Stoltenberg, si va verso mondo senza Trattato INF
Il mondo deve abituarsi all’idea che il Trattato INF non c’è più.
Questo per sommi capi il senso del discorso tenuto oggi da Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, a Bucarest.
Il plenipotenziario dell’Alleanza atlantica ha ribadito che “non è stato raggiunto un accordo sul mantenimento del trattato sui missili a medio raggio (Inf) e la Russia ha tirato fuori una nuova arma che viola questa intesa”.
Nel corso di una conferenza stampa con il presidente romeno Laus Iohannis Stoltenberg ha sottolineato: “Abbiamo discusso anche del trattato Inf. La Russia ha presentato un nuovo tipo di missile che viola il trattato, l’SSC-8; ha la capacità nucleare, è difficile da rintracciare, può raggiungere le città europee. Alla riunione di dicembre dei ministri degli Esteri della Nato, gli Stati Uniti, che certamente sostengono tutti gli alleati, hanno annunciato che concederanno alla Russia 60 giorni per soddisfare i requisiti del trattato. Questi 60 giorni scadono tra due giorni. E, sfortunatamente, scopriamo che non vi è alcun segno di progresso in questa direzione”.
La diretta conseguenza dell’atteggiamento di Mosca, che da anni vede sorgere basi Nato ai proprio confini ma viene accusata di aggressività da Washington, per Stoltenberg è che il mondo deve abituarsi a vivere senza il trattato di deterrenza nucleare; “la Nato – ha continuato – deve rimanere un elemento deterrente e offrire una difesa molto credibile e forte. Ma dobbiamo anche prendere in considerazione nuove iniziative, perché una nuova corsa agli armamenti non sarebbe nell’interesse di nessuno”.
Maduro: Trump ha ordinato il mio assassinio
“Il presidente statunitense Donald Trump ha ordinato il mio assassinio alla Colombia”. Questa la pesante accusa lanciata dal presidente venezuelano Nicolas Maduro nei confronti del suo omologo nordamericano precisando che la richiesta sarebbe stata fatta al governo della Colombia, storicamente alleata di Washington, ed alla mafia colombiana.
Il capo dello stato bolivariano ha lanciato l’accusa nel corso di un’intervista all’agenzia stampa russa Ria Novosti incentrata sul difficile momento che sta vivendo il suo paese, una settimana fa Juan Guaido, presidente del parlamento di Caracas si è autonominato presidente del Venezuela venendo riconosciuto da alcuni paesi tra cui Usa e Israele.
Parlando con la stampa russa il delfino di Chavez ha respinto la richiesta di elezioni anticipate e smentito di aver emesso un ordine di arresto nei confronti di Guaidò.
Maduro ha anche ricordato di avere l’esercito dalla sua parte e avere il sostegno del presidente russo Vladimir Putin.
In merito alla sua legittimazione Maduro ha ricordato di aver vinto le ultime elezioni con il 68% dei voti e che le prossime elezioni si terranno nel 2025. Pur avendolo accusato di volerlo uccidere l’uomo forte di Caracas si è detto pronto ad incontrare Trump “ovunque lui voglia, ma è improbabile visto che i suoi consiglieri gli hanno sconsigliato di farlo”.
In merito alla proposta avanzata da Russia, Messico, Boliva ed altri paesi di tenere colloqui tra le parti, Maduro si è detto possibilista “sono pronto a sedermi al tavolo delle trattative con l’opposizione purché siano a beneficio del Venezuela”.
Iran respinge pressioni Francia per colloqui missilistici
L’Iran è tornato a respingere le pressioni della Francia e di altri paesi europei per nuovi colloqui in merito al suo programma per i missili balistici, pur ribadendo di non voler aumentare la portata delle proprie armi.
La settimana scorsa Parigi aveva minacciato Teheran di nuove sanzioni se il governo iraniano non avesse aperto a nuovi colloqui in merito a dei missili che vengono indicati dall’Europa come offensivi e nuovo fattore di instabilità nel quadro mediorientale.
“I negoziati sulle capacità missilistiche e difensive dell’Iran non sono accettabili in alcun modo”, ha tuonato il generale Hassan Firouzabadi, tra i principali consiglieri del leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, come riportato anche dall’agenzia di stampa locale Irna.
Firouzabadi sostiene che la pretesa francese parte dalla volontà delle autorità parigine di distogliere l’attenzione dai problemi interni.
Sulla vicenda si è espresso anche Amir Hatami che ha sottolineato: “I nemici dicono che il potenziale missilistico dell’Iran dovrebbe essere eliminato, ma abbiamo ripetutamente affermato che le nostre capacità missilistiche non sono negoziabili”, copiando una frase spesso utilizzata a Washington e Tel Aviv per difendere i loro arsenali.
Nel novembre 2017, i vertici delle Guardie rivoluzionarie iraniane hanno detto che avrebbero aumentato la portata dei suoi missili oltre i 2.000 km, se l’Europa avesse minacciato l’Iran.
Una risoluzione del Consiglio di sicurezza del Regno Unito diffusa in seguito al raggiungimento dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015 ha “invitato” Teheran ad astenersi per otto anni dallo sviluppo dei missili balistici. L’Iran ha sempre sostenuto che questo pronunciamento non è un ordine vincolante negando di voler sviluppare missili in grado di trasportare testate nucleari.
Venezuela, situazione sempre più tesa
Appare sempre più tesa la situazione in Venezuela dopo che due giorni fa il presidente del parlamento, controllato dalle opposizioni, Juan Guaidò si è autoproclamato Capo dello Stato in sostituzione di quello eletto Nicolas Maduro.
Guaidò ha incassato il sostegno degli Usa, dalla Casa Bianca Donald Trump ha subito riconosciuto la sua proclamazione ed ha assicurato sostegno economico e politico; da parte sua Maduro ha espulso tutto il personale statunitense presente nel paese rompendo di fatto le relazioni diplomatiche con Washington.
Con Maduro si sono invece schierati la Russia, la Cina e la Turchia.
Il rischio quindi oltre a quello di una guerra civile, si parla di circa 30 morti negli scontri in piazza, di una vera e propria guerra per procura simile a quella in corso in Siria negli ultimi 7 anni.
Nelle ultime ore, dopo che l’esercito venezuelano ha ribadito la fedeltà al presidente eletto Maduro alcuni siti sudamericani hanno diffuso la notizia che Guaidò si sarebbe rifugiato nell’ambasciata di un paese terzo per lasciare il paese anche se al momento mancano conferme ufficiali.
In Venezuela ci sono tanti problemi, alcuni interni, altri esterni. C’è una crisi politica dovuta ad una classe dirigente non sempre preparata; c’è una crisi economica dovuta ad un’economia dipendente dal petrolio che in questo momento ha un prezzo molto basso e un’offerta superiore alla domanda.
C’è una crisi sociale dovuta alla mancanza di tanti beni di prima necessità che non arrivano perché dall’estero, Usa in primis, non li fanno arrivare.
Una guerra civile è ultima cosa di cui il paese avrebbe bisogno ma purtroppo ci sono nazioni che hanno interesse a destabilizzare Caracas per continuare quell’opera di riappropriazione del continente indio-latina come già fatto in Argentina e Brasile, anche se con metodi meno cruenti, per rifare del SudAmerica il giardino di casa.
Bolsonaro attacca un’America indio-latina ad ispirazione bolivariana
Il primo mandatario brasiliano Jair Bolsonaro parlando a Davos nel corso del Worl Economic Forum ha ribadito la sua visione conservatrice dell’America indio-latina attaccando i governi non allineati alle politiche di Washington e di ispirazione bolivariana.
Parlando in Svizzera il presidente del Brasile ha espresso la propria soddisfazione per la svolta a destra effettuata negli ultimi anni da Argentina, Colombia, Paraguay e Cile rimarcando la propria opposizione a qualsiasi movimento di sinistra, socialista o bolivariano che ancora è al potere nella regione. “Non vogliamo – ha sottolineato – un America bolivariana come quella che abbiamo già avuto il Brasile”.
Pur condannando le politiche bolivariane e le “rivoluzioni bolivariane” Bolsonaro ha comunque reso omaggio alla figura di Simon Bolivar, tra i principali artefici dell’emancipazione dei paesi indio-latini che però, per dovere di cronaca, ha poco o nulla in comune con la sua visione della politica e dalla società.
Per quanto riguarda l’integrazione dei paesi della regione attraverso il Mercato comune del Sud (Mercosur), una delle tante strutture di integrazione politica ed economica volute dall’ex presidente venezuelano Hugo Chavez, il presidente brasiliano ha precisato che non darà la priorità a tali partenariati, ma anzi, al contrario, si concentrerà sulla creazione di affari con le grandi aziende globali perché “molti dettagli devono ancora essere perfezionati all’interno dell’organizzazione”.
Diversi militari incarcerati per tentato golpe in Venezuela
Sono 27 i membri delle Forze armate nazionali bolivariane (FANB) sono detenuti per il loro presunto coinvolgimento in un assalto a un quartier generale militare che avrebbe dovuto aprire la strada ad un golpe in Venezuela.
A riferirlo Diosdado Cabello, Vice Presidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), precisando che i militari saranno processati secondo la legge in vigore. La quasi totalità degli arrestati, 25, sono stati fermati nel corso dell’assalto al quartier generale delle Fanb mentre altri due sono stati raggiunti in seguito dagli uomini delle forze di sicurezza per il loro presunto coinvolgimento.
Attualmente sono in corso indagini interne alle forze armate che cercare di capire ulteriori coinvolgimenti e i collegamenti dei i papaveri con eventuali funzionari stranieri che potrebbero aver offerto supporto logisti, organizzativo e materiale. Probabile quindi che a breve il numero delle persone fermate aumenti.
“La giustizia – ha precisato Cabello – si prenderà cura dei detenuti e coloro che devono essere sorvegliati secondo il grado di responsabilità; ma essendo militari ed avendo assaltato un’installazione militare, saranno soggetti alla legislazione militare”.
Anche la presidenza dell’Assemblea nazionale costituente (ANC) il parlamento di Caracas che ha al vertice lo stesso Cabello, ha espresso la sua solidarietà e ha ringraziato il FANB, affermando che l’obiettivo di questa operazione era di generare disordini nella città e creare ansia ma che “la Rivoluzione bolivariana non terminerà in questo modo”.
Cabello ha infine ribadito l’impegno del popolo bolivariano a partecipare alla grande marcia in programma domani, mercoledì 23 gennaio che partirà da tre diversi punti di Caracas, e che porterà al cuore Piazza O’Leary della capitale venezuelana.
Libano chiede reintegro Siria in Lega Araba
Il governo libanese, nel corso della I sessione del vertice arabo di sviluppo economico e sociale di Beirut, tramite il ministro degli Esteri Yebran Basil ha affermato che la sospensione della Siria dalla Lega Araba decretata nel 2011 è stata un “errore storico” sottolineando la necessità di un sostegno tra le nazioni arabe chiedendo il reintegro di Damasco nell’organizzazione.
L’esponente libanese ha spiegato che “le nazioni arabe non sanno come prendersi cura l’una dell’altra e ci scambiamo la colpa per la sofferenza dell’intera regione invece di creare piani per alleviarla”, sottolineando l’importanza per le nazioni della regione di iniziare a costruire anziché a distruggere.
Su posizioni simili si è espresso anche il vice segretario generale della lega, Hosam Zaki, che ha detto di considerare il ritorno della Siria un evento “inevitabile e naturale”, precisando che la sua affiliazione è stata solo sospesa e che quindi Damasco mantiene il suo posto nell’organizzazione.
La Siria è stata sospesa dalla Lega Araba nel 2011 dopo l’inizio del conflitto armato e non ha partecipato alle decisioni o ai lavori svolti nell’organizzazione; negli ultimi mesi fa le truppe del presidente siriano Bashar al Assad, sostenute da quelle russe e iraniane, e dai i miliziani di Hezbollah ha hanno respinto i terroristi islamici di Daesh, spesso sostenuti dai paesi occidentali che puntavano a rovesciare il governo ed imporre un cambio di ordinamento.
Nelle ultime settimane diversi paesi della regione hanno espresso l’intenzione di ripristinare le relazioni bilaterali con la nazione araba.
Difesa russa, strategia missilistica Pentagono provocherà nuova corsa armamenti
Secondo i vertici della difesa russa la nuova strategia di difesa missilistica statunitense provocherà una nuova corsa agli armamenti minando la stabilità globale.
La dichiarazione moscovita è arrivata dopo che nei giorni scorsi la stampa specializzata statunitense ha pubblicato la nuova politica missilistica made in Usa che prevede una nuova serie di sensori spaziali e altri sistemi high-tech per rilevare e abbattere più rapidamente i missili in arrivo. Una strategia ufficialmente ideata per contrastare lo sviluppo militare di Russia e Cina e le potenziali minacce provenienti dalla Corea del Nord e dall’Iran.
Secondo il ministero degli Esteri russo la nuova strategia americana dimostra “il desiderio di Washington di assicurarsi un dominio militare incontrastato nel mondo” e che l’espansione del sistema difensivo del Pentagono provocherà “inevitabilmente una corsa agli armamenti nello spazio con conseguenze negative per la sicurezza e la stabilità internazionale”.
Il presidente Usa Donald Trump nel corso di un discorso al Pentagono, ha dichiarato che lo spazio è il nuovo dominio bellico e ha promesso che gli Stati Uniti svilupperanno un sistema di difesa missilistica senza rivali per proteggersi da minacce ipersoniche.
Il ministero degli Esteri russo ha descritto la revisione del Pentagono come un tentativo di riprodurre i piani di difesa missilistica del presidente Ronald Reagan “Star Wars” su un nuovo livello tecnologico e ha esortato l’amministrazione Trump a “rinsavire” e ad avviare colloqui sul controllo delle armi con la Russia.
Gli Stati Uniti accusano Mosca di testare e dispiegare un missile che ha violato le disposizioni del Trattato INF che proibisce la produzione, il collaudo e l’impiego di missili balistici e da crociera terrestri con una gittata da 500 a 5.500 chilometri; Washington ha aggiunto che sospenderà i suoi obblighi del trattato se il russo non entrerà in conformità entro il 2 febbraio.
La Russia con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov non ha negato il lancio del missile, precisando però che questo è avvenuto nel raggio consentito dal Trattato, sottolineando: “Se gli Usa pensano che la portata sia eccessiva, devono avere immagini satellitari o qualcos’altro, ma non ci hanno mostrato niente”.
Algeria: presidenziali convocate per il 18 aprile
Le elezioni presidenziali algerine si terranno il prossimo 18 aprile.
Lo ha stabilito il presidente Abdelaziz Bouteflika tramite un decreto emesso oggi e subito rilanciato dall’ufficio presidenziale del paese.
Per il momento non è dato sapere se il capo dello Stato, in carica dal 1999, correrà per un quinto mandato, anche in considerazione del fatto che dopo essere stato colpito da un ictus nel 2013 che lo ha costretto sulla sedia a rotelle appare in pubblico sempre più di rado. La Costituzione algerina consente comunque all’attuale presidente di candidarsi per un nuovo mandato di cinque anni.
La campagna elettorale dovrebbe quindi partire a breve, mentre un’altra data importante giungerà poco dopo, a febbraio, quando è previsto il deposito delle candidature.
Sono molte le sfide che attendono il più paese africano; in primis c’è il nodo della crisi economica, il paese è legato soprattutto alle esportazioni di idrocarburi e l’andamento del prezzo del greggio ha penalizzato il paese.
A livello politico manca una qualsiasi alternanza politica, nonostante i problemi di salute Bouteflika viene dato in vantaggio in tutti i sondaggi.
C’è poi il problema legato alla sicurezza interna, il lungo confine con la Libia è sempre più instabile e spesso zona franca per contrabbandieri e criminali comuni.
Venezuela denuncia ad Onu ingerenze Usa a Caracas per preparare un golpe
Jorge Arreaza, ministro degli Esteri del Venenzuela ha denunciato al segretario generale dell’Onu, Antonio Gueterres, le continue ingerenze degli Stati Uniti negli affari interni di Caracas nel tentativo di preparare un golpe.
Il rappresentante del governo bolivariano, nel corso di una conferenza stampa, ha ricordato che negli ultimi 5 anni si è registrata una “permanente interferenza, intromissione e ingerenza degli Stati Uniti, della sua amministrazione, della sua élite di governo e dei suoi paesi satelliti per provocare, come loro stessi hanno detto, un cambio di regime per vie non costituzionali”,
Arreaza ha ricordato “l’infame” decreto del marzo 2015 con cui l’allora presidente Usa, Barack Obama, dichiarava il Venezuela “una minaccia straordinaria alla sicurezza degli Stati Uniti”. Un documento che ha portato a un “incremento degli attacchi e delle aggressioni contro il paese”, ha detto il ministro segnalando che il Venezuela subisce un blocco economico simile a quello che Cuba soffre da quasi sessanta anni. Caracas denuncia il fatto che il sistema finanziario e bancario internazionale ha preso progressivamente le distanze dal paese per timore delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, elemento che rende ancor più difficile il compito di fornire beni e servizi alla popolazione.