Iran denuncia piani Usa per guerra cibernetica
Gli Usa stanno preparando una guerra cibernetica. Questa la denuncia fatta dalle autorità iraniane che hanno riferito che lo scorso Teheran ha neutralizzato 33 milioni di cyberattacchi via firewall nella sua rete nazionale.
Secondo gli alti funzionari della Repubblica islamica le autorità statunitensi avrebbero messo a punto nuovi piani per effettuare attacchi informatici contro compagnie, impianti petroliferi e centrali nucleari, nel contesto di una guerra informatica su larga scala.
Il ministro degli Esteri iraniano, Mohamad Yavad Zarif, ha denunciato la condotta degli Stati Uniti spiegando che nel caso di una guerra informatica contro gli impianti nucleari nella Repubblica islamica sarebbe messa in pericolo la vita di milioni di persone.
Zarif ha citato anche un attacco informatico portato tramite il worm informatico Stuxnet che sarebbe stato utilizzato per infettare sistemi di controllo remoto e documenti associati al programma nucleare iraniano a scopi civili. Lo scorso novembre, i tecnici della Repubblica islamica hanno neutralizzato gli attacchi della società israeliana Golden Line, con sede a Tel Aviv e specializzata nella telefonia fissa e mobile.
Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro del petrolio iraniano Biyan Zangené che ha dichiarato che ci sono nuovi progetti della Casa Bianca per eseguire attacchi informatici e fisici contro compagnie petrolifere e strutture nel paese islamico. Zangené ha anche denunciato le sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro il paese, che ha definito “una guerra economica su larga scala”.
Per Trump torna lo spettro impeachment
Negli Usa si torna a parlare di impeachment (messa in stato di accusa) del presidente Donald Trump, una mossa che l’establishment Democratico sogna di poter attuare da quando il tycoon è stato eletto e che probabilmente non dispiacerebbe nemmeno ai vertici dei Repubblicani.
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Privacy addio, in arrivo l’EES per il riconoscimento facciale
È iniziato, ma appare già destinato a ripartire, il conto alla rovescia per il nuovo sistema EES-Entry/Exit System per controllare le frontiere Ue che entro il prossimo anno dovrebbe essere pienamente operativo nell’area Schengen.
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Nicaragua: per Ortega Usa dietro le proteste di piazza
Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha ribadito che gli Stati Uniti incoraggiano le proteste nel paese centroamericano contro il suo governo.
In occasione della commemorazione del 40simo anniversario della creazione della Polizia Nazionale (PN) in Piazza della Rivoluzione, Ortega ha affermato che elementi dell’ambasciata americana a Managua sostengono “di nascosto” le agitazioni che alcuni settori della popolazione svolgono contro il suo governo.
“Quelli dell’ambasciata americana – ha detto – da un lato hanno incoraggiato, hanno infiammato gli animi dall’altro, quando anche questi terroristi li hanno aggrediti, hanno sequestrato i loro veicoli e hanno portato via le loro armi”.
Da un paio di anni il Nicaragua è scosso da una profonda crisi sociale che sta mettendo in crisi il governo sandinista di Ortega. Come da copione nella regione Washington sta cavalcando le proteste per isolare il paese e provocare l’ennesimo cambio di regime funzionale agli interessi della Casa Bianca.
Colombia: da inzio anno uccisi oltre 150 esponenti società civile
Dall’inizio dell’anno in Colombia sono stati uccisi 155 leader della società civile, tra cui difensori dei diritti umani o attivisti politici. Numero che sale ad oltre 770 assassini dall’inizio del 2016 alla prima settimana del 2019.
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America indiolatina, paesi del Meccanismo di Montevideo ratificano posizione pro dialogo in Venezuela
I paesi del Meccanismo di Montevideo, un’iniziativa messa a punto da Messico, Uruguay e Paesi dei Caraibi (Caricom), al fine di contribuire in modo efficace allo sviluppo di un dialogo aperto e senza imposizioni, hanno ratificato la posizione a favore del dialogo in Venezuela. Una dichiarazione in tal senso è stata diffusa ieri dal ministero degli Esteri del Messico congiuntamente al governo dell’Uruguay.
I governi di Città del Messico e Montevideo hanno ribadito nella nota che il dialogo e i negoziati sono gli unici modi accettabili per raggiungere una soluzione pacifica alla situazione che sta vivendo la Repubblica Bolivariana del Venezuela, dove a gennaio Juan Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim al posto di quello eletto Nicolas Maduro portando il paese sull’orlo di una guerra civile.
“I nostri governi votano affinché gli sforzi di dialogo in corso si svolgano all’interno di un quadro inclusivo di civiltà e pace, al fine di raggiungere soluzioni reali e democratiche che creino fiducia tra le parti”, sottolinea la nota del governo di Lopez Obrador.
I due paesi hanno anche ribadito il loro fermo impegno a collaborare e sostenere qualsiasi tipo di iniziativa di dialogo inclusivo tra i venezuelani che ha l’obiettivo di privilegiare la pace e il rispetto illimitato dei diritti umani.
Insieme ad altri 14 paesi della Comunità caraibica, il Messico e l’Uruguay hanno proposto il 6 febbraio il meccanismo di Montevideo, cui la Bolivia ha aderito. Questo di compone di quattro fasi per ricercare una soluzione pacifica in Venezuela: dialogo immediato, negoziazione, firma di accordi e attuazione con accompagnamento internazionale.
Media Usa: attacco a pozzi sauditi approvato da Iran
L’Iran è totalmente estraneo agli attacchi contro i pozzi petroliferi sauditi di Aramco pur avendolo approvato. La Cbs news infatti citando un anonimo funzionari Usa riferisce che il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, formalmente estraneo alla vicenda avrebbe approvato gli attaccji di sabato scorso a patto però che il suo paese non ne risultasse coinvolto. Nei giorni scorsi il segretario di Stato americano Mike Pompeo, volando verso Riyad, aveva definito gli attacchi di sabato scorso un “atto di guerra”.
La Cbs, che non ha precisato le sue fonti, avrebbe raccolto le testimonianze di diversi funzionari a stelle e strisce ed avrebbe come prove contro l’Iran alcune foto satellitari inedite che mostrano il Corpo della Guardia rivoluzionaria iraniana intento a preparare l’attacco dalla base aerea iraniana di Ahvaz. Secondo un rapporto del Pentagono il senso di quelle foto sarebbe emerso solo alcune ore dopo.
I media statali iraniani hanno riferito che Teheran lunedì scorso ha scritto lunedì a Washington con la media dell’ambasciata svizzera, negando qualsiasi ruolo negli attacchi e avvertendo che risponderà a qualsiasi azione contro di esso.
L’attacco è stato rivendicato dai ribelli Houthi, sostenuti da Teheran nella guerra civile in Yemen, ma sia Washington che Riyad addossano le responsabilità al paese sciita.
Oggi intanto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato “un sostanziale” inasprimento delle sanzioni contro l’Iran. In un messaggio su Twitter, Trump ha dichiarato: “Ho appena dato istruzioni al segretario del Tesoro di aumentare sostanzialmente le sanzioni contro l’Iran”. Ieri Trump ha dichiarato di non voler incontrare il presidente Hassan Rohani a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la prossima settimana. “Non escludo mai nulla, ma preferisco non incontrarlo”, aveva detto l’inquilino della Casa Bianca a bordo dell’Air Force One.
Russia-Ucraina: Zelensky apre a nuovo scambio di prigionieri e ritiro truppe in Donbass
Russia e Ucraina potrebbero scambiarsi tutti i prigionieri e ritirare le truppe in Donbass. Lo auspica il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che spera anche in elezioni nelle aree di Donetsk e Luhansk.
Parlando con i media ucraini l’ex comico ha spiegato che questi importanti risultati potrebbe giungere già nel prossimo incontro dei leader del “Formato Normandia” che comprende Francia, Germania, Russia e Ucraina. “I passi principali – ha detto – devono essere fatti per risolvere la questione dello scambio dei prigionieri, nella formula tutti per tutti. La seconda decisione da prendere, a livello definitivo e con scadenze chiare, è quella sul disimpegno delle truppe, da Zolotye e Petrovskoye, sull’intera linea di contatto”. Il primo mandatario ucraino ha anche aperto alla possibilità di discutere la possibile organizzazione di elezioni locali nei territori attualmente controllati da Kiev.
Dall’aprile del 2014 l’Ucraina orientale vive una situazione di profonda instabilità e incertezza in seguito all’azione militare lanciata dalle autorità di Kiev per riprendere il controllo della regione dalle milizie delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk che sostengono l’indipendenza del Donbass. Gli accordi raggiunti a Minsk dal Gruppo di contatto trilaterale dell’Osce (Russia, Ucraina e le due autoproclamate repubbliche) prevedono un completo cessate il fuoco; il ritiro degli armamenti dalla linea di contatto nell’Ucraina orientale; lo scambio reciproco di tutti i prigionieri detenuti da entrambe le parti; delle riforme costituzionali che conferiscano uno statuto speciale alle autoproclamate repubbliche.
Venezuela: 12 milioni di firme per la campagna “No More Trump”
Sono oltre 12 milioni le firme raccolte nell’ambito della campagna venezuelana “No More Trump” terminata ieri. La campagna era stata lanciata per respingere le misure coercitive applicate dal governo degli Stati Uniti contro il paese indiolatino.
Le firme saranno ora presentate al segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), Antonio Guterres dal vicepresidente venezuelano Delcy Rodríguez e dal ministro degli Esteri Jorge Arreaza che sono stati nominati dal presidente Nicolás Maduro nella sessione generale delle Nazioni Unite che inizia questa settimana.
Questa domenica, il vicepresidente Rodríguez ha dichiarato che la campagna “No MoreTrump” simboleggia l’antimperialismo e la difesa della sovranità, dell’indipendenza e della libertà e l’eredità dei liberatori e il leader della rivoluzione bolivariana Hugo Chávez.
Per quanto riguarda la visita alle Nazioni Unite, la Rodríguez ha dichiarato: “Stiamo andando per ribadire la verità sul Venezuela alle Nazioni Unite, presenteremo le prove come ha annunciato il presidente Nicolás Maduro, stiamo andando per difendere il nostro popolo, per difendere la sovranità del paese.
La vicepresidente ha sottolineato che la campagna “No More Trump” ha fatto il giro del mondo ed ha ringraziato il popolo venezuelano e il mondo per la solidarietà dimostrata con il Venezuela.
Energia: Opec manterrà tagli alla produzione di petrolio per tutto il 2019
Per tutto il 2019 rimarranno in vigore i già decisi tagli alla produzione petrolifera. Lo ha reso noto l’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, al termine dell’incontro che si è svolto ad Abu Dhabi.
Parlando in merito a questa decisione il ministro del Petrolio iracheno Thamer Ghadhban ha sottolineato come non sia trattato di una decisione presa all’unanimità dai paesi membri ma presa a maggioranza.
Già prima della riunione, convocata per una semplice revisione degli impegni, l’Iraq e la Nigeria avevano annunciato la volontà di ridurre la propria produzione petrolifera senza ulteriori spiegazioni mentre l’Arabia Saudita aveva annunciato la volontà di portare la produzione a 9,89 milioni di barili al giorno già nel mese di ottobre.
Il principe saudita Abdulaziz bin Salman, rappresentante di Riyad, ha dichiarato che il principale obiettivo strategico nella politica petrolifera del suo paese “è sempre stato quello di promuovere la stabilità del mercato”.
Bin Salman ha anche dichiarato che il suo Paese manterrà i tagli fino alla fine dell’anno, quando verrà effettuata una nuova revisione nella prossima riunione della commissione convocata per dicembre.
La sedicesima riunione del comitato Opec è stata presieduta dal ministro saudita e dal suo omologo russo, Alexander Novak. La misura mira a bilanciare il mercato e prevenire il calo dei prezzi del greggio in un momento di forte oscillazione sui mercati.