Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: aprile 2023

Cile, polemiche per il litio di Stato

L’atteso piano per lo sviluppo della produzione di litio statale in Cile annunciato dal presidente Gabriel Boric è riuscito nell’intento di scontentare praticamente tutti dagli imprenditori agli ambientalisti.

La Strategia nazionale del litio, che nelle intenzioni avrebbe dovuto fare del paese andino uno dei centri nevralgici in questo campo è stato definito mera “statalizzazione” dagli imprenditori privati mentre le associazioni che si occupano di tutela dell’ambiente puntano il dito verso le già esauste risorse idriche del paese.

Attualmente il Cile è il secondo produttore di litio al mondo dopo l’Australia e le esportazioni del minerale nel 2022 hanno raggiunto i 7,7 miliardi di dollari con un incremento del 777% rispetto al 2021, ma, secondo quanto annunciato, il governo mira adesso ad assumere il pieno controllo della produzione attraverso la creazione di una società statale, la Empresa nacional del litio (Enl).   

Nelle intenzioni del primo mandatario cileno la Enl lavorerà con i privati per incrementare lo sviluppo della catena produttiva del nuovo “oro bianco”, dall’estrazione alla produzione di beni con valore aggiunto, riservando all’erario pubblico il controllo dei consigli d’amministrazione.

Il presidente ha comunque garantito che verranno rispettati i contratti delle attuali concessioni e che un eventuale ingresso dello Stato sarà esclusivamente frutto di accordi consensuali, ma il settore privato ha levato gli scudi.  “Siamo rimasti spiazzati” ha affermato il presidente della Confederazione della Produzione e del Commercio (Cpc), Ricardo Mewes, che ha denunciato apertamente il pericolo di “un’ondata di statalizzazioni”. Sulla stessa linea il presidente della Sociedad de Fomento Fabril (Sofofa), Richard von Appen, secondo il quale l’annuncio del governo “lascia in secondo piano il settore privato”.   

Le critiche sono state respinte al mittente dalla portavoce del governo, Camila Vallejo che ha spiegato: “Non è possibile statalizzare qualcosa che è già dello Stato. Il litio è dello Stato e di tutti i cileni, quello che stiamo facendo è avviare un processo di sfruttamento sostenibile preservando l’ambiente e in associazione con il settore privato”.

Critiche però sono giunte anche dal direttore locale di Greenpeace, Matias Asun, che ha sottolineato “la contraddizione evidente con l’impegno a favore dell’ambiente assunto dal presidente Gabriel Boric” chiedendo al governo di impegnarsi ufficialmente “a proteggere i ghiacciai e le saline e a preservare le risorse idriche del Cile”.

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Sulla scena politica argentina irrompe l’ultraliberista Milei

Nonostante i danni fatti in mezzo mondo l’ultraliberismo continua a produrre politici in serie. L’ultimo rappresentante di questa idea politica è l’argentino Javier Milei che ha come punti forti della sua azione la chiusura della Banca centrale, l’eliminazione dell’educazione e dalla sanità pubblica, la liberalizzazione del commercio delle armi e degli organi. Seguendo, a sua dire, una dottrina che si basa sulle idee di Friedrich Hayek

Milei, da molti considerato una sorta di Bolsonaro in salsa argentina ha fatto irruzione sulla scena politica locale a circa sei mesi dalle presidenziali ed è ben presto balzato agli onori della cronaca per le sue proposte e stabilmente tra i primi nei sondaggi pre-elettorali, e molti analisti lo vedono come possibile sorpresa.

Attualmente l’Argentina sta vivendo una grave crisi economica con un’inflazione superiore al 100% su base annua, una situazione che potrebbe favorire candidati “antisistema” o presunti tali, che si scagliano contro la casta politica.

Recentemente intervenuto ad un convegno pubblico di imprenditori Milei ha sostenuto la proposta della dollarizzazione dell’economia come strumento per annientare l’inflazione” oltre ad un programma di tagli alle spese delle Stato che capace di 13 punti del Pil, sentenziando “se non fosse per lo Stato non sareste i più ricchi dell’Argentina, ma i più ricchi del mondo”.

In precedenza, Milei aveva sedotto l’establishment agricolo parlando in un forum della Sociedad Rural Argentina, l’associazione più tradizionale che riunisce i produttori agricoli e che controlla il flusso di dollari delle esportazioni di grani, promettendo l’azzeramento di tutti i diritti di esportazione e la possibilità, grazie alla dollarizzazione, di poter guadagnare in biglietti verdi e triplicare il fatturato.   

Firmati accordi per la cooperazione tra Venezuela e Bolivia

Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro e il suo omologo boliviano, Luis Arce, hanno firmato 13 accordi di cooperazione in aree strategiche presso il Palazzo Miraflores a Caracas.

Da quanto si è appreso le intese hanno lo scopo di rafforzare le relazioni bilaterali e cercare di approfondire il processo di integrazione tra i due paesi indiolatini in settori quali energia e petrolio, gas, istruzione, cultura, salute, estrazione ecologica, servizi aerei e scambio di notizie.

Gli accordi sono stati siglati in chiusura della III Commissione per l’Integrazione Bolivia-Venezuelana.

Dopo aver firmato i documenti Arce ha spiegato che il suo obiettivo è quello di “migliorare l’integrazione della nostra America Latina, costruire quella Grande Patria che tutti desideriamo e desideriamo costruire. Continueremo a lavorare. Vogliamo anche l’integrazione nelle comunicazioni, nel trasporto aereo. Vogliamo che il Venezuela senta di avere un grande alleato in Bolivia”.

Da parte sua, il presidente venezuelano ha sottolineato l’importanza della firma dei 13 accordi, e ha assicurato che si sta riprendendo un’alleanza strategica a cui dedicare tempo e ottenere risultati, motivo per cui devono essere lavorati con zelo da entrambi i governi.

Maduro ha anche ratificato la proposta che entrambe le nazioni diventino un asse centrale degli investimenti petrolchimici, al fine di garantire fertilizzanti agli agricoltori della regione latinoamericana e caraibica per i processi di produzione alimentare. “Più che un memorandum d’intesa, questi 13 documenti sono un impegno giurato tra i nostri popoli per avviare una nuova fase di lavoro comune, unione e integrazione tra la nostra sorella Bolivia e il Venezuela”, ha sottolineato il primo mandatario di Caracas.

Ancora in crisi l’economia argentina

Continua la crisi dell’economia argentina nonostante le politiche messe in atto dal presidente Alberto Fernandez soprattutto per arginare il problema dell’inflazione.

Dodici mesi fa l’inflazione era oltre il 55% su base annua ed aumentata del 6,7% rispetto al mese precedente. Così il 15 marzo 2022 il capo dello annunciò che l’esecutivo avrebbe impiegato tutte le sue forze e il suo impegno per contenere l’incremento dei prezzi. Nonostante ciò, però oggi l’aumento dei prezzi è del 104,3% ed anche solo rallentare l’inflazione appare complicato.

Nell’ultimo anno a complicare il quadro anche quelle che è considerata la peggiore siccità della storia argentina. L’impatto della mancanza di piogge sulla produzione agricola è stato stimato per il 2023 in circa 2 punti del pil. Questo significa che quest’anno mancheranno all’appello delle casse statali e delle riserve della Banca centrale argentina tra i sei e gli otto miliardi di dollari.    

Si tratta di un contesto che chiaramente non accompagna gli sforzi del governo per “riordinare” la macroeconomia attraverso un programma economico concordato con il Fondo monetario internazionale (Fmi) e basato sulla classica ricetta che prevede essenzialmente una drastica riduzione del deficit e delle emissioni.     

Per cercare di far fronte a questa crisi il ministro dell’Economia, Sergio Massa, ha annunciato di aver raggiunto una serie di accordi con istituzioni di credito multilaterali per un ammontare complessivo di circa due miliardi di dollari, sforzi che però non bastano alle banche di investimento statunitensi che sostengono che la situazione nel paese continuerà a peggiorare; ad esempio per Jp Morgan “i crescenti squilibri monetari, i controlli alle importazioni e le difficoltà di bilancio nel quadro di una siccità severa aggiungono all’inerzia già elevata dell’inflazione un’ulteriore pressione sui prezzi”; mentre Morgan Stanley ha corretto al rialzo le sue stime di inflazione per il 2023 portandole a un +120%.

Celebrata a Roma la figura del leader vietnamita Ho Chi Minh

Nell’ambito delle celebrazioni per i 50 anni nelle relazioni tra l’Italia ed il Vietnam si è svolto oggi, martedì 18 aprile, a Roma, presso la sede della rappresentanza diplomatica di Hanoi, il convegno “Ricerca sulle attività del presidente Ho Chi Minh in Italia”.

Ad apire i lavori sulla figura dello statista che si è battuto per l’indipendenza del suo paese Nguyen Trong Nghia membro del Segretario del Partito comunista del Vietnam, che ha ribadito l’attualità della figura e del pensiero dell’ex primo mandatario vietnamita.

Tra gli altri relatori che si sono alternati da segnalare Stefano Bonilauri (Anteo edizioni), Mauro Alboresi, segretario nazionale del Partito comunista italiano, e Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista.

Nel corso del dibattito è stato ricordato anche il breve soggiorno di Ho Chi Minh nel nostro paese, nello specifico a Milano negli anni ’30 e l’influenza che ha avuto in seguito sul comunismo italiano; inoltre è stata presentata anche una rapida rassegna dei testi pubblicati nella Penisola sul fondatore del movimento Viet Minh (Lega per l’indipendenza del Vietnam).

L’ambasciatore Duong Hai Hung, oltre alla figura di Ho Chi Ming, ha ricordato anche i rapporti tra Roma e Hanoi che grazie ad una tradizionale amicizia continua a consolidarsi e svilupparsi.

Ministro russo Lavrov in visita nei paesi indiolatini

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, inizia oggi un viaggio di lavoro nei paesi dell’America indiolatina; il suo tour diplomatico toccherà Brasile, Venezuela, Nicaragua e Cuba, e si concluderà venerdì 21 aprile.

Secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri di Mosca attraverso una nota, nel corso del suo viaggio Lavrov incontrerà i suoi omologhi e leader latinoamericani per rafforzare la cooperazione bilaterale in questioni politiche, economiche, commerciali, educative ed umanitarie.

Gli incontri si concentreranno sulla strutturazione di strategie per rafforzare “i fondamenti giuridici internazionali del mondo moderno, il cui quadro di base è la Carta delle Nazioni Unite”, si legge nel testo.

Anticipando il viaggio, il rappresentante russo aveva dichiarato che i legami di Mosca con i paesi latinoamericani e caraibici sono solidi e aveva ringraziato la regione per la sua posizione sul suo paese, soprattutto dopo la sua speciale operazione militare per l’Ucraina. Sempre Lavrov ha aggiunto che la Russia non vuole che la regione sudamericana diventi campo di battaglia tra le potenze.

Sempre il capo della diplomazia russa ha poi ricordato che l’Occidente intende imporre alla comunità internazionale un ordine globale unipolare e neocoloniale, per cui ricorre a ingerenze e lancia “operazioni ideologicamente motivate per rovesciare governi indesiderabili”, misure restrittive unilaterali e guerre ibride, “molti popoli del mondo ne hanno già sentito le conseguenze, tra cui quelli di Cuba, Venezuela, Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia e Siria”.

Per quanto riguarda la cooperazione con le nazioni latinoamericane e caraibiche, ha definito che “si basa su un approccio deideologizzato e pragmatico che non va contro nessuno. Siamo per l’unità e la diversità dei paesi latinoamericani e caraibici. Nella diversità sono forti, politicamente coesi ed economicamente sostenibili”.

Le esportazioni russe verso i paesi dell’America Latina e dei Caraibi sono cresciute del 3,8% nel 2022 nonostante le sanzioni occidentali dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. Inoltre, le forniture di fertilizzanti e prodotti petroliferi sono aumentate, mentre le esportazioni di grano russo sono aumentate del 48,8%.

Brasile, chiesta inibizione ai pubblici uffici per l’ex presidente Bolsonaro

L’ufficio del procuratore elettorale brasiliano ha riferito che il Tribunale elettorale superiore (Tse) ha avanzato la proposta di inibire alla vita politica l’ex presidente Jair Bolsonaro per abuso di potere politico. Se la richiesta venisse accolta per otto anni non potrebbe candidarsi a ricoprire cariche elettive.

Lo scorso anno, alla vigilia delle presidenziali, nel corso di un incontro con gli ambasciatori brasiliani, l’ex presidente filo statunitense ha cercato di mettere in discussione la trasparenza del sistema di voto che il paese utilizza dal 1996 asserendo che il suo avversario, Luiz Inázio Lula da Silva, avrebbe potuto vincere ricorrendo a brogli.

Attualmente Bolsonaro è indagato dal Tse per aver diffuso questa accuse con aperta finalità elettorale e attraverso canali ufficiali dai palazzi di Planalto (sede dell’esecutivo) e La Alvorada (residenza ufficiale del capo dello Stato).

Secondo il Pubblico ministero l’ex primo mandatario del paese avrebbe commesso un abuso di potere politico, quindi, ha trasmesso al Tse la sua richiesta di rendere l’ex presidente ineleggibile.

Nel corso dell’incontro con gli ambasciatori, trasmesso in diretta sui canali ufficiali, un Bolsonaro già immerso nella campagna presidenziale ha insistito sul fatto che le elezioni del 2018 (quando vinse al ballottaggio) non furono del tutto trasparenti e che ci furono delle irregolarità nelle elezioni del 2014, quando Dilma Rousseff (Partito dei Lavoratori) venne rieletta presidente.

Inoltre, l’ex presidente avrebbe anche insinuato che i membri della Giustizia elettorale e della Corte Suprema hanno legami con la sinistra e cercherebbero di avvantaggiarla. Secondo quanto riportato dai media locali, Bolsonaro avrebbe circa 16 casi aperti nel Tse e, inoltre, è indagato in una decina di processi che sono in corso di elaborazione presso la Giustizia ordinaria e in altri cinque presso la Corte Suprema Federale (Tsf).

Argentina, lavoratori in sciopero contro politiche Fmi

La Central de Trabajadores de Argentina Autónoma (Ctaa) ha realizzato ieri, mercoledì 12 aprile, uno sciopero nazionale per chiedere un aumento salariale edenunciare le politiche del Fondo monetario internazionale (Fmi).

Al grido di “basta con le politiche dell’Fmi” i lavoratori argentini si sono riuniti per chiedere retribuzioni in grado di “porre fine alla fame ed alla povertà” in grado di contrastare la crescente inflazione che affligge l’economia del paese.

Il segretario generale del Ctaa, Hugo Godoy, ha precisato che la richiesta dell’aumento riguarda tutti i lavoratori ed anche i pensionati e che si chiede anche “un cambio di politica economica perché il piano economico di oggi è del Fmi, anch’esso inflazionistico e inadeguato per la popolazione”.

Godoy ha sottolineato anche che le politiche del Fmi sono responsabili della “profonda regressione del reddito dei settori popolari, della tremenda inflazione che erode il reddito dei lavoratori e delle difficoltà delle piccole e medie imprese”.

“L’interferenza dell’Fmi – ha aggiunto – condiziona lo Stato nazionale, provinciale e municipale all’attuazione di politiche di recupero del reddito dei settori popolari e produttivi, il che implica l’aumento della povertà fino all’indigenza, e la difficoltà dei lavoratori a superare l’inflazione”.

Lo sciopero ha riguardato tutte le principali città anche se la manifestazione principale ha riguardato la capitale dove i lavoratori si sono radunati sotto la sede del ministero del Lavoro. Alla mobilitazione convocata dal Ctaa si sono uniti anche il Movimento dei lavoratori esclusi (Mte), la Corrente classista e combattiva (Ccc), nonché settori del Fronte Popolare Darío Santillán (Fpds).

Giornata mondiale di Gerusalemme a Roma

Sarà celebrata anche a Roma il 14 aprile, nell’ultimo venerdì del Ramadan mese di digiuno e preghiera per i musulmani, la Giornata mondiale di Gerusalemme (al Quds), istituita dall’Imam Khomeyni nel 1979 per sensibilizzare i musulmani e le persone di tutto il mondo e per sollecitare la solidarietà e la vicinanza di tutti gli amanti della libertà e della giustizia verso il popolo palestinese ed invitare alla resistenza contro Israele.

La proclamazione dell’Imam coincideva a grandi linee con la chiusura dell’Ambasciata di Tel Aviv a Teheran. Era infatti la prima volta che un paese del Vicino Oriente, dopo aver riconosciuto la legittimità dell’entità sionista, tornava sui suoi passi e interrompeva unilateralmente le relazioni diplomatiche.

Gerusalemme è considerata città santa dalle tre principali religioni monoteiste: cristianesimo, islam ed ebraismo anche se oggi è di fatto blindata e militarizzata dalle forze di sicurezza sioniste come i tragici fatti di sangue avvenuti in questi ultimi giorni di festa hanno tristemente ricordato a tutto il mondo.

Nella capitale a parlare di Gerusalemme e della situazione in Palestina, al Centro congressi Cavour,  ci saranno, tra gli altri Adolfo Morganti (presidente Associazione culturale Identità europea), Stefano Bonilauri (Anteo edizioni) e Lorenzo Maria Pacini (Adjunct Professor presso Università Lorenzo de’ Medici); nel corso dell’incontro sarà anche letto un comunicato dell’Organizzazione degli ebrei ortodossi Neturei Karta.

Lula in Cina per consolidare relazioni con Pechino

Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, è partito oggi, martedì 11 aprile, per la Cina con l’obiettivo di consolidare i rapporti con Pechino e riportare il paese indiolatino al centro dello scacchiere geopolitico mondiale.

Il ministero degli Esteri brasiliano ha annunciato che Lula incontrerà venerdì prossimo il presidente Xi Jinping per discutere della guerra in Ucraina e di altre questioni di interesse comune; il giorno prima, giovedì, invece visiterà la città di Shanghai per assistere all’investitura dell’ex presidente Dilma Rouseff come presidente della banca Brics.

L’agenda del viaggio del primo mandatario brasiliano comprende incontri ufficiali, colloqui bilaterali e la firma di quasi 20 accordi commerciali e di cooperazione. Preparandosi alla partenza il capo di Stato ha auspicato di consolidare i rapporti con il colosso asiatico.

“Quello che vogliamo – ha sottolineato – è costruire una partnership con i cinesi, collaborare con i cinesi, in modo che possano investire in cose che ancora non esistono, nuove autostrade, ferrovie, idroelettrico, qualsiasi cosa significhi qualcosa di nuovo per il Brasile”.

Secondo i dati ufficiali, nel 2022 la Cina ha importato oltre 89,7 miliardi di dollari di prodotti brasiliani, soprattutto soia e minerali, mentre le esportazioni sono state di 60,7 miliardi di dollari.

Il volume scambiato tra Brasile e Cina, di 150,4 miliardi di dollari, è cresciuto di 21 volte dalla prima visita di Lula nel Paese asiatico, nel 2004.

La visita inoltre segue di poche settimane l’annuncio che gli scambi tra i due paesi non avverranno più in dollari ma nelle rispettive divise nazionali.