Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: febbraio 2023

Messico, opposizione in piazza contro la riforma elettorale

Almeno 90mila persone sono scese in piazza ieri a Città del Messico per manifestare contro la riforma elettorale , denominata “Piano B”, approvata dal Parlamento su proposta del presidente Andrés Manuel López Obrador (Amlo).

Secondo gli organizzatori, davanti al Palazzo Nazionale (sede dell’Esecutivo) e alla Corte Suprema di Giustizia della Nazione (Scjn) i cittadini, vestiti di rosa e bianco, hanno gridato all’unisono “il mio voto non si tocca, la Corte ha una missione, rispettare la costituzione”.

Quella di ieri è stata la seconda manifestazione dallo scorso dicembre dopo che il Congresso ha già bocciato una prima versione della riforma elettorale con la quale era stata proposta la creazione dell’Istituto nazionale delle elezioni e delle consultazioni (Inec) per sostituire, tra l’altro, l’attuale Ine.

Beatriz Pagés, esponente di Va por México, movimento di opposizione ha spiegato che la manifestazione è per difendere l’attuale struttura dell’Ine ma che si sta anche creando un fronte per vincere le elezioni presidenziali del 2024 e ha chiesto agli esponenti della Scjn di “mandare in discarica” il cosiddetto “Piano B”.

Alla manifestazione hanno partecipato anche i leader delle forze di opposizione come Marko Cortés, presidente del partito conservatore di Azione Nazionale (Pan); Jesús Zambrano, del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd); Alejandro Moreno, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri), così come il presidente della Camera dei Deputati, Santiago Creel. Commentando la manifestazione Amlo ha spiegato che: “Questa è una questione politica se ne fregano della democrazia, vogliono che continui il predominio di un’oligarchia, cioè un governo dei ricchi, dei potenti. Se ne fregano del popolo”.

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Perù, popolarità di Boluarte ai minimi

Sempre più scollamento in Perù tra il presidente Dina Boularte e la popolazione. Più di tre cileni su quattro infatti condannano l’atteggiamento del Capo di Stato, mentre nove su dieci disapprovano il comportamento del congresso. A riferirlo un sondaggio condotto dall’Istituto di studi peruviani (Iep).

La ricerca, svolta la scorsa settimana, rivela anche che l’insoddisfazione dei cittadini per l’operato della Boluarte è all’86% nelle regioni meridionali del paese, ovvero quelle dove si registrano i principali scontri tra cittadini e forze di polizia. A livello nazionale invece il 73% degli intervistati ritiene che debba dimettersi.

Il sondaggio evidenzia anche come il 69% ritenga opportuno indire nuove elezioni politiche entro l’anno, mentre un 19% aspetterebbe il prossimo.

Poco meno della metà degli intervistati, il 47%, si è detto favorevole ad apportare modifiche alla Costituzione, mentre più di uno su tre, il 36% la sostituirebbe completamente.

Solo nelle scorse settimane il Congresso ha respinto quattro mozioni che chiedevano di indire nuove elezioni, dando seguito ad una delle principali richieste della popolazione che sta protestando dallo scorso dicembre. In questi mesi la repressione della polizia ha provocato la morte di circa 70 manifestanti mentre il capo dello Stato rifiuta di lasciare l’incarico, affermando che le sue dimissioni “non sono in gioco”.

Ecuador, l’ex presidente Lenin Moreno sarà processato

L’ufficio del procuratore generale dello Stato ecuadoriano (Fge) ha annunciato che l’ex presidente, Lenín Moreno, così come i membri della sua famiglia e gli ex funzionari saranno processati per il presunto reato di corruzione nell’ambito della vicenda Ina papers.

Il procuratore generale dello Stato, Diana Salazar, ha chiesto alla Corte nazionale di giustizia (Cnj) di fissare la data dell’udienza per formulare le accuse contro Moreno; sua moglie, Rocío González; sua figlia Ina Moreno; nella vicenda sono coinvolti anche più di 30 funzionari pubblici e vari familiari dell’ex primo mandatario.

La Procura ha deciso di chiamare la vicenda Sinohydro, nome della presunta rete di corruzione interstatale e transnazionale attorno al progetto idroelettrico Coca Codo Sinclair, che avrebbe visto compiersi irregolarità tra il 2009 ed il 2018.

Secondo Salazar, l’importo della presunta corruzione sarebbe di circa 76 milioni di dollari, che corrisponderebbero a circa il 4% del valore contrattato per l’opera, che inizialmente era di poco meno di 2 milioni di dollari.

Il Pubblico ministero ha evidenziato che le tangenti sono state consegnate da Sinohydro e veicolate da terzi attraverso l’utilizzo di falsi di servizi di consulenza e rappresentanza, pagati attraverso doni, assegni e bonifici. Il caso, inizialmente noto come Ina Paper per i suoi legami con la società offshore Ina Investment Corporation, è stato aperto nel 2019 circa due anni dopo l’insediamento di Moreno.

Colombia, da presidente Pedro nuovo attacco a Eln

Sempre più in salita il dialogo di pace tra il governo colombiano e i guerriglieri dell’Ejercito de liberacion nacional (Eln).

Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, è infatti tornato ad attaccare il gruppo condannando il sequestro di un militare dell’esercito da parte della guerriglia Eln; il nuovo scambio di accuse arriva mentre sono in corso negoziati nel quadro del processo di “pace totale” avviato tra il governo e rappresentanti della fazione armata.     

“Condanno il sequestro del sergente dell’esercito nazionale. Sono azioni che sabotano qualsiasi possibilità di pace”, ha scritto Petro su Twitter, aggiungendo “questi atti di violenza contro la Forza pubblica e quello che soffrono giornalmente le comunità non possono essere ammessi nella nostra società”.

L’Eln, da parte sua, ha rivendicato il sequestro del sergente con un comunicato emesso a firma del “Fronte di guerra orientale” dove si garantisce che il militare “riceve un trattamento in accordo con i diritti umani e alla realtà della guerra che si vive nel dipartimento di Arauca”. Il rappresentante delle forze di sicurezza è stato sequestrato scorso 14 febbraio ad Arauquita,  nella regione di Arauca al confine con il Venezuela, una delle più colpite dalla guerra tra le fazioni irregolari che lottano per il controllo del territorio e del traffico di droga.

Solo 24 ore dopo aveva preso il via in Messico il secondo round di negoziati tra governo ed Eln nel quadro della proposta di un accordo sulla “pace totale” con tutti i gruppi armati del Paese avanzata dal presidente Petro fin dal suo insediamento ad agosto del 2022. In quell’occasione il capo negoziatore dell’Eln, Pablo Beltran, aveva auspicato “un efficace avanzamento e sostegno al processo di pace in Colombia”.   Messico, Venezuela, Cile, Norvegia e Brasile sono garanti del processo in corso, iniziativa accompagnata anche da Onu, Chiesa cattolica e dai governi di Svezia, Germania, Svizzera e Spagna.

Messico: presidente Lopez Obrador nazionalizza il litio

Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha firmato il decreto in cui dichiara che il litio è proprietà della nazione e il suo sfruttamento sarà di esclusiva competenza del governo di Città del Messico.

Il testo che stabilisce che una superficie di oltre 234mila ettari nello stato di Sonora, nel nord del Messico sarà considerati riserva di litio nazionale.

In base a ciò ora il ministero dell’Energia ha assunto l’incarico di svolgere lavori di follow-up per l’estrazione di questo minerale essenziale per lo sviluppo del mercato delle auto elettriche, poiché è alla base della produzione delle batterie utilizzate.

Amlo ha spiegato che: “

Il presidente messicano ha indicato che: “Quello che stiamo facendo ora, è nazionalizzare il litio in modo che non possa essere sfruttato da stranieri, né dalla Russia, né dalla Cina, né dagli Stati Uniti. Il petrolio e il litio appartengono alla nazione, appartengono al popolo del Messico, a te, a tutti coloro che vivono in questa regione di Sonora, a tutti i messicani”.

La scelta di procedere alla nazionalizzazione delle ricchezze del sottosuolo messicano nasce dalla consapevolezza del ruolo che il litio giocherà nel futuro prossimo all’interno del processo tecnologico mondiale.

Brasile, a maggio aumento del salario minimo

A maggio il salario minimo in Brasile aumenterà passando a1.302 reais, (circa 250 euro), a 1.320 (poco meno di 260 euro). Lo ha ribadito il neo presidente Luis Inácio Lula da Silva che, dopo aver rilanciato il piano abitativo, continua a portare avanti politiche sociali a vantaggio delle fasce più deboli della società.

Il primo mandatario carioca ha spiegato che è stato raggiunto un accordo con i movimenti sociali, con il ministero del Lavoro e con il ministro Fernando Haddad per la norma che entrerà in vigore il prossimo I maggio in occasione della festa dei lavoratori.

“A maggio riadatteremo il valore del salario minimo a 1.320 reais, e stabiliremo una nuova regola per il suo adeguamento tenendo conto, oltre che di contenere l’inflazione, della crescita del Pil, perché è il modo più equo per distribuire la crescita economica” ha detto Lula.

Il capo dello Stato ha anche aggiunto che la tabella dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpf) sarà riadattata e coloro che guadagnano fino a 2.640 reais (circa 500 dollari) saranno esentati dall’imposta, rivedendo quindi una norma che non viene più aggiornata dal 2015.
L’intenzione in questo caso è di arrivare ad estendere l’esenzione fino a 5mila reais, come annunciato nel corso della scorsa campagna elettorale.

Sempre per quanto attiene alle politiche sociali il governo ha anche stabilito un riadeguamento tra il 25% e il 200% delle borse di studio universitarie il cui valore è fermo dal 2013.

Venezuela: 22 ottobre primarie delle opposizioni

La Commissione nazionale delle primarie (Cnp) dell’opposizione in Venezuela ha annunciato che il prossimo 22 ottobre si svolgeranno le primarie in vista delle presidenziali del 2024 contro il presidente uscente Nicolas Maduro del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv).

Il numero uno della Cnp Josè  Maria Casal, ha detto che “ci deve essere unità politica e civica” invitando i rappresentanti delle opposizioni “a proseguire nella lotta per il cambiamento, utilizzando lo strumento delle elezioni interne dell’opposizione”.   

Casal ha poi ricordato che il Consiglio elettorale nazionale (Cne) ha accettato di formare una commissione tecnica mista per valutare la richiesta del Cnp di utilizzare il 22 ottobre i seggi elettorali e di organizzare “giornate speciali per aggiornare il registro elettorale”.

Alla riunione del Cnp hanno partecipato anche gli Ambasciatori e gli incaricati d’affari accreditati nel Paese di Giappone, Cile, Francia, Spagna, Svizzera, Ue, Germania, Portogallo, Perù, Paesi Bassi, Italia e Polonia.

Casal ha spiegato che il programma della manifestazione prevede dal 28 febbraio al 19 marzo il Giuramento delle Giunte Regionali, il 21 aprile l’invito degli osservatori, il 24 aprile la pubblicazione dei regolamenti e dal 24 maggio al 23 giugno la nomina dei candidati. Dal 22 agosto al 20 ottobre si svolgerà la campagna elettorale e il 22 ottobre sarà il giorno delle elezioni. “Il dado è tratto nel senso storico di questa frase, avanzeremo risolutamente verso l’obiettivo prefissato insieme a tutti i cittadini che vogliono il cambiamento politico, ai quali spetta d’ora in avanti guidarlo con il nostro processo di sostegno”.

Pur mancando ancora l’ufficialità le presidenziali dovrebbero tenersi il prossimo anno. Le precedenti si sono svolte nel 2018 ma a causa del boicottaggio delle forze di destra l’affluenza è stata inferiore al 50%, motivo per cui alcuni paesi, guidati dagli Usa, non hanno riconosciuto la rielezione di Maduro.

L’anno successivo ne è scaturito il golpe farsa organizzato da Juan Guidò e sostenuto dagli Usa che però è fallito a causa del mancato sostegno della popolazione.

Brasile, governo rilancia piano abitativo

Il governo del Brasile ha deciso di rilanciare il programma abitativo Minha Casa, Minha Vida con la consegna di 684 alloggi a Santo Amaro, nello stato di Bahia; il programma elettorale del neo presidente Luiz Inácio Lula da Silva prevede la consegna di circa due milioni di abitazioni nel corso del suo mandato.

Nelle intenzioni del primo mandatario il programma federale genererà anche un milione di posti di lavoro arginando, in piccola parte, la piaga della disoccupazione che nel paese indiolatino sotto la gestione di Jair Bolsonaro, ha raggiunto quota 12 milioni.

“La ruota della fortuna in questo paese comincia a girare. Sono venuto a consegnare la chiave di una casa a una donna che riesce a malapena a prendere la chiave per tanta emozione, perché la sua casa era arredata”, ha detto il presidente.

Esprimendo il suo impegno per la ricostruzione di un altro Paese, il capo dello Stato ha affermato che “il popolo brasiliano tornerà a fare colazione, pranzare, cenare, vivere, studiare, lavorare, avrà accesso a cose che tutti dovrebbero avere”, cose semplici e non banali in un paese dove oltre 30 milioni di persone vivono in povertà

A maggio inoltre dovrebbe entrare in vigore la nuova legge sul salario minimo portandolo al 1300 reais, circa 240 euro; inoltre a questo dovrebbe essere legato anche un nuovo programma di sussistenza che garantirà un sussidio di circa 1200 reais a famiglia.   Il programma abitativo è stato avviato da Lula nel 2009 e ad oggi ne hanno beneficiato oltre 10 milioni di persone, nonostante l’interruzione voluta da Bolsonaro.

In Messico nuovo round negoziati colombiani

Una delegazione del governo colombiano del presidente Gustavo Petro ed una dell’esercito di liberazione nazionale (Eln) si sono incontrate a Città del Messico, nell’ambito del secondo round di negoziati di pace nel tentativo di raggiungere un accordo per consolidare il cessare il fuoco.

Il primo incontro tra le parti si è svolto lo scorso novembre in Venezuela, a Caracas, ed ha visto anche la presenza di Pablo Beltran, capo negoziatore dell’Eln.

Attraverso un comunicato stampa l’Ufficio dell’Alto Commissario per la Pace colombiano ha sottolineato che “siamo sicuri che durante questo round del dialogo di pace, si compiranno progressi sui temi concordati e, alla fine, si rafforzerà l’autorità delle delegazioni, il sostegno della comunità internazionale e la fiducia della società colombiana nel processo”.   

Dopo l’incontro avvenuto a Caracas ci sono state nuove tensioni a causa dell’annuncio effettuato alla fine dell’anno dell’entrata in vigore di una tregua fra le parti, che però l’Eln ha smentito.  Questo round di colloqui durerà circa tre settimane e prevede anche un riesame della prima fase del negoziato svoltosi in Colombia fra il 2016 e il 2019 e interrotto per un attentato della guerriglia, questioni relative al cessate il fuoco e alla partecipazione della società colombiana nella costruzione della pace.    Messico, Venezuela, Cile, Norvegia e Brasile saranno i garanti del processo in corso, che sarà accompagnato anche da Onu, Chiesa cattolica e da delegati dei governi di Svezia, Germania, Svizzera e Spagna.

Messico guiderà paesi contrari ad embargo contro Cuba

Il Messico si è assunto l’onore e l’onere di guidare i paesi che si oppongono al criminale embargo statunitense contro Cuba.

Al termine di una riunione bilaterale tra i due paesi indiolatini il primo mandatario messicano Andreas Manuel Lopez Obrador (Amlo) ha infatti annunciato che il governo di Città del Messico guiderà una mobilitazione internazionale a sostegno della sovranità cubana, rivolgendo poi un nuovo appello al presidente americano Joe Biden affinché revochi l’embargo imposto all’isola caraibica.  

Soddisfatto il presidente cubano Manuel Diaz Canel che ha riconosciuto come il Messico “abbia storicamente sostenuto Cuba, sollecitando la revoca del l’embargo, soprattutto all’economia e al settore sanitario” che “non ha avuto tregua nemmeno nei momenti più complessi della pandemia”.   

Amlo ha assicurato che “il Messico guiderà attivamente un movimento affinché tutti i Paesi si uniscano e difendano l’indipendenza e la sovranità di Cuba”, auspicando che l’Avana venga rimosso dalla lista degli stati terroristici perché “il popolo ed il governo cubano sono profondamente umani”. Gli Usa hanno imposto un vergognoso embargo contro Cuba dopo la rivoluzione castrista e le politiche rivoluzionari realizzate da Fidel Castro tra cui la nazionalizzazione delle imprese con cui all’epoca le grandi industrie statunitensi sfruttavano i beni del paese e la riforma agraria che ha tolto la terra ai grandi latifondisti per distribuirla ai contadini.