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Brasile, riparte il programma di acquisizioni alimentari
Continua in Brasile il rilancio delle politiche sociali volte a tutelare le fasce più deboli della società.
Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha infatti fatti ripartire il programma di acquisizione alimentare (Paa) per i piccoli agricoltori, considerata una delle misure necessarie per far crescere il paese e porre fine alla fame.
“Il Paa è una delle politiche che abbiamo ripreso per combattere la fame in Brasile, incoraggiando l’agricoltura familiare e fornendo cibo sano per il popolo brasiliano e snack per i nostri bambini”, ha affermato il primo mandatario carioca.
Nel dettaglio, questa iniziativa consiste nell’acquisto di frutta, verdura e altri prodotti offerti da piccoli produttori da inviare alle fasce più vulnerabili della popolazione. L’intento è quello di incoraggiare il ruolo dei piccoli produttori indigeni e delle comunità tradizionali, comprese le contadine.
In un contesto dove la fame è una realtà per circa 33 milioni di persone, il presidente brasiliano ha affermato che “siamo tornati a governare il paese per cambiare ancora una volta la storia. Chi non ha mai avuto fame non sa quanto gli manchi mangiare. Non rinuncerò alla promessa che le persone mangeranno di nuovo tre volte al giorno”.
Nel presentare l’iniziativa, Lula ha confermato che si tratterà di un “incentivo alla produzione di cibo di qualità per il piatto della gente”, un’altra misura che permetterebbe di risolvere il problema della fame. In questo contesto va inserita anche la decisione, sempre del presidente, di ripristinare il Consiglio nazionale per la sicurezza alimentare e nutrizionale (Consea), chiuso nel 2019 dall’ex presidente Jair Bolsonaro.
Il presidente brasiliano ha denunciato la situazione alimentare del Paese sin dalla sua campagna presidenziale, dove sei brasiliani su dieci (58,7% della popolazione) vivono sotto il grado minimo di sicurezza alimentare.
Brasile, sequestrati a Bolsonaro gioielli per milioni di euro
Nuovi guai giudiziari in vista per l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro. L’accusa infatti è quella di aver tentato di far entrare nel paese indiolatino in modo illegale gioielli per un valore di 3,2 milioni di euro. Questi sarebbero un regalo del governo saudita alla moglie Michelle. Lo riferisce il quotidiano locale “O Estado de Sao Paulo”.
Secondo quanto si apprende l’episodio risalirebbe all’ottobre 2021 e che il sequestro sarebbe avvenuto all’aeroporto internazionale di Guarulhos, a San Paolo. Tra i beni figurerebbero anche “una collana, un anello, un orologio e un paio di orecchini di diamanti”. Una prima conferma del sequestro è stata data dal ministro delle Comunicazioni Sociali, Paulo Pimenta, che ha pubblicato sul suo profilo twitter le foto dei gioelli.
“Bolsonaro ha cercato di portare illegalmente una collana di diamanti e orecchini del valore di 16,5 milioni di reais. I regali sono stati consegnati in Arabia Saudita alla fine del 2021. Petrobras aveva appena venduto una raffineria per 1,8 miliardi di dollari a un gruppo saudita”, ha scritto il ministro.
Il sequestro sarebbe avvenuto dopo una perquisizione negli zaini di alcuni militari che stavano rientrando in Brasile con gli agenti della dogana che avrebbero verificato che nessuno dei gioielli era stato preventivamente dichiarato.
L’ex ministro delle Miniere e dell’Energia Bento Albuquerque avrebbe tentato più volte di recuperare i gioielli senza successo. Il quotidiano brasiliano afferma che negli ultimi due mesi del mandato di Bolsonaro sono stati fatti quattro tentativi, attraverso anche i ministeri degli Esteri e dell’Economia, per recuperare i doni.
Al momento l’unico modo possibile, e legale, per recuperare i gioielli per Bolsonaro sarebbe quello di pagare la tassa di importazione obbligatoria, il 50 per cento del valore dell’oggetto in questione, e una multa del 25 per cento del valore per non averlo dichiarato fin dall’inizio. La legge prevede anche un’alternativa ma ancora più sconveniente per l’ex presidente dichiararli “dono ufficiale al presidente della Repubblica” ma in questo modo andrebbero ad arricchire le casse dello Stato e non sarebbero più nella disponibilità personale di Bolsonaro. L’ex Capo di Stato, che attualmente si trova in Florida, è già a rischio arresto in quanto oggetto di un’inchiesta legata all’assalto alle sedi del governo l’8 gennaio a Brasilia; l’accusa è quella di istigazione al tentativo di colpo di stato.
Brasile, governo rilancia piano abitativo
Il governo del Brasile ha deciso di rilanciare il programma abitativo Minha Casa, Minha Vida con la consegna di 684 alloggi a Santo Amaro, nello stato di Bahia; il programma elettorale del neo presidente Luiz Inácio Lula da Silva prevede la consegna di circa due milioni di abitazioni nel corso del suo mandato.
Nelle intenzioni del primo mandatario il programma federale genererà anche un milione di posti di lavoro arginando, in piccola parte, la piaga della disoccupazione che nel paese indiolatino sotto la gestione di Jair Bolsonaro, ha raggiunto quota 12 milioni.
“La ruota della fortuna in questo paese comincia a girare. Sono venuto a consegnare la chiave di una casa a una donna che riesce a malapena a prendere la chiave per tanta emozione, perché la sua casa era arredata”, ha detto il presidente.
Esprimendo il suo impegno per la ricostruzione di un altro Paese, il capo dello Stato ha affermato che “il popolo brasiliano tornerà a fare colazione, pranzare, cenare, vivere, studiare, lavorare, avrà accesso a cose che tutti dovrebbero avere”, cose semplici e non banali in un paese dove oltre 30 milioni di persone vivono in povertà
A maggio inoltre dovrebbe entrare in vigore la nuova legge sul salario minimo portandolo al 1300 reais, circa 240 euro; inoltre a questo dovrebbe essere legato anche un nuovo programma di sussistenza che garantirà un sussidio di circa 1200 reais a famiglia. Il programma abitativo è stato avviato da Lula nel 2009 e ad oggi ne hanno beneficiato oltre 10 milioni di persone, nonostante l’interruzione voluta da Bolsonaro.
Brasile, sono 39 le persone incriminate per tentato golpe
L’ufficio del procuratore generale del Brasile ha formalmente incriminato 39 persone ritenute coinvolte a vario titolo nelle rivolte contro la sede del governo che si sono verificate lo scorso 8 gennaio, quando i sostenitori di Bolsonaro hanno cercato di rovesciare il governo di Lula da Silva.
Per quanto riguarda i reati ascritti agli indagati, si tratta di tentato colpo di stato, associazione per delinquere e danneggiamento del patrimonio nazionale.
Il viceprocuratore generale, Carlos Frederico Santos, coordinatore del Gruppo strategico per la lotta agli atti antidemocratici, ha presentato la denuncia su richiesta della presidenza del Senato. Chiesta anche la carcerazione preventiva degli imputati “per evitare che vengano commessi nuovi crimini violenti contro lo Stato di diritto democratico”, si legge in un comunicato del Pubblico Ministero.
In seguito ai disordini, secondo i media locali, attualmente sarebbero in corso ben sette diverse inchieste. In seguito al tentato golpe sono state arrestate circa 1.800 persone anche se un terzo di queste è poi stato rilasciato per motivi umanitari.
Brasile, il mondo al fianco di Lula. E contro Bolsonaro
È unanime in tutto il mondo la condanna ai sostenitori dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro che hanno assaltato i palazzi del potere a Brasilia.
“Ogni atto di violenza contro le istituzioni democratiche deve essere condannato con grande fermezza. I risultati elettorali vanno sempre e comunque rispettati”, ricorda dall’Italia il titolare degli Esteri Antonio Tajani. Prendono posizione anche gli Usa, che un paio di anni fa vissero una situazione simile al momento di passaggio delle consegne tra Trump e Biden, “condanniamo – dice il segretario di Stato Antony Blinken – gli attacchi alla Presidenza, al Congresso e alla Corte Suprema del Brasile. Usare la violenza per attaccare le istituzioni democratiche è sempre inaccettabile”.
“Condanna assoluta dell’assalto alle istituzioni democratiche del Brasile. Pieno sostegno al presidente Lula, democraticamente eletto da milioni di brasiliani attraverso elezioni giuste e libere”, ha postato in un twitt il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, cui ha fatto eco l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell che si è detto: “Sgomento per gli atti di violenza e l’occupazione illegale del quartiere governativo di Brasilia da parte di estremisti violenti. Pieno sostegno a Lula e al suo governo, al Congresso e alla Corte Suprema Federale”. Mentre la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, si dice “profondamente preoccupata per quanto sta accadendo in Brasile. La democrazia deve essere sempre rispettata”.
Anche i vertici di Spagna e Francia hanno espresso il loro sostegno a Lula condannando l’attacco, così come il primo mandatario messicano Lopez Obrador che ha ricordato che il suo omologo brasiliano “non è solo, può contare con il sostegno delle forze progressiste del suo Paese, del Messico, del continente americano e del mondo”.
Il nuovo mandato presidenziale di Lula si apre quindi in salita. L’uomo che già in passato ha fatto crescere il paese dovrà ora confrontarsi non solo con la crisi economica e sociale ma anche con un paese nettamente spaccato in due. Una sfida non semplice.
In Brasile Lula sempre in testa ai sondaggi
Risale Bolsonaro ma Lula guida sempre i sondaggi. Questo l’esito dell’aggiornamento settimanale in vista del primo turno delle presidenziali del prossimo 2 ottobre.
Nello specifico l’ex presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, è dato al 45% nelle intenzioni di voto contro il 34% del presidente uscente Jair Bolsonaro, che tuttavia migliora di due punti, secondo la rilevazione di Datafolha.
Gli analisti sostengono che il miglioramento mostrato da Bolsonaro è dovuto all’effetto delle massicce mobilitazioni realizzate dal capo dello Stato a Brasilia e Rio de Janeiro in occasione del Bicentenario dell’Indipendenza. Al terzo posto si consolida Ciro Gomes del Partito democratico del lavoro (Pdt, centrosinistra) con il 7%, due punti in meno rispetto ad agosto, seguito da Simone Tebet del Movimento democratico brasiliano (Mdb, conservatore) stabile al 5%
Se in occasione del primo turno nessun candidato otterrà più del 50% dei voti validi il successivo 30 si terrà il ballottaggio tra i due più votati.
Già nel 2018 Lula era dato in testa ai sondaggi ma poi a causa delle decisioni della magistratura brasiliana ed il suo presunto coinvolgimento nella vicenda Lava Jato, la mani pulite locali, non era stata ammessa la sua candidatura. Bolsonaro, sia per via della sua politica ultraliberista, antisociale, e filo atlantica sia per via dio alcune dichiarazioni fin troppo apologetiche nei confronti della dittatura che ha retto il paese in passato non è mai stato troppo amato dai brasiliani.
Brasile: Lula favorito in sfida contro presidente Bolsonaro
L’ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula Da Silva è l’unico candidato che vincerebbe le elezioni di ottobre contro l’attuale Capo di Stato Jair Bolsonaro in un eventuale secondo turno. Questo il risultato di un sondaggio condotto da Futura Inteligência / ModalMais.
Secondo le intenzioni di voto raccolte il leader del Partito dei Lavoratori (PT) batterebbe Bolsonaro con il 50,4% contro il 37,8%.
Altri possibili candidati come Ciro Gomes e Sergio Moro non sembrano, per il momento, riuscire ad impensierire il primo mandatario del paese indiolatino.
In tutti gli scenari valutati al primo round, secondo lo studio, Lula è favoritoa. L’ex presidente ha infatti un indice di gradimento superiore a quello di Bolsonaro di almeno cinque punti percentuali, 36 a 31.
L’indagine è stata condotta tra il 17 e il 21 gennaio, telefonicamente, con 30.452 interviste e 348.187 tentativi. Il margine di errore è più o meno 2,2 punti percentuali. Se questi dati fossero confermati, Lula e Bolsonaro vincerebbero le elezioni presidenziali il 2 ottobre, ma sarebbe necessario un secondo turno, previsto per il 30 ottobre.
In un altro sondaggio sulle preferenze di voto, pubblicato la scorsa settimana, Lula ha mantenuto un discreto vantaggio nelle intenzioni di voto rispetto a Bolsonaro, anche se senza abbastanza consensi per vincere al primo turno delle elezioni di ottobre. Secondo l’indagine dell’azienda XP/Ipespe, pubblicata sul quotidiano economico Valor, Lula monopolizza il 44% delle preferenze elettorali contro il 24% di Bolsonaro nel sondaggio stimolato, quando cioè i nomi dei candidati vengono citati all’intervistato.
Brasile: chiesto nuovo impeachment ai danni di Bolsonaro
Nuovi guai in vista per il presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Un gruppo di giuristi ha infatti presentato alla Camera dei deputati del Brasile una nuova richiesta di impeachment (messa in stato d’accusa) contro il primo mandatario del paese indiolatino, sulla base del rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) sulla gestione della pandemia di Covid-19.
Con questa, sale a 143 il numero delle richieste di impeachment presentate contro il presidente brasiliano da quando ha assunto il potere. In questa occasione, la petizione è stata presentata dal giurista Miguel Reale Junior, insieme ai senatori Omar Aziz, Randolfe Rodrigues e Renan Calheiros.
Nella mozione Reale ha spiegato che a determinare questa decisione è stata la posizione difensiva di Bolsonaro per quanto riguarda la cosiddetta “immunizzazione del gregge”, da ottenere senza vaccinazione, il boicottaggio dell’uso di maschere, vaccini e isolamento sociale, nonché la promozione della folla.
Secondo i promotori le scelte fatte da Bolsonaro hanno messo in pericolo la vita e la salute di un numero imprecisato di persone, qualificando la sua prestazione come reato di responsabilità delle funzioni, in linea con tutte le prove raccolte dalla Cpi.
“Il presidente non ha fatto altro che cospirare contro la stessa legge che aveva promulgato (legge n. 13.979), che stabiliva un piano per combattere la pandemia”, ha sottolineato Reale.
Da parte sua, Rodrigues ha affermato che Bolsonaro è accusato di “una serie di reati commessi nella gestione della pandemia nel nostro Paese, commessi principalmente dal governo federale e dalle sue autorità, evidenziando in primo luogo la responsabilità del presidente della Repubblica”.
Nel 2019 sono state presentate cinque istanze simili contro Bolsonaro; altre 54 nel 2020, e 84 in questo nel 2021, la maggior parte dei quali ancora in fase di analisi. Nonostante questi numeri da ricordare che il presidente della Camera, Arthur Lira, ha respinto la maggior parte delle richieste di impeachment contro il capo dello Stato.
Brasile: marcia degli indigeni per tutelare le loro terre
Più di 6mila indigeni in rappresentanza di 173 diverse popolazioni brasiliane hanno marciato verso la sede della Corte Suprema Federale (STF) a Brasilia, nell’ambito della mobilitazione nazionale “Lotta per la vita” organizzata dall’Associazioni dei Popoli Indigeni del Brasile (APIB) per ribadire il rifiuto al progetto di demarcazione territoriale e, allo stesso tempo, chiedere diritti sui propri territori.
Si tratta della più grande manifestazione organizzata dall’Apib dal 1998 e che mira ad orientare e condizionare il dibattito sulla demarcazione delle terre indigene.
Durante la marcia verso l’Stf, i manifestanti hanno fatto tappa presso la sede del Congresso, per evidenziare la loro posizione di rifiuto dell’agenda anti-indigena che, a loro modo di vedere, sta prendendo piede nella Corte; in particolare i manifestanti contestano il disegno di legge 490, che propone che la demarcazione delle terre indigene avvenga attraverso leggi.
La marcia si inserisce in una settimana di mobilitazioni nella capitale brasiliana che prevede anche audizioni politiche con gli organi statali e i rappresentanti del governo di Jair Bolsonaro, cortei e manifestazioni pubbliche.
Il coordinatore esecutivo dell’Apib, Sonia Guajajara, ha affermato che oltre alla cattiva gestione del Covid-19, i brasiliani subiscono attacchi di violenza, “non è solo la pandemia che sta uccidendo il nostro popolo ed è per questo che abbiamo deciso ancora una volta di marciare a Brasilia per continuare a lottare per la vita dei popoli indigeni, per la Madre Terra e il futuro dell’umanità”.
Il 9 agosto, nell’ambito della Giornata internazionale dei popoli indigeni, l’Apib ha presentato una dichiarazione davanti alla Corte penale internazionale (Cpi), per denunciare il governo Bolsonaro per i crimini di genocidio ed ecocidio.
A questo proposito, l’articolo 231 della Costituzione brasiliana stabilisce che “le terre tradizionalmente occupate dagli indigeni sono destinate al loro possesso permanente e gli abitanti sono responsabili dell’uso esclusivo della ricchezza dei suoli, dei fiumi e dei laghi esistenti in esse”.
Brasile: sospesi i decreti di Bolsonaro sulle armi
Il giudice brasiliano Rosa Weber della Corte Suprema Federale (STF) del Brasile ha sospeso diverse parti di quattro decreti a favore di una maggiore flessibilità e di un maggiore accesso alle armi per i brasiliani varati dal presidente Jair Bolsonaro.
I quattro decreti sono stati varati lo scorso gennaio dal Capo dello Stato ed ora saranno analizzati dalla plenaria dell’Stf a partire da questo venerdì quando saranno analizzati anche altri ricorsi presentati da partiti e organizzazioni di opposizione contro la politica sulle armi di Bolsonaro.
I decreti sarebbero dovuti entrare in vigore oggi ma il giudice Weber ha deciso di bloccarlo poco prima.
Nello specifico il giudice ha cancellato la parte che ha aumentato il limite di armi che i civili possono acquisire da quattro a sei e da sei a otto quelle per la polizia e altri agenti di sicurezza. Sospesa anche
la parte che autorizzava il trasporto simultaneo di due armi invece di una; un’altra che estendeva il limite delle munizioni che possono essere acquisite da cacciatori e tiratori sportivi, e un comma che permetteva agli enti e alle scuole di tiro di acquistare munizioni in quantità illimitate.
Secondo Rosa Weber esiste una correlazione tra l’agevolazione dell’accesso alle armi da fuoco e la diffusione di queste tra le organizzazioni criminali, l’aumento della criminalità, della criminalità violenta e dei tassi di omicidio.
Quello delle armi è un tema molto presente nel mandato di Bolsonaro. Da quando è in carica il presidente brasiliano ha firmato più di 30 tra decreti e leggi per rendere più flessibile l’accesso alle armi, molti dei quali sono stati ostacolati dal Congresso.
Secondo i dati dell’Istituto Igarapé, in Brasile ci sono 1,2 milioni di armi in possesso dei cittadini, il 65% in più rispetto alla fine del 2018.