Fabrizio Di Ernesto

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Yearly Archives: 2021

Russia e Bielorussia si accordano per rafforzare i legami militari ed economici

Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, e il suo omologo russo, Vladimir Putin, al termine di un faccia a faccia che si è svolto a San Pietroburgo hanno concordato di svolgere esercitazioni militari congiunte in territorio bielorusso, nonché di rafforzare la collaborazione economica bilaterale.

Nel corso del vertice l’uomo forte di Minsk ha ringraziato Putin per il sostegno fornite negli ultimi mesi di fronte alle misure coercitive unilaterali adottate da varie potenze occidentali.

Stando a quanto riferito dalla stampa di Mosca Lukashenko si è detto molto grato per quanto fatto dalla Russia soprattutto per aver sostenuto Minsk “in questo difficile momento delle sanzioni”. In merito a ciò il presidente bielorusso si è lamentato che i paesi occidentali continuano a “strangolare” il paese avendo già “introdotto cinque pacchetti di sanzioni e si sta parlando del sesto. Queste sanzioni sono stupide e inutili”. Nonostante ciò, però il Pil è aumentato “grazie alla Russia ed agli amici internazionali”.

Da parte sua Putin ha proposto di tenere esercitazioni militari congiunte sul territorio della Bielorussia, affermando che le relazioni tra i due paesi ne trarrebbero beneficio. Sempre il leader russo ha accolto con favore l’ammissione delle aziende bielorusse agli acquisti statali in Russia, affermando che “ciò espande significativamente le opportunità per le aziende bielorusse ed è anche vantaggioso per la Russia perché aumenta il livello di concorrenza nel mercato”.

Russia e Bielorussia hanno lavorato alla creazione dell’Unione statale dal 1996, ma solo negli ultimi tre anni le parti sono riuscite a superare le divergenze e hanno iniziato a muoversi verso accordi reciprocamente vantaggiosi.

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Ancora polemiche tra Buenos Aires e Londra sulle Malvinas

Si ridesta la polemica tra Inghilterra e Argentina in merito alle isole MalvinasFalkland secondo i britannici.

A rilanciare lo scontro dialettico il premier inglese Boris Johnson che è tornato a sottolineare la sovranità della regina Elisabetta II, rilanciata da un referendum popolare del 2013, sull’arcipelago dove ormai la quasi totalità della popolazione è di origine britannica.

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Usa e Giappone realizzano piano operativo in caso di “emergenza Taiwan”

Stati Uniti e Giappone hanno redatto un piano di emergenza per un’eventuale operazione militare congiunta in caso di conflitto tra Cina e Taiwan. A riferirlo Kyodo news, una delle principali agenzie di stampa giapponesi.

In base a quanto riferito dalla stampa il piano prevede che il Corpo dei Marines degli Stati Uniti stabilirebbe una o più basi temporanee in una località imprecisata nella catena di isole Nansei, che si estende verso Taiwan fin dalle prime fasi della crisi.

Il Giappone però dovrebbe dichiarare l’esistenza di una minaccia “alla pace ed alla sicurezza” del paese.

Una volta installate queste basi i Marines dispiegherebbero sistemi di artiglieria ad alta mobilità, o Himars, mentre le forze di autodifesa giapponesi offriranno supporto logistico, comprese le forniture di munizioni e carburante.

Secondo il rapporto citato da Kyodo news, sono state identificate circa 40 possibili posizioni di base nella catena di Nansei, che consiste di circa 200 isole abitate e disabitate. La catena si estende a sud-ovest da Kyushu, la terza isola più grande del Giappone, attraverso Okinawa e fino a Yonaguni, che si trova a sole 69 miglia al largo della costa orientale di Taiwan.

Il ministro della Difesa giapponese Nobuo Kishi, per il momento, non ha confermato né smentito le indiscrezioni della stampa pur ammettendo che un eventuale piano di emergenza sarebbe formulato nell’ambito del comitato congiunto Giappone-Stati Uniti.

“Secondo le linee guida stabilite nel 2015, i governi del Giappone e degli Stati Uniti possono elaborare e aggiornare un piano congiunto, in modo che le forze di autodifesa e le forze statunitensi possano cooperare strettamente e adottare misure appropriate durante la contingenza, il che implica la pace e la sicurezza del nostro Paese”, ha precisato.

Kishi ha poi spiegato che Tokyo e Washington sono al lavoro per organizzare i nuovi colloqui tra i due paesi anche se al momento non è stata fissata alcuna data; probabile quindi che nel corso di questi colloqui venga ufficializzato il piano anche in considerazione del fatto che solitamente a questi colloqui prendono parte i principali funzionari della Difesa e degli Affari esteri dei due paesi,

In risposta alla notizia del piano di emergenza di Taiwan, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha detto di aver sentito rapporti simili e ha affermato che la Cina monitorerà da vicino la situazione tuonando: “Voglio sottolineare che Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese. La Cina non consente mai a nessun Paese di intromettersi nella questione di Taiwan e di interferire negli affari interni della Cina con qualsiasi pretesto o in qualsiasi forma. Nessuno dovrebbe sottovalutare la forte risoluzione, determinazione e capacità del popolo cinese di salvaguardare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”.

Libri: I servizi segreti del Terzo Reich di Enrico Cernigoi

Nella Germania nazionalsocialista del III Reich tutto, sia il mondo civile sia quello militare, era organizzato nel dettaglio e nulla era lasciato al caso. Nel corso dei decenni numerosi saggi hanno analizzato il modus operandi nel III Reich a 360° anche se fino ad oggi la capillare organizzazione dei Servizi segreti non era stata mai affrontata.
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Cile: il socialista Boric è il nuovo presidente

Continua la svolta a sinistra del Cile. Il socialista Gabriel Boric, rappresentante di Apruebo Dignidad è infatti il nuovo presidente del paese indiolatino; continua quindi l’onda lunga delle formazioni di centrosinistra che hanno già la maggioranza nell’Assemblea costituente chiamata a scrivere la nuova Costituzione in sostituzione di quella risalente ai tempi del dittatore atlantico Augusto Pinochet.

Gli analisti avevano pronosticato una sfida all’ultimo voto con Josè Kast del centrodestra ed invece Boric ha vinto con oltre il 54% dei voti.

Il risultato non lascia spazio a polemiche o discussioni tanto che lo sconfitto si è subito congratulato con il nuovo Capo dello Stato; “ho appena parlato con Gabriel Boric e mi sono congratulato con lui per il suo grande trionfo. Da oggi è eletto Presidente del Cile e merita tutta la nostra stima e collaborazione costruttiva. Il Cile viene sempre prima di tutto”, ha scritto Kast sul suo account Twitter.

Da segnalare che proprio alla viglia del voto Franco Parisi, candidato presidenziale dell’antipolitica residente negli Stati uniti, giunto terzo nel primo turno con un bacino di 900.000 voti, ha fornito il suo appoggio a Kast.  Per quanto riguarda il voto dei cileni all’estero, Boric ha vinto in Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone, mentre Kast ha prevalso a Singapore e negli Emirati arabi uniti.

Gli Usa promuovono la lotta al terrorismo del Marocco

Il Marocco sta portando avanti una efficace lotta al terrorismo. A certificarlo il Rapporto sul terrorismo 2020 realizzato dal Dipartimento di Stato di Washington. I redattori del rapporto hanno sottolineato come “gli Stati Uniti e il Marocco mantengono una cooperazione solida e di lunga data in questo campo” tanto che il paese nordafricano rappresenta “un importante alleato extra Nato e membro della Trans-Saharan Counterterrorism Partnership (TSCTP).

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America indiolatina, terza regione al mondo con più disuguaglianze

L’America indiolatina è la terza regione al mondo con più disuguaglianze al suo interno dopo Nord Africa e Medio Oriente. A certificarlo il rapporto World Inequality Report sulla disuguaglianza globale, preparato in quattro anni da più di 100 ricercatori di tutto il pianeta, che ha confermato come il 10% più ricco della popolazione concentri il 75% della ricchezza prodotta, mentre il 50% della popolazione mondiale insieme ne possiede solo il 2%.

Lo studio indica che la differenza tra i più ricchi ei più poveri in quella regione può raggiungere il 55 per cento del reddito.

Per quanto riguarda la regione in esame si evidenzia come il Brasile sia il paese con la più alta disuguaglianza, poiché il 50% più povero guadagna 29 volte meno del 10% più ricco.

I ricercatori suggeriscono di applicare un insieme di politiche pubbliche atto a ridurre le disuguaglianze, compresa l’implementazione di una tassa sui grandi patrimoni (variabile tra lo 0,6 e il 3,2%), con la quale si potrebbe catturare il 2,1% del reddito globale e dedicarlo agli investimenti nell’ambito della sanità e dell’istruzione.

Tra gli altri aspetti analizzati dai ricercatori anche la relazione tra reddito e impatto sul clima; dallo studio, infatti, risulta che il 10% più ricco è responsabile dell’emissione del 48% di anidride carbonica (CO2), mentre i più poveri rappresentano solo il 12% delle emissioni.

I ricercatori denunciano anche come nel periodo 1995-2021, la metà più povera del pianeta abbia beneficiato solo del 2,3% della crescita globale, mentre l’1% più ricco ha ottenuto una crescita del 38%.

Sempre lo studio rivela come la crescita del divario di reddito dal 1980 ad oggi, così come l’aumento del capitale di rischio, a scapito degli investimenti in beni pubblici, sia strettamente legata all’applicazione delle politiche neoliberiste.

Evidenziata anche la tendenza verso una distribuzione ineguale della ricchezza in base al genere. A tal proposito si specifica che nel periodo 2015-2020 le donne hanno contribuito solo al 35% della ricchezza generata.

In merito all’emergenza legata al Covid-19 gli studiosi hanno rilevato come la pandemia abbia causato la povertà estrema di circa 100 milioni di persone, portando quest’anno il numero di persone in questa condizione a livello globale a 711 milioni; mentre ciò accadeva, il club dei miliardari (che rappresentano lo 0,001 per cento della popolazione) nel 2020 ha concentrato il 14% del reddito mondiale, con il quale il suo patrimonio è aumentato di 3,6 miliardi di dollari.

Crisi Ucraina: il G7 minaccia la Russia

Con la crisi tra Russia e Ucraina il G7 si compatta in difesa di Kiev e si dice pronto a sfidare Mosca.

Riuniti nella città inglese di Liverpool i ministri degli Esteri dei Paesi del G7 hanno lanciato un appello alla Russia affinché «riduca l’escalation militare nel Donbass e torni alla diplomazia, altrimenti la risposta occidentale sarà molto dura».

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Libia: candidati alla presidenza si accordano per rispettare l’esito del voto

Un totale di 18 candidati alle prossime elezioni presidenziali in Libia hanno dichiarato l’intenzione di rispettare l’esito del voto. L’intesa è giunta al termine di un incontro virtuale nel corso del quale i partecipanti hanno stretto “un patto d’onore” che obbliga i partecipanti ad accettare le regole del processo elettorale e a rispettarne i risultati.

La dichiarazione include personalità di spicco dell’est e dell’ovest Ibrahim al Dabbashi, Asaad Zhio, Ismail al Shtiwi, Bashir Saleh, Hamid al Baghdadi, Hamad Bourouq, Khaled Kaim, Aref al Nayed, Ashour Shawail, Abdul Hakim Bayou, Othman al Basir , Othman Abdul Jalil, Fathi Bashaga, Fadil al Amin, Laila bin Khalifa, Muhammad al Muntasir, Muhammad Khalid al Ghawil e Mahmoud al Tilisi.

I sottoscrittori del patto hanno anche “suggerito” di posticipare il voto, attualmente previsto per il prossimo 24 dicembre, a patto che “venga concluso il processo elettorale”.

Nel corso dell’incontro i 18 hanno anche sottolineato il presunto conflitto di interessi tra il ruolo del governo nel facilitare il processo elettorale e la candidatura del primo ministro, Abdulhamid Dabaiba. Candidatura, quest’ultima, che secondo i 18 produrrebbe disparità di opportunità nella campagna elettorale.

Le parti hanno anche ribadito con forza “il pieno rispetto” del diritto dei libici di esprimere la loro volontà di scegliere i loro leader attraverso le urne, adottando una “posizione coerente e chiara sulla necessità di porre fine alla divisione in tutte le sue forme, unificare le istituzioni tenendo elezioni presidenziali e parlamentari secondo la tabella di marcia concordata”.

Al termine dell’incontro i partecipanti hanno chiesto la formazione di un coordinamento diretto per riuscire ad organizzazione un incontro allargato a Sirte, nella Libia centro-settentrionale, il 20 dicembre, con l’obiettivo di aumentare il coordinamento e ampliare la partecipazione dei candidati al raggiungimento degli obiettivi menzionati.

Nuova Caledonia: bocciato referendum per indipendenza dalla Francia

Per la terza volta nella storia la Nuova Caledonia ha detto no all’indipendenza dalla Francia. Il risultato del voto è stato annunciato con entusiasmo dal presidente transalpino Emmanuel Macron, pur riconoscendo la “forte astensione” che ha contrassegnato la consultazione promossa dagli indipendentisti.

“I Caledoniani hanno scelto di rimanere francesi, liberamente. Per l’intera nazione è un orgoglio e un riconoscimento. La Francia è più bella oggi perché la Nuova Caledonia ha scelto di rimanerci”, ha sottolineato l’inquilino dell’Eliseo che ha aggiunto “inizia un periodo di transizione, che dovrebbe portarci a costruire un progetto comune. La promessa di un destino comune deve guidarci”.

Secondo i risultati parziali ufficiali, con l’84% dei voti scrutinati, il 96% degli elettori si è espresso contro l’indipendenza dell’arcipelago situato nel Pacifico meridionale. La partecipazione è scesa di oltre 30 punti rispetto alle ultime due consultazioni – quando aveva toccato l’80% -, anche se non sono state avanzate percentuali specifiche di partecipazione alle urne.

I principali partiti indipendentisti hanno criticato la consultazione sostenendo che l’emergenza legata al Covid-19 ha condizionato la partecipazione popolare.

Il Fronte di Liberazione Nazionale Canaco Socialista (Flnks), una coalizione che riunisce i principali partiti indipendentisti, e altre forze secessioniste hanno chiesto la “non partecipazione” al plebiscito se non fosse stato rinviato a dopo le elezioni francesi che si terranno nel 2022. Gli indipendentisti inoltre denunciano anche che Parigi ha infranto la sua promessa di non programmare il referendum tra settembre 2021 e aprile 2022 per evitare interferenze politiche causate dalle elezioni francesi.