Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: Maggio 2023

Lula vuole riportare il Brasile al centro dell’America indiolatina

Tornato in carica come presidente, dopo aver passata anche 18 mesi in prigione per un presunto caso di corruzione da cui è stato prosciolto nel novembre del 2021, Luiz Inacio Lula da Silva ha ripreso la sua politica atta a fare del Brasile una potenza guida per il continente indiolatino ma non solo.

Ultimo gesto in tal senso la presentazione di una road-map per l’integrazione politica, commerciale e monetaria sudamericana fatta ai leader degli undici Paesi della regione che hanno accolto il suo invito a partecipare a un vertice a porte chiuse nel palazzo di governo di Planalto.

Presentando la sua proposta ha spiegato: “Ritengo essenziale la creazione di un Gruppo di alto livello che, sulla base di quanto discusso avrà 120 giorni per presentare una road map per l’integrazione del Sud America”.

Contando sull’appoggio, tra gli altri, del presidente argentino Alberto Fernandez, il cileno Gabriel Boric, il colombiano Gustavo Petro,e il venezuelano Nicolas Maduro il primo mandatario carioca ha spiegato il centro del progetto di integrazione deve essere l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), organismo nato quando il Sud America è tornato a rinascere ed ha acquisito una certa autonomia rispetto alle politiche atlantiche ai tempi del suo secondo mandato anche grazie a Chavez in Venezuela, Kirchner in Argentina, Morales in Bolivia e Correa in Ecuador.

“Quando venne istituita esattamente 15 anni fa in questo stesso Palazzo Itamaraty, l’Unasur venne dotata di istanze come il Summit dei Presidenti, il Consiglio dei Ministri degli Esteri, il Parlamento sudamericano”, ha affermato.

“La nostra regione ha solide risorse per affrontare questo mondo in transizione: il pil combinato dei nostri Paesi rappresenta la quinta economia mondiale e, con una popolazione di quasi 450 milioni di abitanti, siamo un importante mercato di consumo”, ha concluso Lula che punta a guida questo processo di emancipazione all’interno di un mondo sempre più multipolare.

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Crisi diplomatica tra Messico e Perù

Il presidente del Messico, Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), ha annunciato il congelamento delle relazioni commerciali con il Perù. La decisione arriva dopo le polemiche degli ultimi mesi sorte tra i due paesi in seguito all’avvento nel paese andino del governo di Dina Boluarte al posto di Pedro Castillo.

“Fino a che non sarà ristabilita una normalità democratica non vogliamo avere relazioni economiche né commerciali con il Perù”, ha spiegato il primo mandatario di Città del Messico rispondendo a una domanda riguardante il passaggio di consegne alla guida dell’Alleanza del Pacifico che dovrebbe avvenire proprio tra Messico e Perù.

Sempre Lopez Obrador ha comunque precisato che “si tratta di una semplice pausa e non di una rottura” aggiungendo di voler passare la presidenza dell’Alleanza al Cile, che integra il blocco insieme anche alla Colombia.   

La decisione del presidente messicano si inserisce nel contesto di un inasprimento delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi che nei giorni precedenti aveva visto il plenum del Parlamento peruviano approvare una mozione, con 65 voti a favore e 40 contrari, attraverso cui si dichiarava Lopez Obrador “persona non grata” nel Paese. Nelle motivazioni della mozione si ricordano le ripetute ingerenze negli affari interni peruviani del presidente messicano con ‘dichiarazioni sulla situazione politica in Perù.

A complicare i rapporti tra i due paesi una dichiarazione del capo di Stato messicano in cui definiva “usurpatrice” l’omologa peruviana che avrebbe compiuto un colpo di Stato assumendo illegittimamente la successione di Castillo, consigliandole di restituire l’incarico all’ex presidente attualmente in carcere.  

Brasile: condannato ex presidente Collor de Mello

La Corte Suprema Federale (Stf) del Brasile ha condannato l’ex presidente del paese, Fernando Collor de Mello, ritenuto colpevole dei reati di corruzione passiva e riciclaggio di denaro relativi alla compagnia petrolifera semi-statale Petrobras, nell’ambito dell’operazione Lava Jato (auto lavaggio) una sorta di “mani pulite” in salsa carioca.

La presidente dell’Stf, Rosa Weber, ha votato in favore della sentenza, unendosi ai sette ministri che la scorsa settimana hanno approvato il provvedimento contro l’ex senatore. Ancora da stabilire le sanzioni. Il giudice, Edson Fachin, ha chiesto 33 anni di carcere e l’impossibilità di ricoprire cariche pubbliche.

Nel 2015 il Pubblico ministero federale ha denunciato Collor de Mello per aver intascato tangenti per circa 30 milioni di reais, circa 6 milioni di euro, tra il 2010 e il 2014.

Collor de Mello, che sostiene la sua innocenza, in qualità di senatore avrebbe facilitato contratti proficui tra la società Dvbr e Br Distribuidora, una controllata di Petrobras. Ci sono “prove sufficienti e provenienti da diverse fonti, che trascendono le collaborazioni dei denuncianti”, ha detto ai media locali il ministro Luis Roberto Barroso. Collor de Mello è stato il primo presidente eletto a suffragio universale dopo il regime militare. Si è dimesso dalla presidenza nel 1992 tra accuse di cattiva condotta e corruzione e un processo di impeachment aperto al Congresso.

Ecuador: trovati i fondi per le elezioni anticipate

La seduta plenaria del Consiglio elettorale nazionale (Cne) dell’Ecuador ha approvato martedì sera il bilancio per le elezioni presidenziali e legislative previste per il 20 agosto. Trovata quindi la copertura economica per poter permettere lo svolgimento delle stesse.

In totale sono stati approvati fondi per poco meni di 80 milioni di dollari, 48,3 dei quali destinati a permettere lo svolgimento del primo turno ed i restanti 36,1 il secondo.

Il capo del Cne, Diana Atamaint, ha spiegato che si tratta di un budget austero, che potrebbe essere ridotto se non ci fosse una seconda tornata elettorale, aggiungendo: “Ogni centesimo che si investe sarà nella democrazia, per avere conti chiari e trasparenti alle elezioni”.

Definito il calendario da seguire per le previste elezioni presidenziali e legislative: il primo turno si svolgerà il 20 agosto e il probabile ballottaggio sarebbe il 15 ottobre. La registrazione dei candidati si svolgerà dal 28 maggio al 10 giugno, mentre la campagna elettorale durerà solo 10 giorni, dall’8 al 17 agosto.

India e Brasile rafforzano relazioni bilaterali

Il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva hanno concordato di rafforzare le loro relazioni bilaterali. La decisione è giunta nel primo incontro tra i due avvenuto a margine del G7 che si è svolto nella città giapponese di Hiroshima.

I due che hanno presenziato in qualità di ospiti al vertice nipponico hanno analizzato i rapporti in corso tra i due paesi e deciso di puntellare e rafforzare la collaborazione bilaterale, studiando i modi per farlo principalmente nei settori della produzione della difesa, del commercio, dei prodotti farmaceutici, dell’agricoltura, dei prodotti lattiero-caseari e dell’allevamento, nonché dei biocarburanti e dell’energia pulita.

Modi ha ricordato come Brasilia e Nuova Delhi pur essendo due paesi neutrali in merito al conflitto russo-ucraino siano interessati a mantenere la pace nel mondo, sottolineando la volontà del suo paese a lavorare con il Brasile nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto. Posizione confermata dal primo mandatario carioca che dopo l’incontro ha twittato “siamo dalla parte della pace”. A differenza dei paesi membri del G7, India e Brasile sono infatti rimasti neutrali, senza avallare sanzioni contro la Russia.

Tra gli argomenti discussi anche il commercio bilaterale tra quello che, come asserito da Lula, sono “paesi di massima importanza per il disegno di una nuova geopolitica globale”. L’India è il quinto partner commerciale del Brasile. Nel 2021 il commercio tra i due Paesi ha raggiunto il risultato più alto della storia: 15,1 miliardi di dollari. Nello stesso anno, il Brasile ha esportato più di 6 miliardi di dollari in India e ha importato prodotti indiani per un valore di 8,8 miliardi di dollari.

Argentina, Cristina Fernández non si ricandiderà alla presidenza

Cristina Fernández de Kirchner, già presidente dell’Argentina, ed attuale vicepresidente, ha ufficialmente annunciato che non si candiderà alle presidenziali previste il prossimo 22 ottobre.

La notizia, che da tempo circolava sui media, è stata confermata nel corso di un’intervista rilasciata al canale televisivo C5N, ribadendo così la volontà giù espressa lo scorso 6 dicembre e sottolineando “quando parlo so che la parola di una persona che è stata due volte presidente e guida una forza politica va esercitata con responsabilità”.

Durante l’intervista esclusiva, l’esponente peronista ha messo in guardia sui legami tra i monopoli dei media, i partiti di opposizione di destra e la magistratura che perseguita i leader politici e sindacali asserendo che “attualmente la politica in Argentina si fa nei gruppi mediatici e nei tribunali”. Allo stesso modo, ha avvertito di un alto livello di impunità, sostenuto dalla stampa egemonica, e del coinvolgimento di magistrati di alto rango in azioni di arricchimento illecito e altre irregolarità; l’ex primo mandatario ha affermato che: “Nel Paese esiste una Corte Suprema che è diventata una cricca di tre persone, due delle quali sono state nominate con decreto dall’ex presidente Mauricio Macri”.

Per l’Onu la repressione in Perù è stata eccessiva

La repressione attuata in Perù dalle forze di sicurezza è stata eccessiva. Ad affermarlo Clément Nyaletsossi Voule, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’espressione pacifica, all’assemblea e all’associazione, relazionando al Palazzo di vetro.

In una conferenza stampa sulla situazione dei diritti umani in Perù, il funzionario Onu ha ufficialmente chiesto al governo di Lima di essere trasparente nelle indagini sulla morte di civili durante le proteste antigovernative.

Nyaletsossi Voule ha auspicato che le indagini “siano svolte in modo indipendente e che includano le vittime per scoprire esattamente cosa è successo e in quali circostanze si è verificato l’uso eccessivo della forza. Non vogliamo l’impunità, vogliamo trasparenza e responsabilità. Rimarremo vigili per garantire che le indagini siano conformi al diritto internazionale”.

Secondo il rappresentante delle Nazioni unite il governo peruviano ha l’obbligo di garantire che i responsabili delle violazioni dei diritti umani durante le proteste siano effettivamente tenuti a renderne conto.

Allo stesso modo, ha insistito sul fatto che per superare questa “situazione critica”, il Paese deve intraprendere diverse riforme politiche che includano “le rivendicazioni di persone che si sentono abbandonate dallo Stato, a causa della loro condizione di povertà, discriminazione o disuguaglianza di opportunità”.

Per il rappresentante del Palazzo di vetro è “molto importante” capire la radice delle proteste, perché la gente è scesa in piazza e ha assicurato che si trattava di un motivo politico, economico e sociale e di conseguenza “le proteste sono state un’espressione delle profonde lacune che ha il Paese”.

Nyaletsossi Voule ha visitato il paese andino per dieci giorni, visitando diverse città e comunità e incontrando varie autorità, tra cui la presidente Dina Boluarte, e attori della società civile.

Le proteste in Perù sono divampate dopo il fallito autogolpe del presidente Pedro Castillo, catalogato dal relatore Onu come una “interruzione incostituzionale dell’ordine” che ha finora causato 77 morti, 49 dei quali dopo essersi scontrati direttamente con le forze dell’ordine.

A proposito, Nyaletsossi Voule ha confessato che durante la sua permanenza nel Paese sudamericano ha fatto visita all’ex presidente Pedro Castillo nel carcere speciale di massima sicurezza dove si trova dopo la sua destituzione da parte del Congresso il 7 dicembre 2021.

Crisi Ucraina, dal G7 la solita soluzione: sanzioni

Sanzioni. Questa la, solita e scontata, soluzione che dovrebbe arrivare dal G7 in Giappone per provare ad arginare la crisi tra Russia e Ucraina ed una guerra che dura ormai da oltre un anno.

I cosiddetti “grandi” che si riuniranno ad Hiroshima questo fine settimane stanno infatti mettendo nuovamente nel mirino le esportazioni russe di gas e petrolio e le importazioni di beni commerciali, quantomeno nel settore della difesa; decisa anche di colpire l’evasione delle sanzioni già esistenti attraverso le triangolazioni con altri Paesi.

La posizione è chiara, come da oltre un anno a questa parte, sostenere Kiev in attesa che questa, con le armi fornite dagli Usa e dai paesi europei (di fatto schierati nella guerra) lanci la sua controffensiva.

Il comunicato finale del G7 è ancora da perfezionare ma, secondo le anticipazioni del Financial Times, il G7 e la Ue ridurranno ulteriormente il loro uso di gas e petrolio russi “anche impedendo la riapertura di rotte precedentemente chiuse da Mosca nel suo uso dell’energia come un’arma”, almeno “sino alla fine del conflitto”. L’obiettivo, ha spiegato uno dei dirigenti coinvolti nei negoziati, è quello di “assicurare che i partner non cambino idea in un ipotetico futuro”. E dall’altra, almeno in parte, aggiunge un’altra fonte esterna al G7, dare fiducia agli investitori perché sostengano i progetti infrastrutturali per il gas naturale liquefatto (Gnl), sia in Europa che in nord America, superando il timore che possa esserci un rapido ritorno al meno caro metano russo, il tutto quindi a vantaggio delle grandi aziende e a discapito degli europei.

Dall’inizio della guerra le importazioni di gas russo in Europa sono crollate da oltre il 40% a meno del 10%, mentre l’ultimo inverno mite ha consentito di aumentare le riserve di metano nella Ue, ora già al 60% contro il 30% dello stesso periodo dell’anno precedente. Quanto all’embargo sul petrolio russo, esso sarà discusso nell’ambio dell’undicesimo pacchetto di sanzioni Ue.   

Dal G7 ci si attende anche un allineamento dei Paesi membri sull’approccio alle sanzioni commerciali, almeno per certe categorie di merci (come quelle dell’industria di base della difesa), ribaltando l’attuale logica: oggi tutte le merci possono essere vendute alla Russia a meno che non siano esplicitamente nella blacklist, domani dovrebbero essere automaticamente tutte bandite, salvo quelle presenti in una lista di prodotti autorizzati.

La Russia, per voce del suo ex presidente Dmitri Medvedev, ha già minacciato di rispondere ad eventuali bandi sull’export mettendo fine all’accordo sul grano, che scade il 18 maggio.

Colombia: governo propone ad Eln cessate il fuoco territoriale

Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha avanzato una nuova proposta al gruppo ribelle dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln) in base al quale la pace concordata inizierebbe in un territorio specifico per poi diffondersi gradualmente a livello nazionale con l’avanzare dei negoziati.

“Il cessate il fuoco può essere territoriale. Dobbiamo guardare alla pace dal prisma territoriale. Possiamo scegliere una nuova regione specifica e iniziare ad espanderla nello spazio colombiano” ha spiegato il primo mandatario di Bogotà che poi ha aggiunto “e nella misura in cui consolidiamo le nuove regioni, scegliamone una, ad esempio Nariño, ma iniziamo un cessate il fuoco, un cessate il fuoco, un processo che può generare fiducia nella società colombiana”.

Petro ha anche ammesso che la sua prima proposta di pace nazionale, rispetto alla più recente, era un’idea pericolosa, difficile e instabile, poi ha invitato le parti che stanno negoziando a Cuba, per la precisione a l’Avana, a lavorare seriamente per un cessate il fuoco affinché i colombiani smettano di uccidersi a vicenda e possa cominciare a regnare la pace, che “è la principale condizione necessaria per raggiungere lo sviluppo”.

Il Brasile sostiene l’Argentina nei negoziati con il Fmi

Con la nuova ventata di governi socialisti in America indiolatina torna a concretizzarsi l’integrazione e la solidarietà tra i paesi della regione.

Il Governo del Brasile ha infatti chiesto al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti di intercedere affinché il Fondo monetario internazionale (Fmi) aiuti l’Argentina a superare la crisi causata dalla siccità e gli impegni assunti che rallentano la crescita economica e sviluppo del paese.

Più nello specifico Fernando Haddad, ministro delle finanze di Brasilia, ha avanzato la richiesta in un incontro con il segretario al Tesoro americano Janet Yellen a margine del vertice dei ministri delle finanze del G7 a Niigata, in Giappone.

In particolare, Haddad ha espresso la sua preoccupazione per i rischi che “l’avanzata dell’estrema destra” comporterebbe per l’Argentina alle prossime elezioni, cosa già avvenuta in altre nazioni latinoamericane. “Siamo preoccupati perché questa situazione può influenzare il destino politico del Paese”, ha affermato.

Nel corso di un incontro con la stampa il rappresentante del governo di Lula ha spiegato di aver sollevato la questione perché l’Argentina aveva bisogno dell’aiuto dell’Fmi e gli Stati Uniti ne sono il maggiore azionista mondiale. Il ministro delle finanze brasiliano ha affermato che il suo paese sta monitorando attentamente lo stato dell’economia argentina, dove l’attuale siccità potrebbe ridurre le esportazioni del 20%.