Fabrizio Di Ernesto

Home » Posts tagged 'Petrolio'

Tag Archives: Petrolio

Venezuela, dialogo tra governo ed opposizioni per le elezioni del 2024 e il superamento delle sanzioni Usa

In vista delle elezioni presidenziali venezuelane del 2024 il governo di Maduro e le opposizioni locali, sostenute dall’amministrazione Usa, sarebbero in corso colloqui per lo svolgimento delle consultazioni elettorali con la possibilità di alleggerire le sanzioni e vendere il petrolio.

Stando a quanto riferisce la stampa Usa le opposizioni, accompagnate da funzionari di Washington tra cui il capo della missione dell’Unità per gli affari venezuelani Francisco Palmieri, avrebbero incontrato gli uomini di Maduro nelle Barbados lo scorso 16 ottobre.

Sul tavolo i dettaglio di un piano che il governo di Caracas sta negoziando con l’amministrazione di Joe Biden. L’intesa, siglata il giorno successivo, dovrebbe prevedere “elezioni eque” nelle intenzioni statunitensi.

A capovolgere la situazione rispetto al passato la necessità del presidente Joe Biden di far fronte alla crescente pressione per abbassare i prezzi del gas in vista di un anno elettorale e che proprio per questo potrebbe trarre vantaggio dalla revoca delle sanzioni sul petrolio e sul gas venezuelani. Ciò, a sua volta, reimmetterebbe denaro nell’economia stagnante del Venezuela.

Tutto ciò ha permesso l’avvio di una negoziazione parallela tra gli Stati Uniti e il Venezuela; con il sostegno del Qatar gli Stati Uniti hanno aggirato l’opposizione e si sono impegnato in incontri diretti con il governo Maduro.

Il fragile accordo potrebbe aver superato almeno in parte il suo primo test il 30 novembre, quando il governo venezuelano ha rispettato la scadenza imposta dall’amministrazione Biden per compiere passi concreti verso un voto più giusto nel 2024, annunciando la procedura per i leader dell’opposizione esclusi dell’elettorato passivo come María Corina Machado, che ha vinto a stragrande maggioranza le primarie presidenziali dell’opposizione, per cercare di ripristinare la loro possibilità di candidarsi a cariche pubbliche. Gli Stati Uniti. aveva avvertito che avrebbe ripristinato le sanzioni se Maduro non si fosse conformato.

Nonostante gli scontri, le polemiche ed il reciproco scambio di accuse Washington e Caracas hanno sempre tenuto aperto il canale del dialogo istituzionale, anche dopo che le relazioni tra le parti si sono interrotte nel 2019, quando gli Stati Uniti riconobbe l’allora presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidó come legittimo leader del paese.

Venezuela denuncia sabotaggio impianti petroliferi

Le autorità venezuelane hanno denunciato un nuovo sabotaggio ai danni dell’industria petrolifera nazionale ed indicato nelle forze conservatrici di destra i responsabili dell’accaduto.

Nello specifico l’ex ministro degli Esteri di Caracas, Alí Rodríguez Araque, ha denunciato l’esplosione avvenuta lo scorso 11 gennaio presso il Poliducto de Oriente, situato nel comune di Naricual, nella città di Barcellona, ​​stato di Anzoátegui, un impianto quanto mai strategico visto che serve a rifornire di carburante tutti gli stati orientali del paese indiolatino.

“Questa azione criminale fa parte della guerra permanente diretta da gruppi appartenenti all’estrema destra venezuelana che, protetti dall’imperialismo nordamericano, cercano di boicottare gli importanti progressi che il governo bolivariano ha realizzato all’interno del nuovo sistema produttivo”, ha affermato Rodríguez Araque che ha poi aggiunto: “tutto questo si aggiunge alle sanzioni e alle minacce cui l’industria petrolifera venezuelana è stata sottoposta, negli ultimi cinque anni, con l’intento di interrompere tutte le operazioni condotte dalla Pdvsa (la compagnia petrolifera venezuelana) nelle sue diverse aree”.

Remigio Ceballos, vicepresidente del dipartimento per la Sicurezza e la Pace dei cittadini, ha invece spiegato che l’incendio è stato progressivamente controllato, grazie al lavoro svolto dalla Direzione per la Sicurezza del Pdvsa, dalla Polizia Nazionale Bolivariana (Pnb), dalla Polizia di Stato e da quella municipale.

Petrocaribe: un bilancio a 16 anni dalla sua creazione

A 16 anni dalla sua creazione, Petrocaribe continua a rappresentare un meccanismo di integrazione che promuove lo sviluppo socioeconomico regionale, attraverso la fornitura di petrolio e finanziamenti a condizioni favorevoli ad altri paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

Petrocaribe è un’iniziativa promossa, come molte altre di questo tipo, dal Venezuela di Hugo Chavez nell’ambito dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America – Trattato del Commercio dei Popoli o ALBA-TCP, con lo scopo di dar vita ad un commercio petrolifero più equo e solidale tra le nazioni indiolatine.

Nel 2010 Chavez facendo un primo bilancio osservò che senza Petrocaribe “molti paesi avrebbero dovuto spegnere le luci e forse dichiarare bancarotta, se non fosse stato per questo progetto”.

Attualmente collaborano in questo progetto Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Cuba, Dominica, El Salvador, Grenada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Giamaica, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Suriname e Venezuela.

Fino alla fine del 2018 Petrocaribe aveva fornito 356 milioni di barili di greggio e prodotti, pari a 31,523 miliardi di dollari, di cui circa il 50 per cento finanziato a lungo termine; inoltre sono state concepite almeno otto joint venture tra PDV Caribe, S.A. e le società statali di 12 paesi membri di Petrocaribe concepite per rendere praticabile la politica di cooperazione energetica.

Attraverso queste joint venture si cerca di potenziare le capacità tecniche e tecnologiche dei paesi membri e di avanzare nello sviluppo di progetti che consentano l’uso e la gestione efficiente delle risorse energetiche disponibili.

Attraverso il rapporto tra le joint venture e le controllate PDVSA Cuba e Comsurca (Comercializadora de Suministros Regionales del Caribe), è stata raggiunta una capacità di raffinazione di 134 mila barili al giorno, distribuiti tra Giamaica, Cuba e Repubblica Dominicana.

In termini di produzione di energia elettrica, raggiunge un totale di 589,35 megawatt negli impianti termoelettrici, eolici e mini-idroelettrici installati in Nicaragua, Haiti, Giamaica, Saint Vincent e Grenadine e Saint Kitts e Nevis.

Nel 2019 i paesi che collaborano tra loro hanno realizzato 790 progetti nei settori dell’alimentazione, dell’elettricità, dell’istruzione, dell’igiene ambientale, dei servizi pubblici, dell’edilizia abitativa e della salute, tra gli altri, che hanno contribuito in modo significativo alla riduzione della povertà.

L’importanza di Petrocaribe come asse di integrazione regionale è stata evidenziata quando l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha lanciato nel 2017 un piano di contrappeso all’organizzazione, attraverso una cosiddetta “Iniziativa per la sicurezza energetica dei Caraibi”, per ridurre al minimo il suo impatto l’area.

Energia: arrivata in Bielorussia prima consegna petrolio Usa

Per la prima volta nella storia una fornitura di petrolio statunitense è giunta oggi in Bielorussia, da sempre alleato privilegiato della Russia.

Il petrolio arriverà raffineria Naftan nella regione di Vitebsk, al confine con Russia e Lettonia, ed è stato acquistato dalla compagnia Belneftekhim; il carico giunto nel porto lituano di Klaipeda è arrivato via treno.

Lo scorso 18 maggio il ministro degli Esteri bielorusso, Vladimir Makei, ha annunciato che Minsk avrebbe iniziato a importare petrolio dagli Stati Uniti. L’accordo è stato raggiunto tramite nell’ambito della visita in Bielorussia del segretario di Stato Usa Mike Pompeo e del suo incontro con il presidente Aleksandr Lukashenko”, ha detto Makei. La consegna di petrolio Usa rientra nella strategia di diversificare le fonti di approvvigionamento e di assicurare la continuità delle attività di raffinazione dell’industria bielorussa per il 2020 e gli anni successivi.

Per gli Usa si tratta di un successo politico e diplomatico, tanto che lo stesso Pompeo osservò come “l’accordo per la consegna di petrolio dagli Stati Uniti alla Bielorussia rafforza la sovranità e l’indipendenza di Minsk, dimostrando al contempo come Washington sia pronta a sostenere le aziende Usa interessate a entrare nel mercato bielorusso”.

Venezuela: opposizione contro piano benzina di Maduro

In Venezuela l’opposizione antichavista, che controlla il Parlamento, ha respinto il piano di distribuzione e vendita di benzina imposto dal governo di Nicols Maduro, sostenendo che se attuato avrebbe prodotto solo più contrabbando e corruzione nel paese.

Tra i più feroci oppositori il golpista Juan Guaidò che in video ha definito gli aumenti “irregolari ed incostituzionali” che avrebbero delle “terribili conseguenze per il paese”; per l’autoproclamato presidente ad interim, riconosciuto da circa 50 paesi tra cui gli Usa, il governo “prende in giro i venezuelani ancora di più facendo pagare la benzina in valuta estera, quando lo stipendio è in bolvares e non supera i 2 dollari al mese. Hanno messo le mani nelle tasche dei più poveri”.

Alfonso Marquina, braccio destro di Guaidò, ha rincarato la dose spiegando: “Con questo salario minimo di due dollari, i lavoratori non saranno in grado di acquistare nemmeno 80 litri di benzina al mese”, ha detto.

Nonostante il Venezuela galleggi sul petrolio attualmente nel paese manca la benzina, tanto che il governo di Maduro ha fatto arrivare 5 navi cisterna cariche di combustibile dall’Iran. La mancanza di una politica di trasformazione del greggio e le sanzioni unilaterali imposte dagli Usa hanno infatti messo in crisi il settore petrolifero che ora non riesce più a trainare il resto del paese.

Iran pronto ad inviare in Venezuela tutto il carburante necessario

L’Iran invierà carburante in Venezuela ogni volta che ce ne sarà bisogno. A dirlo l’Ambasciatore del paese indiolatino a Teheran, Carlos Antonio Alcalá, ricordando come entrambi i paesi hanno sfidato le minacce dell’imperialismo statunitense per difendere il loro diritto al libero scambio.

“Se il governo venezuelano chiede una nuova spedizione, noi manderemo carburante in quel paese”, ha sottolineato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abás Musaví.

Entrambe le parti hanno ricordato che il commercio tra le due nazioni è “legittimo” poiché entrambi i paesi sono “sottoposti a sanzioni crudeli e unilaterali da parte degli Stati Uniti che nessun paese è tenuto a rispettare”, sottolineando come “Washington abituata all’unilateralismo non può accettarlo”.

Nonostante le minacce statunitensi, quattro navi iraniane, su un totale di 5, sono finora arrivate in salvo nel porto venezuelano per depositare 245 milioni di litri di benzina; per provare a bloccare il tutto la Casa Bianca ha minacciato governi, porti, compagnie di trasporto e assicuratori in caso di aiuto e sostegno alle petroliere.

Da parte sua l’ambasciatore venezuelano in Iran ha spiegato come l’Iran con questo gesto abbia dimostrato il suo “potere geopolitico” e la sua “capacità” di sfidare l’egemonia degli Stati Uniti perché “la compravendita di carburante mostra non solo relazioni commerciali tra due paesi indipendenti, ma mostra anche sanzioni unilaterali da parte della Casa Bianca che però non impediranno questa azione”.

La nascita di un’asse tra Caracas e Teheran nel comparto petrolifero potrebbe mutare notevolmente i rapporti globali in materia, anche se solo l’adesione della Russia e della Cina a questo progetto potrebbe produrre una vera e propria rivoluzione epocale ad iniziare magari da una valutazione dell’oro nero non più in dollari ma in un’altra valuta.

Giunte in Venezuela le navi cisterna iraniane

Sono giunte nelle acque territoriali del Venezuela le due navi cisterna iraniane con la benzina necessaria al paese bolivariano.

La seconda nave è giunta questa mattina ed a breve dovrebbe attraccare al porto della raffineria di El Palito, situato nel comune di Puerto Cabello, sulle coste dello stato di Carabobo; la pattuglia oceanica Yekuana, di nazionalità venezuelana, ha già incontrato la nave cisterna in acque internazionali e inizia la missione di scortarla.

Con queste due navi si rafforzare il legame politico ed economico tra due paesi considerati “dittature” dagli Usa e per questo osteggiati da parte della comunità internazionale. Il carico si è reso necessario a causa della mancanza di benzina nel paese indiolatino che pure è uno dei paesi più ricchi di petrolio.

Quello del Venezuela in tal senso è un vero e proprio paradosso se si considera la grande ricchezza del sottosuolo del paese ma da sempre Caracas ha preferito investire nell’esportazione del greggio, più redditizia, rispetto alla lavorazione in loco del petrolio.

Ora a causa delle sanzioni imposte unilateralmente da Washington, dalla grave crisi economica che sta vivendo il paese per numerose ragioni e l’emergenza planetaria legata al Covid-19 il paese è praticamente rimasto senza benzina e quindi si è reso necessario importarlo dall’Iran che così può iniziare ad inserirsi nel mercato sudamericano.

Petrolio: raggiunta intesa per taglio produzione con soddisfazione di Putin

L’accordo raggiunto ieri sul taglio della produzione petrolifera ha lasciato particolarmente soddisfatto il presidente russo Vladimir Putin, che si era molto speso in tal senso.

Parlando a nome dell’uomo forte di Mosca, Dmitrij Peskov, il portavoce del Cremlino, ha spiegato che “l’intesa è frutto del compromesso raggiunto tra 22 paesi sui 23 che hanno partecipato. Il documento finale è stato definito molto positivo dal presidente: al momento continuano le consultazioni con le autorità messicane, che speriamo accettino i parametri concordati insieme agli altri paesi. L’accordo avrà un impatto estremamente positivo sui mercati internazionali”.

Ieri il cosiddetto Opec+, che oltre ai paesi esportatori di petrolio raggruppava anche i paesi come la Russia che non ne fanno parte, ha raggiunto un accordo per un taglio record della produzione di petrolio greggio, pari ad oltre un quinto della produzione complessiva attuale. Nello specifico si tratta di un taglio di 10 milioni di barili di petrolio al giorno per i prossimi due mesi per cercare di

stabilizzare un mercato affossato dal coronavirus; più nel dettaglio l’Arabia Saudita taglierà la sua produzione di quattro milioni di barili al giorno mentre la Russia di due e con tutti i membri d’accordo per una riduzione del 23%.

Nei giorni scorsi anche il presidente statunitense Donald Trump aveva fatto pressione affinché i paesi interessati arrivassero ad un’intesa pur precisando che la produzione degli Usa avrebbe comunque seguito la riduzione della domanda.

Iran inaugura nuova piattaforma petrolifera in segno di sfida alle sanzioni statunitensi

L’Iran ha inaugurato una nuova piattaforma petrolifera, la Fath 72, tornando a sfidare le sanzioni unilaterali varate dagli Usa. In totale è la sesta realizzata dalla Repubblica islamica ma la prima dopo le restrizioni imposte dall’amministrazione Trump. Ne ha dato notizia il ministro per il Petrolio Biyan Namdar Zangane.

Chiamata Fath 72, la piattaforma è stata progettata e prodotta interamente da esperti della National Iranian Drilling Company (Nidc) e del Centro accademico per l’istruzione, la cultura e la ricerca (Acecr).

Inaugurando la piattaforma il ministro ha affermato che “saranno necessarie ulteriori attrezzature e accessori per la perforazione per sfruttare appieno le capacità del paese anche se la costruzione di Fath 72 ha costituito una delle principali aspirazioni dell’industria petrolifera”.

In merito alle sanzioni statunitensi il rappresentante di Teheran ha ribadito che il settore petrolifero e quello del gas sono sempre più attivi nella lotta contro “la politica di massima pressione” applicata dal governo di Washington, sottolineando anche la necessità di “rafforzare la produzione nazionale in un momento in cui l’Iran deve far fronte a sanzioni”.

Usa accusano russa Rosneft di aver aiutato la Pdvsa ad aggirare le sanzioni

Nuovo scontro politico tra Usa e Russia. Questa volta Washington accusa la compagnia petrolifera russa Rosneft di aver aiutato la compagnia di stato venezuelana Pdvsa ad esportare petrolio aggirando così le sanzioni unilaterali colpendo con la medesima misura la compagnia russa.

Il Venezuela ha ovviamente criticato la decisione e con Jorge Arreaza, ministro degli Esteri di Caracas, ha affermato che “queste misure sono contro il popolo venezuelano, contro i lavoratori della Pdvsa, contro la possibilità che possiamo vendere più petrolio per lo sviluppo del paese. Queste misure arbitrarie contro la società russa Rosneft, violano il diritto al libero scambio e alla libera impresa. Aggiungeremo queste azioni unilaterali alla denuncia penale che abbiamo presentato contro i funzionari degli Stati Uniti dinanzi al Tribunale penale internazionale”.

Come anticipato sopra, a gennaio scorso gli Usa hanno varato nuove sanzioni contro la compagnia venezuelana per impedire che altri paesi acquistino e rivendano il petrolio del paese indiolatino; inoltre il Dipartimento del Tesoro statunitense ha imposto sanzioni contro una filiale svizzera della compagnia petrolifera russa Rosneft per i suoi legami con il governo di Nicolás Maduro. Steven Mnuchin, segretario al Tesoro degli Usa ha dichiarato che la decisione è stata presa perché la Rosneft ha negoziato la vendita e il trasporto di petrolio greggio venezuelano. Gli Stati Uniti sono determinati a impedire il saccheggio della ricchezza petrolifera venezuelana da parte del corrotto regime di Maduro”.

Nel documento con cui annunciava le sanzioni il Dipartimento del Tesoro ha denunciato diverse operazioni in cui Rosneft avrebbe aiutato la compagnia petrolifera statale venezuelana ad esportare la sua produzione. In particolare, lo scorso gennaio la compagnia petrolifera russa avrebbe facilitato la spedizione di una spedizione di due milioni di barili di greggio venezuelano verso l’Africa occidentale. Nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno le due società avrebbero inoltre distribuito 55 milioni di barili di petrolio.

La Rosneft è presente in Venezuela dal governo dai tempi della presidenza di Hugo Chávez; a differenza di altre compagnie petrolifere, che sono state espropriate o hanno lasciato il paese a loro discrezione, i russi hanno mantenuto la loro attività e investimenti.

Nell’ambito degli accordi raggiunti tra Rosneft e il governo venezuelano, la compagnia petrolifera ha acquisito parte della proprietà di numerosi giacimenti petroliferi; inoltre nell’ultimo trimestre del 2018, il Venezuela gli ha concesso una licenza per gestire il 100% di due giacimenti di gas, a Mejillones e Patao.

Pdvsa ha anche concesso a Rosneft una garanzia del 49,9% di Citgo Petroleum in cambio di un prestito di1,5 miliardi di dollari.