Cile: sindacati contro sciopero dei camionisti
I sindacati cileni hanno denunciato lo sciopero, attualmente in corso, dei trasportatori accusando anche il governo e le forze di polizia di utilizzare “due pesi e due misure”.
La Confederazione dei Lavoratori del Commercio e dei Servizi, l’Unità Centrale dei Lavoratori, il Coordinatore dei Sindacati e dei Servizi Finanziari e Investimenti e la Federazione Nazionale dei Lavoratori della Farmacia, ed altri sindacati minori, hanno firmato la suddetta dichiarazione in cui accusavano il governo guidato da Sebastián Piñera e le forze di polizia un “doppio standard”.
Lo sciopero in questione è stato organizzato e guidato dal Cntc, la Confederazione nazionale del trasporto terrestre cileno, vicino alla destra ed ha tra le sue rivendicazioni un pacchetto di 13 proposte di legge in materia di sicurezza.
Secondo i sindacati che si oppongono allo sciopero lo scopo dei manifestanti è quello di “imporre al
Parlamento di approvare un pacchetto di misure repressive” aggravando la disoccupazione e l’insicurezza che il paese sta vivendo a causa della pandemia legata al Covid-19.
Secondo le sigle che si oppongono allo sciopero avrebbe aderito a questo solo il 5% dei trasportatori che però avrebbero minacciato i lavoratori che non volevano aderire alla protesta. Inoltre, i manifestanti hanno costretto le ambulanze a deviare dai percorsi stabiliti per l’emergenza Coronavirus ed avrebbero anche violato gli standard sanitari indicati dalla legge.
Il direttore nazionale della Confederazione nazionale dei camionisti del Cile (Cndc), Miguel Jara, ha ribadito la sua contrarietà di fronte allo sciopero della Cntc, sostenendo che le azioni che i manifestanti stanno compiendo potrebbero scatenare una “catastrofe per la nazione” data l’importanza del trasporto.
Lo sciopero indetto dalla Cntc è iniziato nelle prime ore di giovedì scorso, 27 agosto, e continuerà fino a quando il governo “ripristinerà lo stato di diritto”.
All’Italia 27 milioni del Sure
Stanno per essere disponibili i 27,4 miliardi dei fondi europei Sure destinati all’Italia per la Cig. Questa la strategia messa a punto dalla Commissione Europea per aiutare, tramite prestiti, i paesi membri a far fronte alle devastanti conseguenze socio-economiche del Coronavirus.
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Il Venezuela vuole riallacciare i legami bilaterali con il Brasile
Il Venezuela vuole riallacciare i legami bilaterali con il Brasile sospesi dopo l’elezione di Jair Bolsonaro e l’autoproclamazione del golpista Juan Guaidò quale presidente del Venezuela. Ad annunciarlo il ministro degli Esteri del Venezuela, Jorge Arreaza, che ha proposto di mettere da parte le divergenze politiche ed ideologiche perché: “Non possiamo mettere le differenze ideologiche al di sopra dei nostri popoli”.
La dichiarazione di intenti del capo della diplomazia chavista è giunta nel corso di un incontro con gli ex ministri degli esteri brasiliani Celso Amorim e Aloysio Nunes, in merito alle relazioni tra Brasilia e Caracas.
Il diplomatico venezuelano ha sottolineato come nonostante le differenze e gli attacchi al Paese, da parte del presidente del Brasile, Bolsonaro, il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, ha mantenuto la disponibilità al dialogo, soprattutto nel corso della pandemia legata al Covid-19.
“Non solo per la salute, iniziamo da lì, poi parliamo della sicurezza, della difesa, del commercio, a tutte le aree di cooperazione bilaterale”, ha ribadito il ministro Arreaza, auspicando l’intervento dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur).
Lo scorso 7 agosto, il diplomatico venezuelano ha inviato una lettera al suo omologo brasiliano nella quale ribadiva l’interesse del suo governo a stabilire la più stretta collaborazione per affrontare l’emergenza sanitaria.
Russia posiziona primo satellite sull’Atlantico
Per la prima volta nella storia la Russia ha posizionato un proprio satellite sull’Atlantico, ufficialmente il mezzo permetterà a Mosca di raccogliere informazioni di carattere meteorologico sia regionali che mondiali.
A riferirlo sono stati i media russi precisando che il satellite è stato realizzato dalla compagnia Roscosmoms e fa parte della serie Electro-L. Un tweet della compagnia ha precisato che “il 25 agosto, il satellite russo Electro-L n. 2 è stato manovrato da un punto di 76 gradi di longitudine est a un punto di 14,5 gradi di longitudine ovest. Gli strumenti del satellite operano in regime di regolamentazione”.
Per quanto riguarda le ulteriori specifiche tecniche il satellite ha un’orbita geostazionaria – circolare ed equatoriale ad un’altezza per la quale il periodo di rivoluzione coincide con quello di rotazione della terra – ad oltre 36 chilometri dalla superficie terrestre.
In passato la Russia aveva tentato più volte di compiere un’impresa simile specie dopo che nel 1994 aveva lanciato un satellite meteorologico geostazionario Electro operante sull’Oceano Indiano.
Grazie a questo dispositivo il Servizio Idrometeorologico, il Ministero della Difesa e altre organizzazioni russe, potranno ottenere informazioni a livello regionale e globale sul meteo, dati utili per valutare le condizioni di volo in aviazione, monitoraggio di situazioni di emergenza, segnali di relè, tra le altre funzioni.
Iran-Usa: per Rouhani Washington deve tornare ad accordo 2015 per nuove trattative
Se gli Stati Uniti vogliono un nuovo accordo con l’Iran, prima dovrebbero tornare all’accordo sul nucleare del 2015 e che Washington ha abbandonato 2 anni fa. A dirlo il presidente iraniano Hassan Rouhani che ha sottolineato come “la politica di massima pressione di Washington sull’Iran sia fallita al 100%”.
Le dichiarazioni del primo mandatario iraniano sono giunte mentre nel paese sono in corso i colloqui con il capo del controllo nucleare delle Nazioni Unite, giudicati positivamente dal responsabile del nucleare iraniano Ali Akbar Salehi.
Nel paese mediorientale, nell’ambito di controllo periodici sul nucleare iraniano, si trova Rafael Grossi dopo che Washington la scorsa settimana ha sollecitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a reimporre le sanzioni su Teheran che erano state revocate in base all’accordo del 2015.
Le autorità iraniane hanno precisato che la visita di Grossi non è correlata alle mosse degli Stati Uniti per reimporre le sanzioni.
Il Consiglio dei governatori dell’Aiea (l’agenzia internazionale per l’energia atomica) ha approvato a giugno una risoluzione che faceva pressione sull’Iran affinché permettesse agli ispettori di entrare nei siti perché potevano ancora ospitare materiale nucleare non dichiarato, o tracce di esso.
“Non esiste un approccio politico nei confronti dell’Iran. Ci sono questioni che devono essere affrontate; questo non significa un approccio politico nei confronti dell’Iran”, ha detto Grossi dopo aver incontrato Salehi.
Nel corso della sua visita Grossi incontrerà anche il presidente Hassan Rouhani, il ministro degli esteri e altri alti funzionari iraniani.
Palestinesi in piazza contro accordo tra Israele e EAU
Centinaia di palestinesi si sono radunati nella striscia di Gaza per protestare contro l’accordo siglato la scorsa settimana tra Israele e Emirati Arabi Uniti che di fatto sancisce l’abbandono del mondo sunnita di fronte a qualsivoglia rivendicazione sulla Palestina occupata.
I manifestanti, chiamati a raccolta da Hamas, hanno bruciato bandiere israeliane e americane – gli Usa sono i registi dell’operazione -, calpestato i manifesti del primo ministro sionista Benjamin Netanyahu e del presidente Donald Trump, e hanno cantato “la normalizzazione è un tradimento a Gerusalemme e alla Palestina”.
A differenza di quanto avvenuto venerdì scorso nei pressi della moschea di al Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme i manifestanti in questa occasione non hanno bruciati i ritratti della dinastia regnante ad Abu Dhabi o le bandiere emeretine, anche perché nel paese hanno trovato lavoro e rifugio centinaia di palestinesi.
I manifestanti hanno anche espresso sostegno al presidente palestinese Mahmoud Abbas per il suo rifiuto del piano del presidente Donald Trump per il Medio Oriente che favorisce ingiustamente Israele.
Brasile: previsto calo del Pil del 5,52% nel 2020
Il Pil, il Prodotto interno lordo, del Brasile calerà a fine anno del 5,52%, queste le stime degli esperti indiolatini che per il 2021 hanno invece previsto una crescita del 3,5%.
La Banca centrale del Brasile ha riferito che a causa della pandemia di coronavirus il Pil del paese subirà una brusca frenata basandosi sulle proiezioni di un centinaio di istituzioni finanziarie. Nel rapporto precedente, era stato stimato che il calo annuale sarebbe stato del 5,62% e che l’indice di attività economica durante il secondo trimestre di quest’anno avrebbe subito un calo dell’11%.
Nel bollettino diffuso dalla Banca centrale per quanto riguarda l’inflazione, gli analisti hanno abbassato le previsioni per quest’anno dall’1,63 all’1,67%, ma hanno mantenuto la previsione del 3% per il 2021.
Tali stime rientrano nell’obiettivo fissato dal Consiglio monetario nazionale pari al 4% nel 2020 e al 3,75 nel 2021, con un intervallo di tolleranza di 1,5 punti percentuali sia in difetto che in eccesso.
Per quanto riguarda il tasso di interesse base di riferimento Selic (utilizzato dalla Banca del Brasile) che è attualmente al 2,25% annuo, il mercato ha mantenuto invariate le previsioni al 2% per l’anno fiscale in corso passando da 3 a 2,75 per cento nel 2021.
All’inizio dell’anno, gli specialisti hanno valutato che la crescita del Pil sarebbe stata di circa il 2,3%; ciò ha suscitato un certo ottimismo, poiché negli ultimi tre anni la crescita era stata di circa l’1% all’anno.
A metà luglio, e tenendo conto dei vari danni causati dalla pandemia Covid-19, uno studio della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) ha stimato che il Pil brasiliano sarebbe sceso del 9,2% nel 2020.
Il Mossad dietro l’accordo tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti
L’accordo tra Israele Emirati Arabi Uniti per la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi continua ad offrire interessanti spunti. Sembra infatti emergere un ruolo di primo piano svolto dal Mossad, il servizio segreto di Tel Aviv nell’accordo.
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Argentina: governo ha emesso decreto per ristrutturazione debito
Il governo argentino ha emesso oggi il decreto per la ristrutturazione del debito estero di circa 66,2 miliardi ricalcando l’accordo già raggiunto e diffuso lo scorso 4 agosto.
Nello specifico il decreto autorizza emissioni di scambio che rappresentano per Buenos Aires uno sconto complessivo equivalente a circa 33 miliardi di dollari, ottenuto principalmente attraverso il taglio di interessi. L’Argentina ottiene inoltre una moratoria sulle rate dei pagamenti che, secondo quanto affermato dal ministro dell’Economia, Martin Guzman, eviterà allo stato argentino esborsi per 42,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.
Il documento presentato alla Sec (Security and Exchange Commission) della Borsa valori statunitense fissa al 28 agosto la scadenza dei termini di accettazione della proposta di ristrutturazione e al 4 settembre la chiusura definitiva delle operazioni di scambio.
Uno dei punti principali dell’intesa è la moratoria ottenuta per i primi quattro anni. “Avremo un orizzonte libero da pagamenti nel breve termine, con solo 4,5 miliardi di scadenze tra il 2020 ed il 2024”, ha affermato Guzman esprimendo poi cautela circa gli effetti immediati dell’accordo.
Commentando il raggiungimento dell’accordo, il presidente Fernandez ha dichiarato che il governo argentino “ha risolto un negoziato impossibile nel mezzo della peggior crisi economica che si ricordi e nel mezzo di una pandemia”. “Ci dicevano che eravamo diretti verso il fallimento e risulta che abbiamo chiuso un accordo che permette all’Argentina un risparmio di 33 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni”, ha aggiunto il capo di Stato. Fernandez ha quindi elogiato l’operato del ministro dell’Economia. “È stato decisivo, gli è stato dato un compito e ha elaborato una strategia corretta che ci permette di rispettare l’obiettivo della sostenibilità”. Fernandez ha dichiarato che “gli imprenditori argentini si trovano adesso in uno scenario migliore per pianificare i loro affari”, e ha rivolto un appello a “costruire un capitalismo con maggiore impegno sociale”.
Iran e Russia uniti contro ostilità Usa
Iran e Russia sono concordi nel rafforzare l’unità per contrastare la costante ostilità degli Usa.
Entrambi i governi concordano sul fatto che cementare i loro legami aiuterà ad affrontare l’aggressività degli Stati Uniti. L’occasione per rafforzare i legami tra Mosca e Teheran in vari settori è la necessità per i due paesi di contrastare le sanzioni imposte unilateralmente da Washington cui si sono adeguati tutti i paesi occidentali.
La comune volontà di rafforzare i legami politici e aumentare la cooperazione a livello regionale ha animato l’incontro, che si è tenuto in videoconferenza, tra il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Seyed Abás Mousavi, con la sua controparte russa, María Zajárova.
Teheran e Mosca mantengono relazioni profonde in vari ambiti, tra cui quello commerciale, economico e militare; entrambi i governi concordano sul fatto che cementare questi legami aiuterà a far fronte alla “dittatura” promossa dagli Stati Uniti.
La Russia ha ripetutamente sottolineato che le minacce di nuove sanzioni non ostacoleranno la sua legittima e reciproca cooperazione con l’Iran, e ora ha affermato di conoscere molto bene i “trucchi illegali degli Stati Uniti”, subendoli ormai dal 2012.
Nel corso dell’incontro le parti hanno anche fatto riferimento alla campagna di disinformazione e fake news promossa dai media occidentali. Zajárova e Abás Mousavi hanno lamentato che questi media sono diventati “uno strumento per la guerra psicologica e la diffusione di notizie false contro paesi indipendenti”.
Al termine della videoconferenza entrambi hanno sottolineato la necessità di aumentare la loro cooperazione al riguardo e hanno deciso di rivedere gli scambi di informazioni e di facilitare le interviste con i media dei due Stati; i due si sono anche espressi per il mantenimento di dialoghi continui su base bilaterale e multilaterale.