Fabrizio Di Ernesto

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Per l’Onu la repressione in Perù è stata eccessiva

La repressione attuata in Perù dalle forze di sicurezza è stata eccessiva. Ad affermarlo Clément Nyaletsossi Voule, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’espressione pacifica, all’assemblea e all’associazione, relazionando al Palazzo di vetro.

In una conferenza stampa sulla situazione dei diritti umani in Perù, il funzionario Onu ha ufficialmente chiesto al governo di Lima di essere trasparente nelle indagini sulla morte di civili durante le proteste antigovernative.

Nyaletsossi Voule ha auspicato che le indagini “siano svolte in modo indipendente e che includano le vittime per scoprire esattamente cosa è successo e in quali circostanze si è verificato l’uso eccessivo della forza. Non vogliamo l’impunità, vogliamo trasparenza e responsabilità. Rimarremo vigili per garantire che le indagini siano conformi al diritto internazionale”.

Secondo il rappresentante delle Nazioni unite il governo peruviano ha l’obbligo di garantire che i responsabili delle violazioni dei diritti umani durante le proteste siano effettivamente tenuti a renderne conto.

Allo stesso modo, ha insistito sul fatto che per superare questa “situazione critica”, il Paese deve intraprendere diverse riforme politiche che includano “le rivendicazioni di persone che si sentono abbandonate dallo Stato, a causa della loro condizione di povertà, discriminazione o disuguaglianza di opportunità”.

Per il rappresentante del Palazzo di vetro è “molto importante” capire la radice delle proteste, perché la gente è scesa in piazza e ha assicurato che si trattava di un motivo politico, economico e sociale e di conseguenza “le proteste sono state un’espressione delle profonde lacune che ha il Paese”.

Nyaletsossi Voule ha visitato il paese andino per dieci giorni, visitando diverse città e comunità e incontrando varie autorità, tra cui la presidente Dina Boluarte, e attori della società civile.

Le proteste in Perù sono divampate dopo il fallito autogolpe del presidente Pedro Castillo, catalogato dal relatore Onu come una “interruzione incostituzionale dell’ordine” che ha finora causato 77 morti, 49 dei quali dopo essersi scontrati direttamente con le forze dell’ordine.

A proposito, Nyaletsossi Voule ha confessato che durante la sua permanenza nel Paese sudamericano ha fatto visita all’ex presidente Pedro Castillo nel carcere speciale di massima sicurezza dove si trova dopo la sua destituzione da parte del Congresso il 7 dicembre 2021.

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Per l’Onu la situazione umanitaria di Haiti è critica

L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha chiesto un sostegno immediato per Haiti e spiegando che il paese caraibico “è sospeso sull’orlo del precipizio”.

Türk ha parlato tramite un videomessaggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu, durante una seduta in cui ha ricordato: “ho visitato il paese a febbraio. È sospeso sull’orlo del precipizio”.

Il diplomatico ha aggiunto che “l’incapacità dello Stato di garantire i diritti umani ha minato completamente la fiducia delle persone. Il contratto sociale è crollato. L’attuale anarchia è un’emergenza di diritti umani che esige una risposta forte”.

Secondo il rappresentante del Palazzo di Vetro le istituzioni locali “hanno bisogno di sostegno immediato, attraverso il dispiegamento di una forza di supporto specializzata che rispetti i diritti umani, con un piano d’azione globale”.

Le dichiarazioni di Türk arrivano dopo che la scorsa settimana il nuovo inviato delle Nazioni Unite ad Haiti, María Isabel Salvador, aveva sottolineato che il “terrore” inflitto alla popolazione dalle bande si sta diffondendo “a un ritmo allarmante”.

In base ai dati ufficiali tra il I gennaio e il 31 marzo il numero di omicidi denunciati ad Haiti è aumentato del 21% rispetto al trimestre precedente (815 contro 673) e il numero di rapimenti del 63% (637 contro 391).

In questo contesto, l’Onu chiede da mesi l’invio di una forza armata internazionale specializzata con il pretesto di aiutare la Polizia a ristabilire l’ordine. In ottobre, infatti, il suo segretario generale, Antonio Guterres, ha trasmesso per la prima volta al Consiglio di sicurezza un appello in tal senso del primo ministro haitiano, Ariel Henry. Vari paesi hanno dato la loro disponibilità a partecipare ad una eventuale missione umanitaria nel paese ma nessuno ha avanzato la proposta di guidarla.

Honduras: presidente Castro chiederà ad Onu istituzione Cicih

La nuova presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, invierà questa settimana una richiesta all’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) affinché la Commissione internazionale contro l’impunità (Cicih) possa essere insediata nel Paese centroamericano.

Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Eduardo Enrique Reina ricordando che questa è una delle promesse della campagna elettorale di Xiomara Castro e una priorità per i primi 100 giorni del suo governo.

“Stiamo lavorando dalle settimane precedenti alla preparazione della bozza e questa settimana invieremo la richiesta ufficiale al segretario generale Antonio Guterres”, ha spiegato l’esponente del governo honduregno che però non ha fornito indicazioni in merito alla data di una possibile risposta e dell’eventuale insediamento della richiesta commissione anticorruzione, pur assicurando che il presidente interverrà in tal senso quanto prima.

Nel 2016, una missione di supporto contro la corruzione e l’impunità, Maccih, sponsorizzata dall’Organizzazione degli Stati americani (OAS), è stata insediata in Honduras, ma è stata sciolta nel gennaio 2020 dopo disaccordi con l’allora presidente Juan Orlando Hernández.

Messico riceve sostegno per Piano Fraternità e Welfare

Circa cento paesi hanno mostrato il loro sostegno al Piano mondiale per la fraternità e il benessere, proposto dal Messico tramite il presidente Andrés Manuel López Obrador. A riferirlo il ministro degli Esteri di Città del Messico Marcelo Ebrard.

L’iniziativa mira a ridurre sensibilmente la povertà nel mondo e a tal fine si propone di raccogliere circa il quattro per cento del capitale delle aziende e delle persone più potenti del mondo realizzando un fondo destinato a questo scopo.

Il governo del paese indiolatino ha anche proposto che i paesi che fanno parte del G20 contribuiscano a risolvere il problema della fame nel mondo destinando a questo scopo lo 0,2% del loro Prodotto interno lordo (Pil); secondo le prime stime l’obiettivo annuale sarebbe quello di generare una cifra vicina ai mille miliardi di dollari che verrebbe consegnata a circa 750 milioni di persone che vivono con meno di due dollari al giorno e avrebbe anche il sostegno del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale.

Il piano è stato proposto ufficialmente dal presidente Lopez Obrador una settimana fa nel corso di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu presieduta nell’occasione proprio dal primo mandatario messicano.

Venezuela denuncia all’Onu strategia Usa e Colombia per organizzare un’aggressione militare

Samuel Moncada, ambasciatore di Caracas presso l’Onu ha denunciato l’intenzione degli Stati Uniti (USA) e della Colombia di realizzare un’aggressione militare contro il suo paese attraverso un’operazione “false flag”.

Attraverso una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro Moncada ha messo in guardia sul fatto che le continue dichiarazioni dell’esecutivo colombiano puntano a realizzare un’operazione per attaccare il Venezuela con mezzi militari.

Nella missiva il rappresentante di Caracas ha ricordato quando il primo mandatario colombiano Ivan Duque ha accusato Caracas senza prove di “ospitare criminali come gli insorti Iván Marques e Romaña” e come l’uomo forte di Bogotà abbia suggerito “una dichiarazione degli Stati Uniti”.

Secondo il politico venezuelano la Colombia continua a sostenere che Caracas “oltre ad essere una dittatura, apre porte e finestre alla guerriglia terrorista” sudamericana.

Il nuovo scontro diplomatico tra Caracas e Bogotà è scoppiato mentre in Messico il dialogo tra il governo di Maduro e le opposizioni continua con buoni risultati, ma nonostante il riconoscimento da parte dei paesi garanti e della stessa Onu per il Venezuela per i suoi progressi nel dialogo, il presidente colombiano, mette in dubbio il fatto che le parti possano arrivare ad una soluzione condivisa.

Colombia, fra un mese visita IACHR per indagare su violenze

Si terrà solamente a fine giugno la visita in Colombia dei delegati dell’IACHR, la Commissione interamericana per i diritti umani, per indagare sulle denunce presentate dalle parti sociali sulle violenze avvenute nei giorni scorsi nel paese indiolatino.

Prima di un mese l’Iachr non potrà avviare alcuna indagine perché il governo di Bogotà non ha dato il proprio consenso, ad annunciarlo il vicepresidente Marta Lucia Ramirez nel corso della sua visita a Washington dove ha incontrato Antonia Urrejola, presidente dell’ente e altri alti funzionari.

La Ramirez ha precisato che la visita potrà essere effettuata solo dopo che Bogotà avrà finito di redigere e consegnare tutti i rapporti ufficiali richiesti dall’Iachr sulle violenze nelle manifestazioni quindi dopo l’udienza fissata per il 29 giugno saranno ascoltate le versioni del governo e quelle delle parti organizzazioni sociali.

Il governo colombiano ha anche ricordato che l’Onu sta già svolgendo le proprie indagini al riguardo ed ha escluso che nel paese ci sia un clima da guerra civile simile a quello che, secondo Bogotà, ci sarebbe invece nel vicino Venezuela. Secondo un rapporto diffuso dalle autorità negli scontri delle scorse settimane si sarebbero stati 43 morti mentre 129 persone risultano ancora disperse; la Ong Temblores che documenta le violenze dalla polizia ha precisato che ci sono stati 43 omicidi apparentemente commessi da membri della forza pubblica, 1.264 sarebbero state arrestate in modo arbitrario, 21 donne hanno denunciato violenze sessuali mentre 39 persone avrebbero riportato ferite agli occhi.

Colombia: 6 morti per scontri nel fine settimana

Fine settimana di sangue in Colombia dove almeno 6 persone sono rimaste uccise in doversi scontri armati.

Tra i più cruenti quello che si è registrato nel dipartimento di Caqueta, nel municipio di Florencia; qui un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco in una galleria dove si trovavano circa 50 persone, uccidendone tre e ferendone altre sette. Altre tre persone sono state uccise nella città di Betania, nel dipartimento di Antioquia, dove uomini armati hanno aperto il fuoco in un’abitazione privata. Secondo l’Istituto di studi per lo sviluppo e la pace (Indepaz) 367 persone sono state assassinate negli 88 attacchi armati registrati in Colombia nel 2020.

Nei giorni scorsi il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha diffuso l’informativa trimestrale sul paese indiolatino in cui si legge che l’applicazione dell’accordo di pace nel paese, a quattro anni dalla sua firma, è fondamentale per “dare impulso alla sviluppo, alla pace e alla sicurezza”. Garantire la sicurezza degli ex combattenti delle Farc, delle comunità colpite dal conflitto, dei leader sociali e dei difensori dei diritti umani, recita il rapporto, deve essere le priorità del governo colombiano per il 2021. Il rapporto – che analizza il periodo tra il 26 settembre e il 28 dicembre 2020 – constata che la sicurezza continua a essere la principale sfida per il consolidamento della pace. La missione di verifica delle Nazioni Unite ha registrato l’omicidio di 248 ex guerriglieri delle Farc dalla firma dell’accordo di pace, nel 2016.

Cile: negativo il bilancio dei primi due anni di presidenza Pinera

Secondo le organizzazioni per i diritti umani, il Cile è culminato nel 2019 con la peggiore crisi in materia dai tempi della dittatura atlantico di Augusto Pinochet. Questo uno dei tanti punti di vista in cui il primo biennio della presidenza di Sebastian Pinera offre un bilancio molto negativo.

Proprio per protestare contro il primo biennio dell’epoca Pinera le organizzazioni e i movimenti sociali hanno organizzato per l’11 marzo una giornata di mobilitazione contro il capo dello Stato per chiedere interventi contro le ingiustizie le disuguaglianze sociali e le impunità nel paese.

Nel paese indiolatino da circa 5 mesi è in atto una profonda crisi sociale che ha evidenziato la situazione dei diritti umani nel paese.

Dall’inizio delle proteste ad oggi sono stati segnalati 31 morti e migliaia di violazioni umani denunciate da diverse organizzazioni sia nazionali che internazionali. Un rapporto diffuso dall’OHCHR, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani he rilevato che nel corso delle proteste “c’è stato un numero elevato di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui un uso eccessivo o non necessario della forza che ha provocato privazioni arbitrarie della vita e lesioni, torture, maltrattamenti, violenza sessuale e detenzioni arbitrarie”, tanto che l’Onu lo scorso novembre ha svolto nel paese una missione che ha ascoltato 235 persone vittime di presunte violazioni dei diritti umani”.

In quel periodo l’Onu ha rilevato che sia i Carabineros che l’Esercito non hanno rispettato le norme e gli standard internazionali sull’uso della forza per reprimere le manifestazioni. Il Palazzo di Vetro ha anche denunciato l’alto numero di persone che hanno subito lesioni agli occhi o al viso, oltre 300; riferendo di aver registrato oltre 130 casi di torture o maltrattamenti.

Nonostante le denunce contenute nel documento però il governo cileno non ha posto fine alla violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza.

Le proteste hanno ovviamente avuto delle ripercussioni anche su lato economico con il presidente Pinera che ha presentato una serie di riforme al Congresso in tema di sistema pensionistico ed anche la possibilità di modificare la Costituzione.

I disordini sociali sono iniziati lo scorso 18 ottobre quando gli studenti si sono mobilitati per protestare contro l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana divenendo così oggetto della repressione delle forze di sicurezza.

Inizialmente il governo ha presentato una nuova anche una apposita agenda sociale ipotizzando alcuni miglioramenti nelle condizioni di vita dei cittadini senza però mantenere la parola data nonostante le politiche neoliberiste abbiano fatto aumentare il costo della vita nel paese andino.

Secondo gli ultimi dati disponibili l’1% della popolazione cilena possiede il 26,5% della ricchezza mentre la metà della popolazione, quella più povera, possiede appena il 2,1% della ricchezza totale del paese; inoltre 7 lavoratori su 10 ricevono uno stipendio inferiore ai 550mila pesos, poco più di 750 euro, mentre solo il 6% della popolazione guadagna più di 2mila euro al mese.

Brasiliani in piazza contro Bolsonaro e la sua apologia della dittatura

I brasiliani si sono ritrovati ieri in piazza per contestare il presidente Jair Bolsonaro e la sua decisione di festeggiare l’anniversario della dittatura militare inizia il 31 marzo 1964 per commemorare i 55 anni da quell’evento.

Numerose organizzazioni sono scese in piazza per contestare il ricordo di un regime atlantico durato fino al 1985 ed iniziato con il colpo di stato ai danni di João Goulart.

Con lo slogan “Dittatura mai più”, le principali manifestazioni si sono svolte a Rio de Janeiro, San Paolo e Brasilia, la capitale del paese mentre Jair Bolsonaro ha chiesto di commemorare nelle caserme militari la ricorrenza.

La dittatura ha lasciato centinaia di morti e di politici scomparsi oltre a migliaia torturati, secondo le statistiche del Ministero dei Diritti Umani, che sottolinea che la cifra sarebbe ancora più alta ma a causa della mancanza di documenti di quegli anni il dato non può che essere approssimativo.

Alla richiesta di Bolsonaro di commemorare l’anniversario gran parte della popolazione ha espresso la propria contrarietà ma il primo mandatario è andato avanti per la propria strada sostenendo che il suo intento non era quello di “commemorare ma ricordare”.

Venerdì 29 marzo, l’Ordine degli avvocati del Brasile (OAB) e l’Istituto Herzog Vladimir hanno denunciato Bolsonaro alle Nazioni Unite (ONU), attraverso un documento in cui hanno accusato di “non tener conto delle atrocità ferendo i diritti umani”. Sempre in quelle ore un giudice brasiliano aveva bandito le rivendicazioni per i 55 anni del colpo di stato, perché non “compatibile con il processo di ricostruzione democratica”, anche se il giorno dopo una corte d’appello aveva annullato la sentenza.

Venezuela denuncia ad Onu ingerenze Usa a Caracas per preparare un golpe

Jorge Arreaza, ministro degli Esteri del Venenzuela ha denunciato al segretario generale dell’Onu, Antonio Gueterres, le continue ingerenze degli Stati Uniti negli affari interni di Caracas nel tentativo di preparare un golpe.

Il rappresentante del governo bolivariano, nel corso di una conferenza stampa, ha ricordato che negli ultimi 5 anni si è registrata una “permanente interferenza, intromissione e ingerenza degli Stati Uniti, della sua amministrazione, della sua élite di governo e dei suoi paesi satelliti per provocare, come loro stessi hanno detto, un cambio di regime per vie non costituzionali”,

Arreaza ha ricordato “l’infame” decreto del marzo 2015 con cui l’allora presidente Usa, Barack Obama, dichiarava il Venezuela “una minaccia straordinaria alla sicurezza degli Stati Uniti”. Un documento che ha portato a un “incremento degli attacchi e delle aggressioni contro il paese”, ha detto il ministro segnalando che il Venezuela subisce un blocco economico simile a quello che Cuba soffre da quasi sessanta anni. Caracas denuncia il fatto che il sistema finanziario e bancario internazionale ha preso progressivamente le distanze dal paese per timore delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, elemento che rende ancor più difficile il compito di fornire beni e servizi alla popolazione.