classi politiche degli ultimi 20 anni, ma anche molti nuovi Movimenti…. hanno immesso nell’immaginario collettivo degli italiani che politica uguale malaffare, mentre invece non e’ così. Ci sono persone che veramente lavorano e si dedicano anima e corpo solo a valutare tutte le possibili ipotesi realistiche per poter uscire da questa melma in cui ci hanno portato, Unione movimenti liberazione è certamente un movimento che noi definiamo con orgoglio assolutamente incorruttibile e onesto che sta portando avanti molte battaglie, la più difficile? Uscire immediatamente dalla zone Euro,l’unica ancora di salvezza per il Popolo Italiano, ovvero l’annullamento di tutti i trattati firmati illegittimamente e anticostituzionali, in quanto contrari alla costituzione ( art. 1 ) ed inoltre votati e firmati da quelle persone che non abbiamo mai votato e che tecnicamente non sono state scelte dai cittadini ma dai partiti annullando di fatto la Democrazia.

Per i ciechi è sempre più buio: tagliati i fondi

La scorsa settimana il governo ha annunciato l’aumento, nella legge di stabilità, del fondo per disabili non autosufficienti e Sla portandolo da 250 a 400 milioni, un gesto propagandistico e nulla più visto che tanti disabili continueranno a non beneficiare di consistenti aiuti. A cominciare dai ciechi che, se non dovessero arrivare modifiche all’impianto attuale della norma, si troveranno ancora di più al buio.
Per continuare a leggere clicca qui—>  http://www.lanotiziagiornale.it/per-i-ciechi-e-sempre-piu-buio-tagliati-i-fondi-alle-associazioni-di-categoria-solo-15-milioni-fino-allanno-scorso-il-budget-era-4-volte-tanto/

Libano nel baratro della crisi siriana

La crisi siriana che da ormai tre anni lacera il paese guidato da Assad sta ovviamente recando danni ai paesi limitrofi. Nell’interessante saggio “Libano nel baratro della crisi siriana” edito da Poiesis i giornalisti Matteo Bressan e Laura Tangherlini hanno analizzato le ripercussioni che il conflitto ha avuto e sta avendo nel vicino Paese dei cedri.

La vicinanza geografica e politica tra i due Stati ha avuto infatti come diretta conseguenza che il Libano divenisse la meta di tutti coloro che stanno scappando dalla guerra, creando però non poche difficoltà logistiche e sociali a Beirut e dintorni. I siriani in particolare si stanno stabilizzando nella zona nord della nazione spesso in piccoli paesi la cui popolazione è perfino inferiore a quella dei rifugiati.

Se negli ultimi anni l’economia libanese aveva goduto di una buona crescita ora l’arrivo dei siriani, cui vanno aggiunti i palestinesi in fuga dalle atrocità commesse dall’entità sionista, sta danneggiando e impoverendo la popolazione locale con gli immigrati che pur di sopravvivere nel paese che li ospita sono disposti a lavorare ad un salario inferiore sottraendo risorse alla popolazione libanese.

Ciò che rende questo libro particolarmente interessante sono soprattutto le tantissime testimonianze raccolte dai due autori nel loro ultimo viaggio nel Paese dei cedri che sfugge ai freddi resoconti di chi in questi anni ha commentato i fatti siriani a migliaia di chilometri di distanza basandosi solo su fredde agenzie. Leggendo i racconti dei tanti uomini, donne e bambine incontrate per effettuare questo reportage si capisce come la guerra civile siriana stia sconvolgendo un po’ tutta la regione mediorientale, creando una generazione di persone che in futuro dovranno affrontare i fantasmi di una guerra che li ha costretti ad abbandonare le loro case, le loro vite e i loro affetti per interessi a estranei. Dalle pagine di questo libro si percepisce anche la perdita di vitalità e freschezza di questi rifugiati e di un atteggiamento dei libanesi che oscilla tra la voglia di aiutare chi in passato ha prestato loro soccorso e il fastidio di dover accogliere gli stranieri che rubano il lavoro.

Molto interessante, non solo per gli addetti ai lavori, è poi l’appendice che tramite tutta una serie di schede aiuta a comprendere i numeri di quella che sta diventando una vera e propria emergenza sociale ed anche il ruolo che sta avendo in nostro paese impegnato in Libano tramite la missioni Onu operante nel Paese dei cedri.

 

M. Bressan, L. Tangherlini “Libano nel baratro della crisi siriana”, Poiesis editrice, pagg. 322, 18,00 euro

Il petrolio da scisti, la nuova frontiera energetica

Oggigiorno le nazioni sono sempre più alla ricerca di nuove fonti energetiche che possano permettere ritmi di produzione sempre più elevati. In particolare, è il petrolio a farla da padrone tanto che non si ferma la ricerca di nuovi giacimenti sparsi per il mondo. L’ultima frontiera per ovviare il problema del probabile esaurimento delle fonti fossili si chiama scisto bituminoso, in inglese “shale oil”, cugino di quel gas di scisto che ha portato una vera e propria rivoluzione energetica negli Stati Uniti.

In pratica si tratta di sedimenti particolarmente ricchi di bitume da cui, attraverso procedimenti chimici molto complessi come la pirolisi, l’idrogenazione o la dissoluzione termica, è possibile estrarre petrolio. Questi procedimenti, antieconomici fino a pochi anni fa, stanno diventando sempre più vantaggiosi a causa dell’aumento del prezzo del greggio e grazie al miglioramento delle tecnologie estrattive, che sfruttando il nuovo mercato hanno deciso di investire pesantemente in questo segmento.

A rendere questo affare sempre più conveniente la valutazione degli esperti che hanno fatto stime molto elevate delle riserve di scisto bituminoso; gli Usa in particolare avrebbero stimato la loro quantità in circa 345 miliardi di barili, in pratica un decimo delle riserve stimate di greggio ed in grado di coprire il fabbisogno mondiale per oltre 10 anni. Le maggiori riserve si troverebbero in Russia ed Usa ma una buona quota sarebbe garantita anche alla Cina, altra potenza sempre alla ricerca di nuove sostanze energetiche.

Allo stato attuale però solo nel Nord America viene prodotto petrolio tramite questo procedimento, con Usa e Canada che puntano ad una maggiore autonomia energetica abbassando notevolmente i prezzi del petrolio e quindi della benzina.

Washington in particolare punta molto su questa nuova fonte energetica tanto che non solo sono diventati i primi produttori mondiali di scisti da fracking, ma sono ormai prossimi al raggiungimento di una sostanziale indipendenza energetica, aspetto che darebbe un grande aiuto alle casse federali, in molti ventilano perfino la possibilità di esportare anche questa petrolio. Nei palazzi del potere a stelle e strisce inoltre si sono già attivate le lobby dei produttori locali per spingere il Congresso a eliminare le attuali restrizioni di legge in materia.

Se la Russia quindi continua a ricercare e trovare nuovi giacimenti sotto i giacchi artici gli Usa rispondono estraendo petrolio in modo più economico nella speranza di contrastare lo strapotere russo in un campo sempre più fondamentale per controllare e determinare l’economia mondiale.

Mikta: i piccoli alla conquista del Mondo

Messico, Indonesia, Sud Corea, Turchia ed Australia provano a riscrivere la cartina dell’economia mondiale.

In un mondo sempre più globalizzato e con una crisi che sta mettendo in ginocchio storiche potenze economiche, l’Italia su tutte, cresce sempre di più il numero di paesi emergenti che aspirano ad un ruolo di primo piano in campo economico e politico. Se precursori sono stati in tal senso i Brics, Brasile, Russia, India e Cina, con una fugace apparizione del Sud Africa, ora è la volta delle nazioni enunciate sopra di rivendicare un posto al sole.

Mikta è l’acronimo utilizzato a livello internazionale per indicare la piattaforma informale di cooperazione instauratasi tra Città del Messico, Giacarta, Seul, Ankara e Canberra, tutti paesi stabilmente inseriti nel G20, con un Pil che oscilla dai 794miliardi e mezzo di dollari di Ankara ai 1.543 dell’Australia, e che proprio a margine delle riunioni di questo organismo hanno deciso di associarsi per fare fronte comune ad alcune questioni internazionali e confrontarsi su temi economici nel tentativo di trovare le soluzioni più vantaggiose per i loro interessi.

Il gruppo è attivo da un anno, la data di nascita ufficiale è considerata il 25 settembre 2013, quando i cinque si riunirono a New York, in seguito ad una sessione dell’Onu.

Nel corso degli incontri che si sono susseguiti in questi mesi i 5 hanno predisposto una road map comune: rafforzare i legami bilaterali e potenziare la cooperazione tra i suoi membri; aprire uno spazio di consultazione nel quadro dei Vertici del G20; promuovere un coordinamento riguardo questioni mondiali di interesse comune. Alla base di queste idee la consapevolezza che per accrescere il proprio peso nell’economia mondiale sia richiesto loro uno sforzo duraturo per non perdere le posizioni raggiunte.

Molte le differenze con i Brics, alcune rivendicate con orgoglio dai primi come ad esempio essere tutte democrazie consolidate, economie aperte, Paesi con un grande mercato interno e un tasso di inflazione moderato ed una popolazione con un potere d’acquisto sempre maggiore. Rispetto all’altro gruppo questo può inoltre contare su un posizionamento quasi globale, considerando la Turchia ponte tra Europa ed Asia l’unico continente non rappresentato è l’Africa, inoltre sono tutti paesi pienamente integrati nel sistema Occidentale ed atlantico, oltre ad essere partner politici, economici e commerciali degli Usa che eventualmente potrebbe fornire loro aiuti in tutti i campi e settori; a giocare contro di loro le dimensioni ridotte e la scarsa popolazione, un decimo di quella mondiale, poco rispetto ai Bric che da soli hanno un mercato che copre circa un terzo di quella globale.

In un recente vertici svoltosi a Roma i cinque paesi hanno discusso di temi globali di interesse comune come quello di aumentare gli sforzi collettivi per rendere più efficace l’esito dello sviluppo; l’agenda di sviluppo post 2015, sicurezza del cyberspace, cambiamento climatico, diritti umani e migrazione, cosi come la necessità di una riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

In lavorazione poi le intese per formulare un accordo di Libero scambio che, almeno in un primo momento, dovrebbe riguardare solo Messico e Turchia.

In tutto questo l’Europa dove sta?

Come abbiamo visto il mondo si muove, paesi più o meno ricchi aspirano a recitare un ruolo di primo piano nel nuovo mondo che si sta disegnando ed il grande assente appare proprio il Vecchio continente, che impegnato da oltre 60 anni nella creazione di una Unione artificiale non riesce a guardare oltre il giardino di casa e tutti gli Stati continuano ad andare alla rinfusa su tutti i grandi temi caldi dell’attualità. Nei prossimi mesi inoltre i cinque daranno vita a tutta una serie di riunioni periodiche per coordinare il loro operare politico ed economico, confermando il dinamismo che ha animato i primi mesi di attività. In Europa invece da decenni si cercare di unire, artificialmente, paesi molti affini per storia e cultura eppure l’unico risultato raggiunto è stato quello di dar vita ad una moneta che ha scontentato la maggior parte dei popoli del Vecchio continente e tutta una serie di leggi economiche e finanziarie che ne stanno frenando lo sviluppo.

Anche quando si tratta di prendere posizione a livello internazionale ogni nazione europea va per la propria strada in base agli interessi in campo ed al proprio tornaconto personale, proprio ciò che i Mikta, così come già i Brics, vogliono evitare avendo capito che in questo momento solo unendo le proprie forze paesi di medio peso nel mondo globalizzato possono riuscire a contare qualcosa e far pendere anche dalla loro parte la bilancia.

Ciò che questi paesi vogliono dimostrare come anche piccoli paesi emergenti, unendosi in posizioni comuni nei principali forum internazionali possono recitare un ruolo di primo piano nella diplomazia internazionale. In un mondo sempre più interdipendente e strettamente connesso, queste partnership e le collaborazioni sembrano essere sempre più uno strumento di equilibrio, stabilità e di prosperità, esercitando un ruolo fecondo anche su altri Paesi del mondo, potendo persino, anticipare idee e soluzioni per le sfide globali e regionali che si profilano all’orizzonte.

L’Italia ora deve saper sfruttare le nuove opportunità offerte da questi paesi, specie considerando gli ottimi rapporti che già coltiva, singolarmente, con questi.
Con il Messico è in corso un percorso di collaborazione politico-amministrativo che nei mesi scorsi ha portati alla ratifica dei Protocolli e dei Trattati in materia fiscale, doganale, di assistenza giudiziaria penale e di estradizione.
Anche con l’Indonesia, mercato emergente e dalle enormi potenzialità, l’Italia sta cercando di intensificare i rapporti bilaterali: lo testimonia il valore dell’interscambio commerciale che ha ormai raggiunto i 4,5 miliardi di euro, con prospettive di crescita davvero interessanti.

Con la Corea i rapporti bilaterali continuano a registrare importanti livelli di crescita; con Ankara la bilancia commerciale parla di 7,9 miliardi di euro annui, ed anche con l’Australia i rapporti sono solidi ed esportiamo merci e bei per 3,7 miliardi di euro.

I Mikta hanno lanciato la sfida e l’Italia, così come l’Europa, non può rimanere ancora alla finestra.

Sua Eccellenza Ruíz-Cabañas, ambasciatore del Messico in Italia ci spiega i Mikta

In un mondo globalizzato e sempre più multipolare cresce il numero delle nazioni che aspirano ad un posto al sole. Se in principio era il G7 a determinare il destino dei popoli oggi si parla di G20 e alcune di queste nazioni stanno organizzando tramite gruppi più o meno formali per portare avanti le proprie istanze.

 

Proprio in quest’ottica negli ultimi tempi Messico, Indonesia, Corea del Sud, Turchia e Australia hanno dato vita alla piattaforma Mikta che nel primo anno di vita è stata coordinata da Città del Messico e che nello scorso settembre ha passato il testimone alla Corea.

In esclusiva per i nostri lettori abbiamo incontrato Sua Eccellenza Miguel Ruiz-Cabañasa, ambasciatore del Messico in Italia che ci ha spiegato la finalità di questa collaborazione e gli obiettivi che queste nazioni intendono perseguire. Con il diplomatico abbiamo anche analizzato le differenze tra questo club e quello dei Brics, ed il diverso impatto che questi due potrebbero avere in futuro sulle riunioni del G20 o dell’Onu.

Per continuare a leggere cliccare qui –> http://www.agenziastampaitalia.it/esclusive-asi/22549-sua-eccellenza-ruiz-cabanas-ambasciatore-del-messico-in-italia-ci-spiega-i-mikta

I filosofi di Hitler, un libro di Yvonne Sherratt

Dal 1946 ad oggi sono usciti migliaia di libri sulla figura di Hitler e sul Nazionalsocialsmo, testi che hanno sviscerato tutti o quasi gli aspetti di questo movimento. Ultimo in ordine di tempo arriva, tradotto in italiano per i tipi di Bollati Boringhieri, il saggio di Yvonne Sherratt “I filosofi di Hitler” che ha indagato sulla base ideologico-filosofica che ha ispirato questo pensiero.

In base alla vulgata comune i tedeschi avrebbero subito Hitler e le sue idee contro la loro volontà e la stessa ideologia nazionalsocialista sarebbe stata il rozzo assemblamento dei pensieri espressi dal Fuhrer nel Mein Kampf, nulla di più falso visto che molti sono i testi, anche di autori importanti e insospettabili che hanno dato valenza giuridica e filosofica al regime nazista, anche per quanto attiene le posizioni antiebraiche.

Per molti versi infatti le opinioni espresse da Hitler prima della sua salita al potere erano fondate sulle teorie di filosofi e politologi tedeschi più ortodossi e conservatori. Lo stesso Hegel, un pensatore che non ha certo bisogno di presentazioni, aveva sottolineato l’importanza di uno Stato forte e l’esistenza di un destino nella storia in grado di giustificare la guerra condotta dagli Stati superiori contro quelli inferiori. Parole chiare e nette che secondo gli studiosi tedeschi però sarebbero state manipolate da Hitler che avrebbe attinto da Hegel e dagli altri padri del pensiero tedesco solo le parti funzionali al suo scopo che “prese tutti gli ingredienti che la tradizione gli offriva e con la sua personalissima alchimia li mescolò ottenendo un intruglio che tutti volevano bere”.

È però indubbio che Hitler avesse letto molto e conoscesse molto bene la tradizione tedesca e seppe scegliere i punti cardinali per fissare l’ideologia della croce uncinata. Uno di questi punti fermi fu sicuramente Richard Wagner che nel Mein Kampf viene descritto come uno dei “precursori del nazionalsocialismo” perché “chiunque voglia capire la Germania hitleriana deve prima capire Wagner”.

A posteriori anche Kant fu arruolato dal partito, senza difficoltà visto che il fondatore della moderna filosofia europea considerava l’ebraismo “retrivo” arrivando a bollare tutti i seguaci di questa religione “individui superstiziosi, primitivi e irrazionali” scrivendo nel suo saggio La religione entro i limiti della sola ragione “il giudaismo non è propriamente una religione; ma solo una riunione di una moltitudine di uomini appartenenti ad una razza particolare”.

Tra i pensatori più amati dal nazismo non poteva poi mancare Fichte, autore dei Discorsi alla nazione tedesca che oltre ad inneggiare la militarismo non solo era convinto che “i tedeschi fossero unici, perché le radici della loro lingua erano non nel latino ma in una lingua teutonica, e in quanto tali bisognava preservarne la purezza” ma in merito agli ebrei scriveva “possiamo dar loro dei diritti civili a una sola condizione: tagliar la testa a tutti loro la stessa notte, e dargliene un’altra che non contenga una sola idea ebraica”.

Molto si è scritto inoltre negli anni sull’influenza che avrebbe avuto sul nazionalsocialismo il pensiero di Nietzsche, specie dopo la manipolazione operata dalla sorella del pensatore, ma per onesta intellettuale va riconosciuto che nessuno ha messo mano alle sue parole sugli ideali democratici moderni che, testuale, “incoraggiavano la mediocrità”

Se tutti questi però sono pensatori precedenti al nazismo e si vuole credere alla favoletta del pensiero manipolato a posteriori, bisogna tenere ben presente il caso di Martin Heidegger il più famoso pensatore europeo dell’epoca che sposò in pieno in nazismo e gli diede appigli filosofici e rispettabilità accademica divenendo il tante volte annunciato Superuomo del nazismo.

Molti furono poi i pensatori e gli studiosi contemporanei più o meno importanti, come ad esempio il giurista Carl Schmitt, che aderirono in modo più o meno entusiastico od opportunistico al nazionalsocialismo, come avvenne anche in Italia con importanti uomini politici che ancora oggi rivestono ruoli di primo piano nella nostra democrazia. Con la caduta di Hitler e del suo Reich tutti o quasi rinnegarono o minimizzarono il loro apporto all’ideologia della croce uncinata ma il grande merito di questo saggio è sicuramente quello di aver dimostrato, fonti alla mano, che la Germania tra il 1933 ed il 1945 non fu solo il risultato delle idee di un uomo solo ma si basava su concetti ampiamente diffusi, anche ai più alti livelli, nella società e nella tradizione tedesca.

 

  1. Sherratt “I filosofi di Hitler”, Bollati Boringieri, pagg. 322 24,00 euro