Italia colonia: in arrivo le nuove testate nucleari made in Usa
Arriveranno a breve in Italia le nuove testate nucleari che gli Usa hanno depositato nelle basi di Ghedi torre, nel bresciano, ed Aviano, in provincia di provincia di Pordenone.
Non aumenterà il numero delle testate presenti nel nostro paese, circa 90, saranno solo sostituite quelle già displocate che ordigni più moderni.
Il Pentagono ha infatti già effettuato i primi test della bomba nucleare tattica B-61-12 come confermato da una nota congiunta a firma del DOE / NNSA, Department of Energy’s National Nuclear Security Administration e dell’Air Force.
I test saranno ultimati nel 2019, quindi la produzione degli ordigni entrerà nel vivo e sarà compretata 2025. Secondo le stime della Difesa Usa queste bombe dovrebbero rimanere in servizio almeno fino al 2050.
Principale caratteristica di questo nuovo ordigno quello di essere molto più precise rispetto alle precedenti, entrate in servizio nel 1968.
Le nuove bombe sono destinate a rifornire 6 delle circa 500 basi militari Usa e Nato nel vecchio continente; nello specifico saranno dislocate in Belgio, nella base di Kleine Brogel, in Germania a Buchel, in Italia ad Aviano e Ghedi, in Olnada nella base di Volkel e nella base turca di Incirlik anche se l’avvicinamento politico e diplomatico avvenuto tra Russia e Turchia potrebbe portare il Pentagono a rivedere i propri piani. In totale saranno dislocate in Europa circa 500 testate.
L’utilizzo di queste testate sarà permesso solamente al personale statunitense di stanza in queste basi come stabiliti dai singoli trattati sigalti dagli Usa con ogni paese.
Per il loro utilizzo sarà indispensabile il Permissive Action Links Un, ovvero un apposito dispositivo elettronico che attiva l’arma nucleare soltanto dopo l’immissione dei codici corretti. Il two-person concept impedisce l’uso accidentale di armi nucleari. Sono necessari due diversi codici inseriti in sequenza o contemporaneamente, periodicamente aggiornati dal National Military Command Center, per armare qualsiasi tipo di arma nucleare statunitense
Iran, sistema missilistico russo S-300 integrato in quello locale
Il sistema missilistico russo S-300 è compeltamente integrato nel sistema difensivo iraniano.
Ad annunciarlo il vice comandante della base aerea di Khatam al Ambia, il generale Abdulfazl Sepehri Rad, precisando che il sistema è stato dislocato su tutto il territorio nazionale ed aggiungendo che Teheran sta lavorando anche allo sviluppo di un nuovo sistema di difesa anti-aerea.
L’acquisto del sistema difensivo russo, avvenuto nei mesi scorsi, conferma le strette relazioni economiche, diplomatiche e militari tra Mosca e Teheran tanto che le industrie militari dei due paesi sono attualmente al lavoro per l’assemblaggio di diverse tipologie di droni, che verranno poi esportati in Russia.
Oltre al sistema missilistico russo Teheran utilizza anche quattro sistemi di controllo dello spazio aereo completamente autoprodotti: il Sama, il Samee, il Baseer e il Samet-1. Il Sama, utilizzato per individuare obiettivi aerei e controllare il traffico nello spazio aereo iraniano, è il primo sistema del suo genere prodotto in un paese dell’Asia occidentale. Ufficialmente questi sistemi sono utilizzati per aiutare l’Organizzazione dell’aviazione civile iraniana nel controllo del traffico aereo e per evitare la necessità di importare attrezzature dall’estero.
Nello specifico, il Baseer controlla e trasferisce dati dai sistemi di radar e navigazione al centro di comando e controllo, sostituendo sei sistemi di analisi e trasferimento dei dati; il Samee è invece un sistema mobile per la raccolta di dati radar e di navigazione aerea, che può essere montato sia sui velivoli che sui droni.
Netanyahu, Iran sta costruendo siti missilistici in Siria e Libano
L’Iran sta realizzando siti missilistici in Siria e Libano in cui produrre e lanciare poi le testate contro Israele. Lo sostiene il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Nel corso di una riunione con setìgretario generale dell’Onu, Antonio Guterres il capo del governo di Tel Aviv ha anche accusato Teheran di voler trasformare la Siria “in una base militare” per dar seguito alla minaccia di annientare Israele.
“Israele – ha detto Netanyahu – non può accettare che l’Iran produca missili di precisione in Siria e Libano e nemmeno l’Onu dovrebbe”.
L’Iran, che è schierato dalla parte del presidente siriano Bashar al Assad fin dall’inizio della guerra in Siria per il momento non ha replicato alle accuse formulate da Netanyahu senza il sostegno di prove.
Lo scontro politico e diplomatico tra l’Iran e l’entità sionista è di lunga data e si è rafforzato nell’ultimo decennio prima con la rpesidenza iraniana di Ahmadinejad ed ora con la crisi siriana cui secondo molti Tel Aviv avrebbe armato ed aiutato, oltre che curato, i ribelli fortemente legati ai fondamentalisti islamici del sedicente Stato islamico; inoltre da sempre sostiene il gruppo libanese Hezbollah che si batte per la liberazione della Palestina dall’occupazione israeliana.
La scorsa settimana nel corso di un incontro con il presidente russo Vladimir Putin, Netanyahu ha ribadito le proprie perlpelssità sulla possibile permanenza al poter di Assad e i timori sul prolungamento della presenza militare iraniana in territorio siriano.
Secondo i media sionisti l’Iran starebbe realizzando i missili in un sito sulla città costiera di Baniyas, sul Meditterraneo.
Netanyahu punta anche sulla lobby ebraica a Washington per convincere il presidente Donald Trump ad un maggiore coinvolgimento diretto nella crisi siriana per far cadere Assad e rompere il fronte anti sionista nella regione.
Siria, operativo nuovo sistema difesa aereo unificato con Russia
In Siria è operativo il nuovo sistema di difesa aereo unificato con i militari russi.
Ad annunicarlo i il capo di Stato maggiore e vice comandante delle forze aerospaziali russe, generale Sergej Meshcheryakov.
Il nuovo sistema prevede l’interconnessione tecnica dei sistemi di ricognizione aerea russi e siriani; in questo modo tutte le informazioni sulla situazione nello spazio aereo provenienti dalle stazioni radar siriane giungeranno ai punti di controllo delle forze russe che potranno replicare subito ai tentativi di attacco portati dai miliziani dello Stato islamico.
Centrale nel nuovo sistema la a base di Hmeymim comprende un battaglione di ingegneria radio, una batteria dei sistemi missilistici e di difesa aerea Pantsir-S e sistemi missilistici di difesa aerea S-400. A livello tecnico questi sistemi sono in grado di distruggere obiettivi nemici entro un raggio di 400 chilometri fino ad un’altitudine di 35 chilometri.
La Russia inoltre continua a lavorare a livello diplomatico per giungere ad un accordo tripartito con Teheran ed Ankara per giungere ad un cessate il fuoco nella città di Idlib, tra le più colpite dalla guerra che da oltre sei anni sta insanguinando la Siria anche a causa dell’Occidente che per anni ha armato e sostenuto i ribelli che poi si sono dimostrati miliziani dell’Isis.
Stoltenberg, Nato vigilerà su esercitazioni militari tra Russia e Bielorussia
La Nato vigilerà sull’esercitazione militare tra Russia e Bielorussia inviando due esperti. Lo ha annunicato il segretario generale dell’Alleanza atalntica Jens Stoltenberg, precisando che è stato il governo di Minsk ad invitare la Nato a presenziare.
L’esercitazione Zapad, Occidente in russo, inizierà il prossimo 14 settembre e prevede l’impiego di migliaia di truppe e attrezzature che opereranno al confine con Lettonia, Lituania e Polonia; proprio per questo la Nato aveva espresso molte perplessità.
Le esercitazioni dureranno 5 giorni ed alla Nato sarebbe stato proposto di partecipare ad uno di questi a scelta, anche se per il momento da Bruxelles ancora non hanno risposto positivamente all’invito di Minsk.
Stoltenberg ha comunque precisato che la Nato intende vigilare sulle esercitazioni in modo più concreto ed accurato.
In base alle regole internazionali sancite dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, osservatori terzi possono partecipare ad esercitazioni che coinvolgono più di 13 mila uomini, un numero che non dovrebbe essere raggiunto nell’operazione Zapad, anche se la Nato sostiene che in passato la Russia ha spesso mentito in merito agli uomini coinvolti in questo tipo di esercitazioni.
Zapad si tiene a cadenza regolare ogni 4 anni e si svolgono solitamente a ridosso di paesi che hanno aderito alla Nato e che quindi sono potenzialmente ostili a Mosca. L’Alleanza atlantica teme che questo sia uno stratagemma utilizzato dalla Russia per portare tecnologie militari a ridosso di questi paesi e lasciandoli poi lì, ricordando i precedenti avvenuti in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014.
Iran sempre più attivo sul mercato energetico. A breve nuove collaborazioni con l’Iraq
L’Iran è sempre più attivo sul mercato energetico mondiale. Dopo gli accordi delle scorse settimane con Russia e Turchia il governo di Teheran è infatti pronto ad ampliare la collaborazione nel settore con i vicini dell’Iraq.
Ad annunciarlo Bijan Zangeneh, ministro del Petrolio di Teheran, al termine di un incontro con una delegazione giunta appositamente da Baghdad per discutere la possibilità di nuovi accordi; il ministro iracheno iraniano ha anche ribadito la volontà delle imprese del suo paese ad avviare nuovi progetti condivisi rafforzando la cooperazione tra i due paesi.
Sempre nell’ambito di questa nuova cooperazione Laith Abdul Hussein Shahir, inviato speciale del ministro iracheno del Petrolio, ha illustrato una relazione sullo sviluppo dei giacimenti condivisi e ha espresso la speranza di poter rafforzare la cooperazione tra i due paesi sia nel sesttore petrolifero che in quello del gas.
Attaulmente tra i due paesi sono in vigore due accordi per l’esportazione del gas nelle città irachene di Bassora e Baghdad. In particolare il gas iraniano dovrebbe permettere all’Iraq di superare la grave crisi energetica, relativamente a quella elettrica, che attanaglia il paese.
L’esportazione di gas iraniano in Iraq è cominciata a giugno con 7 milioni di metri cubi al giorno ma dovrebbe poi aumentare fino a 35 milioni di metri cubi. In virtù del secondo accordo siglato tra i due paesi, l’Iran esporta a Bassora 5 milioni di metri cubi di gas al giorno ma la fornitura dovrebbe arrivare fino a 30 milioni di metri cubi.
Difesa, Polonia lancia nuovo programma rivolto agli universitari interessati a diventare volontari
Il ministero della Difesa della Polonia sta avviando un nuovo programma per rafforzare le difese della nazione offrendo un’apposita formazione militare destinata agli studenti universitari che volgiano essere inglobati tra i volontari.
Il programma rientra nell’ambito del rilancio e rafforzamento delle caapcità difensive del paese in virtù delle preoccupazioni legate alla supposta espansione verso occidente dalla Russia, a Varsavia e dintorni è ancora forte il ricordo delle sofferenze patite sotto il regime conunista dell’Urss. Da qualche tempo Varsavia ha così iniziato ad aggiornare le proprie dotazioni militari in mabito Nato, alcuen attulmente in uso risalgono addiruttura alla dotazione fatta da Mosca quando il paese si trovava ancora sotto il Patto di Varsavia; inoltre sta ampliando il proprio esercito che dopo il 1989 e la decomunistizzazione del paese era stato notevolmente ridotto.
Annunicando il nuovo programma destinato agli studenti universatari Michal Dworczyk , ministro della Difesa di Varsavia, ha spiegato: “Le forze armate polacche si trovano di fronte ad un compito molto arduo, ovvero ricreare un corpo di riservisti.”
Nel dettaglio l’accordo tra il ministero della Difesa e quello dell’Istruzione è stato firmato lunedì 21 agosto in risposta alle esercitazioni annunciate da Russia e Bielorussia che coinvolgeranno 12 mila uomini. Il progetto prevede l’arruolamento di circa 10 mila volontari da forma sia in via teorica che pratica.
Da tempo inoltre operativo il progetto della Forza territoriale di difesa, sempre su base volontaria, che nel 2019 dovrebbe arrivare a 53 mila unità.
Nei prossimo giorni intanto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg visiterà le truppe polacche che operano al ridosso del confino nord-orientale con la Bielorussia dove sono di stanza anche truppe statunitensi per ripsondere al possibile dispiegamento di truppe russe in Bielorussia.
Tra Iran, Russia e Turchia accordo per investimenti energetici da 7 miliardi di dollari
Russia, Iran e Turchia nei giorni scorsi hanno firmato un accordo del valore di 7 miliardi di dollari per realizzare investimenti comuni nel settore petrolifero ed in quello del gas.
A darne notizia la stampa turca tramite un comunicato della società turca Unit, tra i firmatari dell’accordo dello scorso 8 agosto. Le altre parti che hanno siglato l’intesa sono la russa Zarubezhneft e l’iraniana Ghadir.
In base a quanto riferito dalla stampa di Ankara le attività di ricerca e sviluppo si svolgeranno in tre giacimenti di petrolio ed in uno di gas, tutti in territorio iraniano.
Secondo le stime più recenti i tre giacimenti interessati hanno una capacità di 10 miliardi di barili, e produrranno circa 100mila barili di petrolio al giorno; il giaicmento gassoso invece ha una capacità di 75 miliardi di metri cubi all’anno.
La società iraniana, legata al ministero del Petrolio, riferisce che quello siglato a Mosca è il primo accordo tripartito di partenariato e investimenti tra imprese iraniane e straniere, in base al quale le parti istituiranno joint venture per finanziarie progetti in Iran e all’estero. L’intesa prevede che la Ghadir diventi leader del consorzio, mentre le altre società potranno partecipare con quote di investimento nei progetti finanziati congiuntamente.
L’intesa, oltre al valore economico, ha una grande rilevanza a livello geopolitico. Non solo rinforza l’asse tra Mosca e Teheran ma conferma il riavvicinamento tra l’Iran e la Turchia dopo anni di frizioni; inoltre rafforza la posizione della Reppubblica iraniana a livello globale. Non a caso ieri il presidente Rohani è tornato a ventilare la possibilità di riprendere il programma nucleare del suo paese che ora avendo Mosca ed Ankara dalla propria parte eviterebbe il contraccolpo di nuove, eventuali, sanzioni statunitensi.
Libia, Haftar pronti a combattere per liberare tutta la nazione
Gli uomini del generale libico Khalifa Haftar riuniti nell’esercito nazionale libico (Lna), non legato al governo riconosciuto dalla comunità internazionale, è pronto a combattere per liberare tutto il terriotorio della Libia dai terroristi.
Lo ha annuniato lo stesso Haftar mentre si trova in visita a Mosca per incontrare il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ricordando che negli ultimi tre mesi i suoi uomini hanno già riconquistato il 90% del territorio.
“I combattimenti degli ultimi mesi – ha spiegato Haftar – si sono conclusi con l’annuncio della liberazione di Bengasi e la presa di tutti i siti petroliferi e le basi militari del paese. Così almeno il 90 per cento del paese è stato liberato”.
Haftar, ex oppositore di Gheddafi e per anni rifugiato negli Usa, è considerato l’uomo forte della Cirenaica e fino ad oggi si è sempre oppposto ad una soluzione pacifica per la Libia guidata di Fayez al Sarraj, leader libico riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il mese scorso Haftar e Sarraj avevano raggiunto un accordo a Parigi per l’imposizione di un cessate il fuoco e l’avvio di colloqui politici finalizzati all’organizzazione di nuove elezioni per la prossima primavera. Nella dichiarazione congiunta in 10 punti diffusa al termine dell’incontro, i due leader libici avevano inoltre affermato l’intenzione di lavorare per un’agenda comune su difesa e sicurezza e per l’unificazione di istituzioni statali chiave come la Banca centrale e la Compagnia nazionale del petrolio (Noc).
Siria, prossima settimana nuova missione internazionale per verificare utilizzo armi chimiche
La prossima settimana una missione intenrazionale operarerà in Siria per virificare l’utilizzo di armi chimiche nel corso di questo 2017.
Lo riferisce l’agenzia AP citando fonti interne all’amministrazione del presidente siriano Bashar al Assad. Da quanto si apprende il legittimo governo di Damasco ha già dato la propria disponibilità alla missione per fare tutte le verifiche del caso e smentire le accuse dei ribelli secondo cui sarebbe stato l’esercito regolare ad utilizzare questo tipo di armi.
Il vice ministro degli Esteri Faysal Mekdad ha anche precisato che la delegazione dell’Organizzazione per il Divieto delle Armi Chimiche e la squadra degli ispettori internazionali arriverà in Siria al massimo entro 10 giorni. Mekdad ha anche smentito nuovamente l’accusa mossa al governo siriano di aver utilizzato armi chimiche lo scorso 4 aprile per vincere la resistenza della città nord-occidentale di Khan Sheikhoun in cui sono morte circa 100 persone; per altro in un momento in cui i ribelli si stavano ritirando dalla zona ed i lealisti erano ad un passo dalla vittoria.
Oltre ai ribelli a sostenere la tesi dell’attacco chimico portato dagli uomini legati al presidente Assad ovviamente gli Usa che sebbene abbiano armato e finanziato i ribelli fin dall’inizio del conflitto siriano non sono riuscuti a realizzare quel cambio di regime che avrebbe permesso di rompere il fronte che lega Hamas, l’Iran e la Siria, ovvero gli stati della regione non ancora legati a doppio filo a Washington.
Opportuno ricordare che dopo il presunto attacco dello scorso 4 aprile gli Usa hanno fatto partire dalla base aerea di Shayrat un raid punitivo ai danni dell’esercito siriano.