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Crisi diplomatica tra Messico e Perù
Il presidente del Messico, Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), ha annunciato il congelamento delle relazioni commerciali con il Perù. La decisione arriva dopo le polemiche degli ultimi mesi sorte tra i due paesi in seguito all’avvento nel paese andino del governo di Dina Boluarte al posto di Pedro Castillo.
“Fino a che non sarà ristabilita una normalità democratica non vogliamo avere relazioni economiche né commerciali con il Perù”, ha spiegato il primo mandatario di Città del Messico rispondendo a una domanda riguardante il passaggio di consegne alla guida dell’Alleanza del Pacifico che dovrebbe avvenire proprio tra Messico e Perù.
Sempre Lopez Obrador ha comunque precisato che “si tratta di una semplice pausa e non di una rottura” aggiungendo di voler passare la presidenza dell’Alleanza al Cile, che integra il blocco insieme anche alla Colombia.
La decisione del presidente messicano si inserisce nel contesto di un inasprimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi che nei giorni precedenti aveva visto il plenum del Parlamento peruviano approvare una mozione, con 65 voti a favore e 40 contrari, attraverso cui si dichiarava Lopez Obrador “persona non grata” nel Paese. Nelle motivazioni della mozione si ricordano le ripetute ingerenze negli affari interni peruviani del presidente messicano con ‘dichiarazioni sulla situazione politica in Perù.
A complicare i rapporti tra i due paesi una dichiarazione del capo di Stato messicano in cui definiva “usurpatrice” l’omologa peruviana che avrebbe compiuto un colpo di Stato assumendo illegittimamente la successione di Castillo, consigliandole di restituire l’incarico all’ex presidente attualmente in carcere.
Per l’Onu la repressione in Perù è stata eccessiva
La repressione attuata in Perù dalle forze di sicurezza è stata eccessiva. Ad affermarlo Clément Nyaletsossi Voule, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’espressione pacifica, all’assemblea e all’associazione, relazionando al Palazzo di vetro.
In una conferenza stampa sulla situazione dei diritti umani in Perù, il funzionario Onu ha ufficialmente chiesto al governo di Lima di essere trasparente nelle indagini sulla morte di civili durante le proteste antigovernative.
Nyaletsossi Voule ha auspicato che le indagini “siano svolte in modo indipendente e che includano le vittime per scoprire esattamente cosa è successo e in quali circostanze si è verificato l’uso eccessivo della forza. Non vogliamo l’impunità, vogliamo trasparenza e responsabilità. Rimarremo vigili per garantire che le indagini siano conformi al diritto internazionale”.
Secondo il rappresentante delle Nazioni unite il governo peruviano ha l’obbligo di garantire che i responsabili delle violazioni dei diritti umani durante le proteste siano effettivamente tenuti a renderne conto.
Allo stesso modo, ha insistito sul fatto che per superare questa “situazione critica”, il Paese deve intraprendere diverse riforme politiche che includano “le rivendicazioni di persone che si sentono abbandonate dallo Stato, a causa della loro condizione di povertà, discriminazione o disuguaglianza di opportunità”.
Per il rappresentante del Palazzo di vetro è “molto importante” capire la radice delle proteste, perché la gente è scesa in piazza e ha assicurato che si trattava di un motivo politico, economico e sociale e di conseguenza “le proteste sono state un’espressione delle profonde lacune che ha il Paese”.
Nyaletsossi Voule ha visitato il paese andino per dieci giorni, visitando diverse città e comunità e incontrando varie autorità, tra cui la presidente Dina Boluarte, e attori della società civile.
Le proteste in Perù sono divampate dopo il fallito autogolpe del presidente Pedro Castillo, catalogato dal relatore Onu come una “interruzione incostituzionale dell’ordine” che ha finora causato 77 morti, 49 dei quali dopo essersi scontrati direttamente con le forze dell’ordine.
A proposito, Nyaletsossi Voule ha confessato che durante la sua permanenza nel Paese sudamericano ha fatto visita all’ex presidente Pedro Castillo nel carcere speciale di massima sicurezza dove si trova dopo la sua destituzione da parte del Congresso il 7 dicembre 2021.
Perù, cittadini disapprovano atteggiamento Congresso
La quasi totalità dei peruviani, per la precisione il 91% dei cittadini, disapprova il lavoro del Congresso della Repubblica. Lo rileva un sondaggio condotto dall’Istituto di studi peruviani (Iep) i cui risultati sono stati pubblicati questa domenica sui media locali.
La scarsa sintonia tra il Parlamento e i cittadini si ripercuote anche nei confronti del presidente nominato Dina Boluarte che è sostenuto da appena il 15% dei cittadini mentre la contesta il 78%.
La rilevazione osserva come la metà della popolazione ritenga che sarebbe opportuno anticipare alla fine dell’anno le elezioni anche se un 43% è convinto che ciò non accadrà.
In merito alla possibilità che la Boluarte possa dimettersi più della metà degli intervistati, il 53%, è convinto che non lo farà nonostante le proteste e gli scontri di piazza, mentre il 41% è possibilistà in merito.
Tra i motivi che hanno scatenato le proteste dei cittadini, lo scorso dicembre, la destituzione e la carcerazione dell’ex presidente Pedro Castillo e la richiesta di anticipare entro al fine dell’anno, o al massimo al 2024, le elezioni presidenziali previste per il 2025.
Perù, popolarità di Boluarte ai minimi
Sempre più scollamento in Perù tra il presidente Dina Boularte e la popolazione. Più di tre cileni su quattro infatti condannano l’atteggiamento del Capo di Stato, mentre nove su dieci disapprovano il comportamento del congresso. A riferirlo un sondaggio condotto dall’Istituto di studi peruviani (Iep).
La ricerca, svolta la scorsa settimana, rivela anche che l’insoddisfazione dei cittadini per l’operato della Boluarte è all’86% nelle regioni meridionali del paese, ovvero quelle dove si registrano i principali scontri tra cittadini e forze di polizia. A livello nazionale invece il 73% degli intervistati ritiene che debba dimettersi.
Il sondaggio evidenzia anche come il 69% ritenga opportuno indire nuove elezioni politiche entro l’anno, mentre un 19% aspetterebbe il prossimo.
Poco meno della metà degli intervistati, il 47%, si è detto favorevole ad apportare modifiche alla Costituzione, mentre più di uno su tre, il 36% la sostituirebbe completamente.
Solo nelle scorse settimane il Congresso ha respinto quattro mozioni che chiedevano di indire nuove elezioni, dando seguito ad una delle principali richieste della popolazione che sta protestando dallo scorso dicembre. In questi mesi la repressione della polizia ha provocato la morte di circa 70 manifestanti mentre il capo dello Stato rifiuta di lasciare l’incarico, affermando che le sue dimissioni “non sono in gioco”.
Perù, il Parlamento ha votato la fiducia al governo Boluarte
Il Parlamento peruviano ha concesso ieri, martedì 10 gennaio, la fiducia al governo presieduto da
Alberto Otárola, confermando il sostegno all’operato dell’esecutivo e delle forze di sicurezza nonostante i 47 morti registrati dalla caduta del presidente Pedro Castillo avvenuta lo scorso 7 dicembre.
La fiducia è arrivata con 73 voti a favore, 43 contrari e sei astenuti. In favore del nuovo esecutivo i movimenti di destra guidati dalla Forza popolare mentre i movimenti progressisti non hanno accordato il sostegno al nuovo governo.
Durante il dibattito, il portavoce di Cambio Democrático, Édgar Reymundo, ha affermato che il governo Boluarte può annoverare più morti che giorni al potere, rendendo di fatto impossibile il voto in suo favore.
All’inizio di dicembre il Congresso ha rimosso il presidente eletto Pedro Castillo, che era stato imprigionato con l’accusa di presunta ribellione, nominando al suo posto Boluarte, che era vicepresidente.
La notizia della fiducia al nuovo governo ha provocato nuove manifestazioni di piazza in diverse città del Perù, nella capitale c’è stata una marcia del tribunale al Parlamento per esprimere il malcontento della popolazione verso l’esecutivo. Sempre a Lima decine di persone hanno invece manifestato davanti al comando interforze delle Forze armate.
Intanto nel dipartimento di Puno, nel sud del paese continuano le proteste della popolazione contro la repressione effettuata dalla polizia che avrebbe causato almeno 17 morti.
Oggi intanto è atteso nel paese indiolatino l’arrivo di una delegazione della Commissione interamericana dei diritti umani per valutare la situazione delle garanzie individuali e fare il punto sulla portata delle proteste.
Perù, ancora repressione a Juliaca. Almeno 17 i morti in una settimana
È di almeno 17 vittime il bilancio, provvisorio, della repressione in Perù, operata dalle forze di sicurezza nella città di Juliaca, nel dipartimento di Puno, contro i manifestanti che chiedevano le dimissioni del presidente designato Dina Boluarte e la chiusura del Congresso.
I disordini sono iniziati una settimana fa per chiedere il rilascio dell’ex presidente peruviano Pedro Castillo; i disordini più gravi sono stati registrati nella città di Juliaca dove la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti. Anche se contro il presidente Boluarte ci sono state manifestazioni anche nelle regioni di Arequipa, Cusco e Tacna.
La situazione nel paese indiolatino è critica in seguito alla decisione presa lo scorso 7 dicembre dal Congresso di rimuovere rimosso il presidente Castillo, arrestato con l’accusa di presunta ribellione, nominando al suo posto il vicepresidente Boluarte.
Alcune organizzazioni umanitarie denunciano come da un mese a questa parte siano morte almeno 46 persone in seguito agli scontri, tanto che il premier, Alberto Otárola, ha annunciato ieri maggiori misure di sicurezza bollando le manifestazioni come “un tentativo di colpo di Stato”.
“Sono morti dei compatrioti. Morti che esprimono la responsabilità diretta di coloro che vogliono compiere un colpo di stato nel Paese”, ha sottolineato Otárola, accompagnato dal resto dei ministri peruviani.
Il capo del governo ha poi chiesto alla Procura di “catturare e perseguire coloro che stanno distruggendo il Paese finanziati da interessi stranieri dai soldi oscuri del traffico di droga”.
Perù: per presidente Castillo diritto di veto al referendum antidemocratico
Il primo mandatario peruviano Pedro Castillo, ha affermato che il Congresso nazionale viola la volontà popolare, definendo antidemocratica la decisione di porre il veto su un referendum per indire una nuova Assemblea costituente.
“Non permetteremo che la partecipazione politica dei peruviani venga violata, sottovalutando, condizionando e sottoponendo la loro volontà alla mercé del solo parere del Congresso”, ha tuonato il presidente.
Il presidente ed il governo si erano già espressi a dicembre sul testo del referendum ma il Parlamento ha deciso ugualmente di ratificare il potere di veto con una rapidità insolita e senza discutere i dettagli e le osservazioni sollevate dal governo.
Nel suo intervento il capo dello Stato ha ribadito i suoi criteri per impugnare la norma dinanzi alla Corte costituzionale, in quanto “antidemocratica e incostituzionale”, oltre che contraria alla volontà popolare di convocare un’assemblea costituente.
“Il Perù ha bisogno di essere rifondato di fronte a una crisi evidente, dando il potere unico ai cittadini”, ha aggiunto il presidente, insistendo sulla necessità di riscrivere la Costituzione.
Con 72 voti favorevoli, compreso quello del presidente del Congresso, Maricarmen Alva, 44 contrari e senza astensioni, il Parlamento ha varato la norma secondo la quale “tutte le iniziative di riforma costituzionale, che sono sottoposte alla consultazione popolare, devono prima passare attraverso la giurisdizione parlamentare”, come si legge nel comunicato del Congresso.
Commentando il voto del Parlamento, il capo dello Stato ha definito la nuova legge un “attacco alla popolazione che da anni chiede il cambio di una Costituzione concepita nella dittatura”, riferendosi a quella varata dal governo neoliberista di Alberto Fujimori, che attualmente trova in carcere per crimini contro l’umanità e corruzione.
Secondo Castillo, il Congresso, controllato dall’opposizione, “dimentica che il potere dello Stato è emanato dal popolo ed è dovuto alla sua rappresentatività e i cittadini hanno il diritto di scommettere sul proprio benessere”.
Contro il voto della Camera si è espresso anche l’esponente di Acion popular (Ap), Yonhy Lescano, già candidato alla presidenza, anche perché il suo partito si propone da anni di cambiare la Costituzione.
Perù: ha giurato il nuovo governo
Il presidente del Perù Pedro Castillo ha presenziato ieri al giuramento del nuovo governo di Mirtha Vasquez nel corso di una cerimonia tenutasi nella Sala d’oro del Palazzo del governo di Lima.
Il presidente Castillo prende il posto del dimissionario Guido Bellido.
Per quanto riguarda la composizione del governo Carlos Gallardo succede a Juan Callido come ministro dell’Educazione; mentre Luis Roberto Varranzuela assumerà la carica di ministro degli Interni, in sostituzione di Juan Carrasco. Al ministero del Lavoro e della promozione dell’occupazione la deputata di Perù libre Betsy Cháve; Eduardo González sarà alla guida del Ministero dell’Energia e delle Miniere in sostituzione di Iván Merino; José Incio come Ministro della Produzione sostituisce Yván Quispe; e Gisela Ortiz Perea alla Cultura, in sostituzione di Ciro Gálvez.
Il Capo dello Stato ha ratificato anche Óscar Maúrtua come ministro degli Esteri, e Hernando Cevallos a capo del portafoglio Sanità, uno dei settori che più intende promuovere all’interno dell’Esecutivo, soprattutto dopo che il Covid- 19, che ha rivelato tutte le vulnerabilità nel sistema sanitario peruviano.
Solo poche ore prima del giuramento il presidente Castillo aveva accettato le dimissioni “irrevocabili” presentate dal primo ministro Guido Bellido. In precedenza il premier aveva inviato una lettera al capo dello stato lasciando intendere di avere deciso di rassegnare le dimissioni come da lui richieste. Bellido lascia l’incarico dopo poco più di due mesi e dopo essere stato al centro di critiche per aver mostrato poca preparazione per svolgere il ruolo e per la sua vicinanza al leader del partito Perù libre, Vladimir Cerrò.
Perù, è sfida all’ultimo voto per le presidenziali
Nelle presidenziali in Perù è testa a testa tra il candidato di sinistra Pedro Castillo del Partido politico national Perù libreed il conservatore Keiko Fujmori di Fierza Popular con un risultato che vede il primo avanti con il 50,28% dei voti con il voto dei residenti all’estero che potrebbe ribaltare tutto, lo scrutinio di questi voti infatti vedeva Fujmori avanti con il 64,4% dei voti anche se erano state aperte meno del 30% delle schede.
Il voto segna una mappa ben precisa del voto con Fujmori nettamente più votato nelle zone urbane mentre Castillo ha operato la rimonta e il sorpasso grazie ai voti delle zone più rurali del paese.
Oltre che sui voti provenienti dall’estero la sfida potrebbe decidersi anche a suon di carte bollate, attualmente ci sono circa 300mila voti contesi di cui “l’80% a favore di Fujmori” almeno stando a quanto dichiarato dal candidato alla vicepresidenza Luis Gallareta.
Unanimi i commenti di media ed esperti peruviani, che hanno evocato un “Paese spaccato” e un’opinione pubblica “polarizzata” e le scontate difficoltà a cui dovrà far fronte qualunque dei due candidati, non avendo una consistente presenza nel Congresso e destinato a formare un governo quasi sicuramente senza solida maggioranza parlamentare. Un lavoro di alleanze complesso aspetta dunque il vincitore, dato che il nuovo Parlamento di 130 membri emerso dalle elezioni dell’11 aprile è formato da ben undici partiti in conflitto fra loro e da tre indipendenti.
Perù: presidente Sagasti ha avviato dialogo con le forze parlamentari
Il neopresidente cileno Francisco Sagasti ha avviato il dialogo con le forze parlamentari per traghettare il paese fuori dalla crisi politica e sociale in cui è precipitato.
Il ciclo dei dialoghi toccherà vari temi tra cui la lotta al Covid-19, le elezioni, la ripresa dell’economia, la sicurezza dei cittadini e l’istruzione.
Sagasti ha ricevuto nel Palazzo del Governo i rappresentanti parlamentari dell’Alleanza per il Progresso (App) e del Fronte Agrario Popolare (Frepap).
Al termine della riunione, il leader dell’APP, César Acuña, ha affermato di aver espresso il sostegno del suo gruppo politico a Sagasti e ha sottolineato che “sarebbe irresponsabile” per i membri del Congresso del suo partito non votare a favore della concessione della fiducia al governo di Violeta Bermúdez.
I colloqui proseguiranno nei prossimi giorni con gli altri sette movimenti presenti in Parlamento.
In base a quanto riferito dalla stampa a questi incontri prenderanno parte i presidenti del Congresso della Repubblica, della magistratura e del Consiglio nazionale di giustizia, nonché il Procuratore generale e il Difensore civico.
Nelle ultime settimane il Perù ha attraverso un periodo molto difficile che ha visto alternarsi al potere tre diversi Capi di Stato.