Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: aprile 2020

Si riaccende la miccia in Libia

Dopo quasi nove anni di guerra civile ora la Libia rischia di esplodere definitivamente, con il rischio concreto di gettare nel caos non solo la regione nord africana ma di fatto tutto il Mediterraneo.

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Ancora proteste e repressione in Cile

Continuano le proteste di piazza e le repressioni dei carabinieros in Cile.

Ieri infatti la polizia militare cilena ha represso una nuova dimostrazione convocata nella capitale, Santiago, in Piazza de la Dignidad dalle organizzazioni sociali che hanno anche denunciato l’arresto, da parte dei Carabineros, di Pablo Sepúlveda Allende e di altri esponenti di spicco della protesta.

Decine di cileni hanno preso parte alle numerose manifestazioni che si stanno svolgendo da settimane nel paese contro il governo e contro i Carabinbieros accusati di aver più volte violato i diritti umani di coloro che si oppongono al governo di Sebastián Piñera.

La stampa locale riferisce che anche ieri le forze di sicurezza hanno utilizzato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per reprimere le proteste.

Attraverso i social network i manifestanti hanno segnalato arresti casuali di molti dei partecipanti ribadendo che le proteste si stavano svolgendo in modo pacifico e nel rispetto delle misure di sicurezza anche per via dell’epidemia legata al Covid-19.

Varie organizzazioni sociali hanno denunciato l’accaduto chiedendo la liberazione del nipote dell’ex presidente ed invitando la comunità internazionale a prendere una posizione chiara contro la violazione dei diritti umani nel paese indiolatino.

2019 anno record per le spese militari

Nel 2019 le spese militari a livello globale sono aumentate del 3,6% rispetto all’anno precedente, toccando la cifra record di 1,78mila miliardi di euro, la più alta degli ultimi 10 anni.

A rivelarlo l’annuale rapporto del Sipri, l’Istituto internazionale per le ricerche sulla pace di Stoccolma.

Come di consueto il paese che più ha speso per armarsi sono stati gli Stati Uniti, da sempre impegnati in qualche “missione di pace” in giro per il mondo. Gli Usa da solo rappresentano il 38% degli investimenti nel settore delle armi con oltre 674 miliardi di euro, oltre il 5% in più del 2018.

Nell’ordine seguono la Cina, l’India, la Russia e l’Arabia Saudita, che sta svolgendo un ruolo di primo piano nella guerra in Yemen, anche se Riyad ha speso il 16% in meno rispetto all’anno precedente fermandosi a soli, si fa per dire, 62 miliardi di euro.

In grande ascesa la Germania, secondo paese europeo per spese militari dopo la Francia, che ha investito nel comparto difesa quasi l’1,5% del proprio Pil, in modo da adeguarsi quanto prima alle richieste della Nato.

Secondo il Sipri, l’aumento del 10 per cento registrato dagli stanziamenti per le armi da parte della Germania nel 2019 si spiega con “la percezione di una crescente minaccia dalla Russia”. Nello scorso anno, le spese militari di Berlino sono cresciute del 4,5% rispetto al 2018 a 60 miliardi di euro. Si tratta di un incremento del 30% dal 2019 e del 175% dal 2000.

Mercosur: Argentina si ritira da trattative su nuova area di scambio

Con una decisione a sorpresa l’Argentina ha deciso di ritirarsi dalle trattative che il Mercosur stava portando avanti con la Corea del Sud, Canada, India e Libano per creare una nuova area di libero scambio. Buenos Aires ha motivato la decisione con il timore di una invasione di prodotti stranieri nel proprio mercato.

La decisione delle autorità argentine non incide però sui negoziati già conclusi con l’Unione europea e con l’Associazione europea di Free Trade, questo quanto riferisce una nota diffusa dall’organizzazione.

Secondo l’Argentina una volta conclusi i negoziati sarebbero giunti sul mercato interno beni concorrenziali rispetto a quelli fabbricati dalle industrie locali, una situazione, che anche in considerazione dell’emergenza Coronavirus, renderebbe ancora più difficile la situazione del paese.

Venerdì scorso, il segretario per le relazioni economiche internazionali argentine, Jorge Neme, ha tenuto una videoconferenza con i rappresentanti di Brasile, Uruguay e Paraguay ed ha espresso la contrarietà del suo paese a proseguire i negoziati.

Commentando la notizia la stampa locale ha sottolineato come il presidente argentino, Alberto Fernndez, abbia esercitato questa scelta contestando la scelta del brasiliano Jair Bolsonaro, del paraguaiano Mario Abdo Bentez e dell’uruguagio Luis Alberto Lacalle Pou di chiudere i negoziati con i paesi interessati.

Usa-Iran: lo scontro ora si sposta sul mare

Tra Usa e Iran ora si rischia la battaglia navale. Oggi infatti i Pasdaran, le Guardie della rivoluzione iraniane, tramite il generale Hossein Salami hanno detto di essere pronte ad attaccare le navi degli Usa «terroristi», se queste dovessero effettuare manovre ostili.

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Brasile: pronto nuovo processo farsa contro Lula

La Corte superiore brasiliana sta organizzando un processo virtuale contro l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva che si svolgerebbe perfino senza dibattito.

A denunciarlo l’avvocato dell’ex capo di Stato Cristiano Zanin Martins.

Nel dettaglio la Corte di giustizia superiore (STJ, in portoghese) del Brasile ha deciso di inserire nell’agenda del processo virtuale il caso del triplex di Guarujá dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, una decisione subito condannata e impugnata dal collegio difensivo dell’ex primo cittadino che hanno chiesto che la scelta dei giudici fosse esaminata e discussa con i requisiti necessari per essere rinviata o annullata.

Zanin ha spiegato che trattandosi di un processo virtuale quindi senza dibatto le parti hanno il diritto di avere una scadenza certa per potersi opporre alla sua esecuzione “ma ciò non è accaduto” aggiungendo “tutto ciò è incompatibile con le disposizioni normative che regolano la questione e anche con la garanzia costituzionale del giusto processo di legge nella sua interezza”.

I legali di Lula inoltre sostengono che prima di iniziare questo nuovo procedimento dovrebbe arrivare il pronunciamento dei giudici sulle varie questioni presentate dal collegio difensivo lo scorso settembre che però ancora non sono state emesse ma che, se accettate, annullerebbero il triplice processo.

Recensioni: Latinoamerica, un libro di William Bavone

A partire dal secondo dopo guerra ad oggi il continente indiolatino è stato un vero e proprio laboratorio politico, prima giardino di casa degli Usa, poi come paradiso del socialismo del XXI secolo ed oggi con la reazione liberista che sta interessando tutto il continente. La conferma di ciò arriva leggendo l’interessante saggio “Latinoamerica. Storia, realtà e utopia di un continente in cerca del proprio futuro” dell’analista William Bavone pubblicato per i tipi della Bertoni editore.

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A Damasco incontro Iran-Siria

Si è svolto oggi nella capitale siriana Damasco un incontro tra il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ed il presidente siriano Bashar al-Assad; nell’occasione i due hanno discusso gli sviluppi regionali alla luce del nuovo coronavirus, anche in considerazione che proprio l’Iran è il paese della regione che ha pagato il prezzo più alto a questa pandemia con oltre 83mila contagi e più di 5mila morti.

Nel vertice il presidente Assad ha pesantemente criticato gli Usa per aver mantenuto in vigore le sanzioni imposte unilateralmente “nonostante queste eccezionali condizioni umanitarie”.

L’uomo forte di Damasco ha poi condannato “le continue invasioni della Turchia sulla sovranità e sul territorio della Siria”, nel nord del paese, dove Ankara ha schierato truppe, ha istituito postazioni militari e appoggiato i ribelli in lotta contro il governo.d

Da parte sua Zarif ha sottolineato come “la vera agenda degli Stati Uniti nel non revocare le sue sanzioni crudeli ai paesi che combattono questa malattia sia ora diventata chiara”.

Sempre a Damasco il rappresentante di Teheran ha incontrato anche il suo omologo siriano Walid Muallem; i due hanno sottolineato “l’importanza di un costante coordinamento e lo scambio di informazioni e competenze tra i due paesi per migliorare la loro capacità di affrontare la pandemia e assicurare i bisogni e i requisiti necessari per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento”.

L’Iran, insieme alla Russia, è uno dei principali alleati del governo siriano da nove anni chiamata a combattere una guerra scatenata da altri che è costata la vita ad oltre 380mila persone.

Venezuela: Maduro pronto a posticipare le elezioni parlamentari

Le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale venezuelana potrebbero slittare di un anno.

Ad anticiparlo il presidente Nicolas Maduro nel corso di un’intervista radiofonica. “Non ci saranno elezioni quest’anno, perché abbiamo questa priorità. Sarebbe irresponsabile dire che devono esserci”, facendo riferimento all’emergenza legata al Covid-19.

Le precedenti elezioni parlamentari si sono svolte nel 2015 ed hanno segnato la netta affermazione dei partiti antichavisti che dal momento del loro insediamento, gennaio 2016, hanno contrastato la politica del presidente Maduro.

Proprio il rinnovo del parlamento è attualmente al centro dei negoziati tra il governo ed alcuni partiti di opposizione, anche se posticipare il voto rischia di rendere la situazione nel paese ancora più complicata.

Per evitare che il parlamento bloccasse ogni sua iniziativa nel 2017 l’erede di Chavez ha deciso la creazione di una Assemblea costituzionale svuotando pian piano il Parlamento di Caracas di ogni prerogativa. In questo clima, ed anche a causa di una pesante crisi economica che ha investito il paese, nel gennaio dello scorso anno l’allora presidente del Parlamento Juan Guaidò si è autoproclamato presidente venendo riconosciuto dagli Usa e da circa 50 altri paesi, circa un quarto di quelli che compongono l’Onu.

In questi mesi Guaidò, sostenuto da Washington, ha più volte cercato, anche con l’uso della forza, di prendere il potere anche se la popolazione è rimasta fedele a Maduro ed il paese non è precipitato in una guerra civile.

Anche se sotto attacco l’Unasur celebra la sua giornata

Il 17 aprile, secondo quanto stabilito dall’Assemblea nazionale dell’Ecuador è “il giorno dell’Unione della nazioni sudamericane”, ovvero dell’Unasur l’organizzazione intergovernativa dell’America indiolatina che raggruppa 12 paesi dal 2008, anno della sua fondazione.

L’organizzazione non sta vivendo un periodo facile, attualmente 6 paesi, ovvero la metà si sono autosospesi, anche l’Argentina è pronta a riprendere il proprio posto, mentre la Colombia ha da tempo annunciato la volontà di lasciare l’organizzazione. In particolare, sono i partiti di destra e gli Usa a mettere in crisi l’organizzazione.

La giornata dell’Unasur si celebra il 17 aprile in ricordo del primo vertice sudamericano sull’energia tenutosi a Isla Margarita, in Venezuela, il 17 aprile 2007. Quel giorno venne infatti stabilito che l’iniziativa di integrazione allora denominata Comunità delle nazioni sudamericane sarebbe stata chiamata Unione delle nazioni sudamericane (Unasur).

Obiettivo della giornata è quello di riaffermazione la centralità della costruzione di un’identità sudamericana, nei cittadini di tutti i paesi membri e di una coscienza favorevole al processo di integrazione.

Il gruppo è nato quando quasi tutti i paesi dell’area avevano una guida socialista ed ora che in molti paesi è in atto una rivoluzione reazionari l’ente è in crisi.

L’attacco più recente è arrivato dal nuovo governo dell’Uruguay, guidato dal presidente di destra Luis Lacalle Pou, il cui cancelliere Ernesto Talvi ha annunciato lo scorso marzo l’uscita del paese dall’Unasur.

“È un ente regionale, basato su allineamenti politico-ideologici e che, di fatto, ha smesso di funzionare: non ha più sede e manca un segretariato generale operativo”, ha affermato Talvi, aggiungendo che la posizione del suo paese è motivata anche dal fatto che il gruppo è stato abbandonato dalla maggior parte dei paesi della regione, ad eccezione di Guyana, Suriname, Venezuela e Argentina.

Al momento della sua fondazione il boliviano Evo Morales e gli allora presidenti dell’Argentina, Néstor Kirchner, del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva e del Venezuela, Hugo Chávez, concordarono sul fatto che la scelta migliore fosse organizzare uno spazio di discussione autonomo che fosse autonomo dall’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani capeggiati dagli Usa.

Nell’aprile 2018, Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Paraguay e Perù ha presentato il proprio ritiro temporaneo e indefinito. Stessa scelta è stata poi operata dall’Ecuador e dalla Bolivia dopo il colpo di stato dello scorso novembre che ha portato alla caduta di Morales.