Sud America, la Bolivia si schiera in sostegno del Venezuela
La Bolivia di Evo Morales su schiera con il Venezuela dopo che gli Usa hanno chiesto ai paesi della regione di prendere la distanze da Caracas che non sarebbe più un paese democratico invocando perfino lo spettro di un intervento armato.
Secondo la Bolivia la volontà di Washington minaccia l’unità dell’America Latina e dei Caraibi e violano il diritto internazionale, come si legge in una dichiarazione del ministero degli Esteri di Sucre; il governo sudamericano ha anche invitato i paesi della regione e del mondo a lavorare per l’unità dei venezuelani, facendo ripartire il dialogo tra le parti e rilancio lo sviluppo futuro. Mercoledì il Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj), fedele al presidente Nicolas Maduro, ha di fatto esautorato il parlamento e si è auto-attribuito le sue funzioni. Una mossa che l’opposizione – maggioranza nell’assemblea nazionale – ha subito definito “un colpo di Stato in piena regola” chiamando i cittadini in piazza a partire da sabato. Il presidente del Parlamento ha anche lanciato un appello alle Forze armate “perché appoggino il parlamento, cioè il popolo”.
L’Alta Corte ha stabilito che, dato che l’Assemblea si trova in uno stato di “ribellione ed oltraggio” rispetto alle sue decisioni, “le competenze parlamentari saranno esercitate direttamente dalla Sala Costituzionale del Tsj per garantire lo Stato di diritto”. Il Tribunale supremo considera ogni azione del Parlamento nulla ed illegale, perché esistono denunce di brogli sull’elezione di tre deputati dell’opposizione dello stato di Amazonas nelle politiche di dicembre del 2015.
Brasile, ad aprile nuova privatizzazione aeroporti
Nel Brasile sottratto alla legittima presidente Dilma Rousseff ed affidato a Michel Temer continuano le svendite selvagge del patrimonio pubblico. Ad aprile infatti si terrà una nuova asta per gli aeroporti da privatizzare, gara che secondo le dichiarazioni del governo “dovrebbe veder concorrere un gran numero di società interessate”.
L’annuncio della nuova gara d’asta è stato fatto dal segretario del ministero dei Trasporti civili Dario Lopes nel corso della fiera International Air Show di Rio de Janeiro.
Due settimane fa, lo scorso 16 marzo si è tenuta l’ultima fase della precedente privatizzazione riguardante gli aeroporti nelle città di Salvador, Fortaleza, Florianopolis e Porto Alegre. Tutte queste aste sono state vinte da imprese europee.
La tedesca Fraport Ag ha infatti vinto i diritti di gestione degli aeroporti di Porto Alegre e Fortaleza, rispettivamente per 25 e 30 anni, mentre la francese Vinci Sa opererà dall’aeroporto di Salvador per i prossimi 25 anni, e la Svizzera Flughafen Zurich, che vanta già una presenza in Brasile come membro del consorzio che gestisce l’aeroporto di Belo Horizonte, si è aggiudicata la concessione per lo scalo di Florianopolis, anch’essa per 25 anni.
I quattro aeroporti gestiscono l’11,6 % del traffico passeggeri e il 12,6 % del traffico merci in Brasile. L’asta del 16 marzo, con cui la gestione dei 4 scali è stata assegnata alle 3 società europee, fa parte di un programma di privatizzazioni volto a ridurre il deficit di bilancio del Brasile. I tre gruppi, gli unici partecipanti all’asta alla Borsa di San Paolo, hanno fatto un’offerta per un totale di 3,7 miliardi di reais, circa 1,2 miliardi di dollari, superando il totale dell’offerta minima necessaria del 23 %.
Oltre ai pagamenti relativi alle diverse concessioni i vincitori dell’asta si sono impegnati a investire 6,61 miliardi di reais per modernizzare ed espandere i quattro aeroporti, e a pagare al governo quasi 2,3 miliardi di reais in tasse operative.
Senza partecipanti brasiliani, e con solo tre società a presentare le proposte, rispetto a un’asta del 2012, che riguardava 6 aeroporti e a cui avevano partecipato 11 consorzi, questa volta i premi sono stati molto più bassi.
Secondo le stime dell’Agenzia nazionale per l’aviazione civile al termine di questa nuova asta il 59% del traffico passeggeri nel paese sarà gestito da ditte private.
Dal mondo dei disabili critiche ai nuovi Lea
Presentati lo scorso dicembre con grande enfasi dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e pubblicati in Gazzetta ufficiale lo scorso 18 marzo i nuovi Lea, i livelli essenziali di assistenza, non convincono il mondo dei disabili che continua ad esprimere le proprie critiche. Secondo le associazioni che si occupano di assistenza ai malati infatti i nuovi Lea risultano ancora lontani dal poter essere applicati in modo in modo progressivo ed efficace.
A criticare i nuovi Lea in primis la onlus Fish, federazione italiana per il superamento dell’handicap, che ha preso parte anche alle discussioni avvenute in parlamento sulla revisione di questi strumenti. Nel corso delle audizioni tenute con le commissioni delle due Camere la Fish aveva espresso diverse critiche che però nel testo definitivo pubblicato in Gazzetta non sono state recepite, se non in modo residuale. Ad esempio, ricorda il presidente Vincenzo Falabella, “non è stata ripresa la raccomandazione che sia previsto espressamente il diretto coinvolgimento della persona con disabilità e della sua famiglia nella predisposizione del percorso assistenziale (articolo 4, comma 2, lettera d)”. Ignorato dal legislatore anche la richiesta di garantire alle persone con disabilità la continuità assistenziale attraverso il progetto individuale previsto dall’articolo 14 della Legge n. 328 del 2000, che integri interventi sanitari, sociali e di tutela (articolo 5).
A complicare ancora l’applicazione dei nuovi ci sono poi i soliti problemi legati alla burocrazia italiana. Il testo pubblicato in Gazzetta ufficiale dieci giorni fa prevede infatti tutta una serie di Intese tra lo Stato e le Regioni; nello specifico queste riguardano tra l’altro i dispositivi monouso, le prestazione protesiche, i percorsi assistenziali integrati, l’assistenza ambulatoriale.
La rimodulazione dei Lea rivede quella precedente risalente al 2001, ovvero a quando erano stati definiti per la prima volta le attività, i servizi e le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse raccolte attraverso la fiscalità generale. Il nuovo testo stabilisce che questi vengano ora aggiornati annualmente.
Tra le principali innovazione degli attuali Lea da ricordare le modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, che risaliva al 1996, escludendo prestazioni obsolete e introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate ad esempio adroterapia, enteroscopia con microcamera ingeribile, tomografia retinica (Otc). Un nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica, dopo 18 anni, che introduce ausili protesici tecnologicamente avanzati ed escludendo quelli obsoleti. Per esempio: strumenti e software di comunicazione alternativa ed aumentativa, tastiere adattate per persone con gravissime disabilità, protesi ed ortesi di tecnologie innovative. Aggiornati anche gli elenchi dell malattie rare, croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dal ticket. Inserisce più di 110 entità, tra malattie rare singole e gruppi, e 6 nuove patologie croniche; offre inoltre nuovi vaccini e individua nuovi destinatari in accordo con il nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale.
Il testo rivede anche la lista delle prestazioni che l’Ssn offre gratuitamente a coppie e donne in epoca preconcezionale, e in gravidanza e in puerperio in pieno accordo con le Linee guida sulla gravidanza; introduce inoltre lo screening neonatale per sordità congenita e cataratta congenita. E lo screening neonatale esteso per molte malattie metaboliche ereditarie a tutti i nuovi nati;
inserisce l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche ed invalidanti, negli stadi clinici moderato e grave.
Tra le altre innovazioni da segnalare l’inserimento della celiachia nell’elenco delle malattie croniche, di conseguenza ora sarà sufficiente una certificazione di malattia redatta da uno specialista del SSN per ottenere il nuovo attestato di esenzione; recepisce la legge n. 134 del 2015 sui disturbi dello spettro autistico, che prevede l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato dei disturbi dello spettro autistico; inserisce nella specialistica ambulatoriale tutte le prestazioni necessarie per la procreazione medicalmente assistita, omologa ed eterologa, fino ad oggi erogate solo in regime di ricovero.
Nato, 3 miliardi di euro per rivedere tecnologia informatica
La Nato prevede di spendere 3 miliardi di euro per aggiornare i satelliti e la sua tecnologia informatica nei prossimi tre anni, per fronteggiare le nuove minacce. Lo riferisce la stampa statunitense citando un lato funzionario dell’Alleanza atlantica. Da quanto si apprende i nuovi investimenti sono finalizzati a scoraggiare sia gli hacker sia a prevenire possibili minacce tra cui i missili iraniani, e sottolineano la crescente importanza data dalla Nato alla prevenzione di nuovi conflitti sia tramite la gestione delle reti informatiche sia tramite il controllo dei cieli.
Nello specifico 1,7 miliardi saranno investiti nel campo delle comunicazioni satellitari per meglio coordinare e controllare le truppe di supporto e le navi schierate dell’alleanza, oltre a favorire l’uso dei droni, i velivoli senza pilota e controllo remoto.
Per il momento non è stato specificato se i paesi nato dovranno finanziare il nuovo satellite per le comunicazioni militari o se la spesa graverà sugli Usa. Attualmente tra i paesi Nato è in discussione un finanziamento da circa 800 milioni di euro destinato ai sistemi informatici.
Altri 71 milioni di euro saranno invece destinati a migliorare la protezione delle 32 principali sedi Nato da eventuali attacchi informatici.
Secondo quanto riferito di recente dalla Nato gli attacchi alla sua rete informatica sono aumentati negli ultimi 3 anni di ben 5 volte, senza considerare che il Partito democratico statunitense accusa i servizi segreti russi di aver interferito nelle ultime elezioni presidenziali. Il funzionario Nato che riferito di questi nuovi investimenti ha sottolineato come per la Nato la Russia potrebbe sostenere attacchi contro le loro reti informatiche prima dei vertici dell’Alleanza.
Altri 180 milioni di euro dovrebbero essere spesi per fornire comunicazioni mobili più sicure per i soldati impegnati nelle operazioni militari dell’Alleanza atlantica. Altri dettaglio saranno illustrati nel corso della conferenza che si terrà ad Ottawa, in Canada, ad aprile.
In base al regolamento Nato gli investimenti dovranno essere effettuati tramite aziende di paesi Nato, tra i più accreditati Airbus Group, Raytheon e Lockheed Martin Corp, poiché non può essere utilizzata tecnologia proveniente da paesi non membri, a meno che non ci sia bisogno di prodotti, anche russi o cinesi, che i paesi membri non riescono a produrre o fornire.
Per gli Usa da Mosca possibili aiuti ai talebani
Ad oltre 16 anni dall’invasione statunitense in Afghanistan l’ex paese dei talebani, ritenuti responsabili degli attentati dell’11 settembre, il paese medio orientale è tutt’altro che pacificato ed ora gli ambienti militari statunitensi provano ad incolpare la Russia che secondo loro potrebbe sostenere il gruppo islamico.
Il generale Curtis Scaparrotti, comandante supremo della Nato per l’Europa, sostiene infatti che i talebani potrebbero anche aver ricevuto supporto e materiale bellico dalla Russia, che implicherebbe anche un significativo maggiore coinvolgimento di Mosca in una guerra che di fatto gli Usa stanno combattendo a sud della stessa Russia.
Scaparotti ha detto: “Ho visto crescere l’influenza della Russia negli ultimi tempi, sia in termini di associazione con i talebani che di forniture”. Già nei giorni scorsi la Russia aveva precisato di aver avviato comunicazioni con il gruppo islamico che sta fronteggiando nel suo territorio il sedicente Stato islamico ma di non utilizzarlo in funzione antistatunitense.
Contatti tra i russi e i talebani sono stati denunciati anche dal generale John Nicholson, il comandante delle forze statunitensi in Afghanistan. La campagna statunitense in Afghanistan negli ultimi tempi sta subendo diverse battute d’arresto. Ieri il centro del distretto di Sangin nella irrequieta provincia meridionale di Helmand è stata invasa dai talebani dopo mesi di aspri combattimenti con le forze regolari afghane sostenute da supporto aereo americano. Negli ultimi mesi, i talebani hanno costantemente aumentato il controllo su vaste aree del paese, portando Nicholson a chiedere rinforzi al Pentagono mettendo in guardia contro il rischio di “una situazione di stallo nel paese”.
Attualmente nel paese mediorientale sono presenti circa 5mila uomini nell’ambito della Nato ed 8.500 militari Usa che svolgono missioni di antiterrorismo contro la rete di gruppi armati ancora presenti nel paese.
Opportuno ricordare che i talebani sono di fatto stati creati ed equipaggiati dagli Usa alla fine degli anni ’70 in funzione antisovietica portando l’Urss ad impantanarsi in una guerra di logoramento che a lungo andare ha contribuito alla caduta del regime comunista. Secondo la vulgata popolare i talebani avrebbero poi organizzato e realizzato gli attentati dell’11 settembre 2001 in Usa portando Washington a varare l’operazione “enduring freedom” che ha permesso il riassetto in chiave filo statunitense del medi oriente. Ora però i talebani avrebbero compiuto il grande salto e si sarebbero alleati con il nemico di un tempo.
Siria, riprendono a Ginevra i colloqui di pace
Riprendono oggi nella città svizzera di Ginevra i colloqui di pace sulla Siria. Al tavolo della pace torneranno a sedersi le parti in casa. Cauto ottimismo mostrato da Staffan de Mistura, inviato Onu per la Siria, che ha sottolineato: “I rappresentanti del governo e quelli dell’opposizione hanno concordato un’agenda dei lavori ed ora tutto è pronto per la ripresa dei negoziati”.
Al centro del dibattito, come di consueto, la transizione politica, la stesura di una nuova Costituzione e le elezioni, su pressione dei rappresentanti del presidente Bashar al Assad inserita anche la lotta al terrorismo.
I delegati dell’Alto comitato dei negoziati, la maggiore organizzazione dei ribelli, sono arrivati già ieri nella città svizzera, come la delegazione del governo, guidata dall’ambasciatore siriano all’Onu, Bashar al Jaafari. Non ci sarà De Mistura che sarà sostituito dal vice inviato delle Nazioni Unite per la Siria, Ramzy Ezzeldin Ramzy.
Tiene intanto, anche se a fatica, la tregua concordata tre mesi fa dalle parti grazie all’intervento della Russia e della Turchia. Negli ultimi giorni ribelli e gruppi estremisti alleati hanno lanciato due offensive a sorpresa contro obiettivi governativi a Damasco e nella provincia centrale di Hama. Le forze aeree siriane hanno risposto con raid contro postazioni dell’opposizione, minacciando la possibile riuscita dei colloqui di pace.
La guerra civile siriana è iniziata nel 2011 sotto l’onda delle primavere arabe che hanno funestato il Medio Oriente e secondo le stime dell’Onu avrebbe fino ad oggi causato oltre 320 morti, mentre gli sfollati ammonterebbero a circa un milione.
A breve intervista esclusiva con Mai Alkaila, ambasciatrice palestinese in Italia
Per le grandi esclusive di Agenzia Stampa Italia abbiamo avuto l’onore ed il piacere di tornare ad intervistare Sua Eccellenza Mai Alkaila, ambasciatrice palestinese nel nostro Paese. Con la rappresentante del popolo palestinese abbiamo analizzato la difficile situazione in cui vive il suo popolo e le prospettive per la questione palestinese in seguito all’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati uniti d’America. Tra i temi toccati anche il diverso trattamento riservato agli ebrei morti durante la II Guerra mondiale e i tanti palestinesi uccisi dagli israeliani dal 1947 ad oggi.
Si chiude domani esercitazione congiunta Usa-Romania “Spring storm 17”
Penultimo giorno per l’operazione “Spring storm 17” l’esercitazione militare congiunta tra i militari romeni e i marines statunitensi in corso sulle coste del Mar Nero. Tra le varie esercitazioni effettuate anche il lancio di missili terra-aria Stinger.
Alle esercitazioni prendono parte 450 marines statunitensi e 750 soldati di nazionalità romena; scopo delle manovre preparare i soldati a fronteggiare una eventuale invasione proveniente dalle coste del Mar Nero che si dirige verso le aree urbane del paese.
Uno degli obiettivi della “Spring storm 17” quello di aumentare l’interoperabilità delle truppe dei due paesi in un’area come quella dell’ex Europa sovietica dove secondo la vulgata di Washington la Nato è costretta a fronteggiare l’aggressività russa per evitare nuove crisi dopo quella Ucraina.
Oltre alle truppe di terra prendono parte alle manovre anche mezzi navali, anfibi ed aerei come riferiscono le autorità di Bucarest.
Nei giorni scorsi i militari hanno simulato alcuni sbarchi usufruendo anche del coinvolgimento dell’unità navale statunitensi USS Carter Hall; simulato anche un attacco da parte di navi portamissili, mentre per la difesa aerea sono stati impiegati due Mig 21 Lancer delle Forze aeree romene.
Nei prossimi giorni, dal 24 al 27 marzo, farà calo a Costanza per nuove esercitazioni militari anche la fregata francese La Fayette.
Libri. Israele Palestina Medioriente
Il sionismo ha infatti arbitrariamente trasferito la nozione di appartenenza ebraica da una sfera puramente religiosa-culutrale con forti richiami simbolici a luoghi ed eventi, a una sfera principalmente mondana legandola a una terra e alla sua appropriazione con tutti i mezzi attorno alla quale ha cucito addosso agli ebrei, spesso a loro insaputa, una nuova identità e bizzarra nazionalità, la nazionalità ebraica.
La casa editrice Zambon arricchisce la propria offerta con una nuova collana dedicata alla questione palestinese e lo fa pubblicando il volume “Israele Palestina Medioriente” che raccogliere tre saggi di diversi autori sul tema offrendo, come dice il sottotitolo del libro “una prospettiva etnostorica”, ovvero in un contesto che sia storicamente sia politicamente va oltre l’asfittico dibattito sulla soluzione ad uno, due stati o binazionale.
I quattro saggisti che hanno lavorato al testo sono Moshe Behar, Sandy Kedra, Oren Yftachel e Yifat Bitton.
Il volume appare molto utile ed interessante perché affronta la questione ebraico palestinese partendo da una posizione diversa rispetto a quelle consuete, e soprattutto lo fa analizzando in modo critico il comportamento dell’autorità israeliana che spesso gode di una certa impunita nella saggistica di questo tipo e non solo, basti pensare alle tante forzature legislative utilizzate dalle autorità di Tel Aviv per togliere ai palestinesi perfino i diritti fondamentali senza che nessuno o quasi si scandalizzi.
Fin dall’introduzione, firmata da Susanna Sinigaglia, si smentisce il mito occidentale che vede Israele quale “unica democrazia del Medioriente” spiegando molto bene come questo falso storico si basi su un grosso equivoco che i tre saggi del volume contribuiscono molto bene a spiegare.
Il testo tenta di ricostruire la storia della questione palestinese sin dai tempi del mandato britannico spigando molto nel dettaglio la difficile situazione in cui oggi vivono i palestinesi e perfino gli stessi ebrei mizrachi, ovvero quelli di origine araba che subiscono una ghettizzazione da parte della classe dominante che ha avviato la colonizzazione ed ebraizzazione della Palestina; nel suo saggio Bitton arriva perfino a proporre un’alleanza tra arabi e mizrachi nel tentativo di porre fine alle discriminazioni ai loro danni. Una soluzione che però appare molto utopistica e che gli stessi palestinesi non sembrano gradire troppo.
Centrale poi la questione relativa alle terre sottratte ai palestinesi grazie a vari pretesti giuridici che di fatto erodono sempre di più il terreno a disposizione degli autoctoni a favore degli occupanti che da 70 anni stanno portando avanti una vera e propria sostituzione etnica in territorio palestinese.
AA.VV, “Israele Palestina Medioriente – una prospettiva etnostorica”, prefazione di S. Sinigaglia, Zambon editore, pagg.140, €10,00
Energia, sarà realizzato gasdotto tra Venezuela e Trinidad & Tobago
Sarà realizzato il gasdotto tra Venezuela e Trinidad & Tobago di cui i due paesi stanno discutendo da tempo. Questo partirà da Campo Dragon nello stato del Sucre nel nord del Venezuela e terminerà a Hibiscus nell’arcipelago indio-latino.
L’accordo definitivo è stato firmato dalla Pdvsa, la compagnia petrolifera statale venezuelana e la Ngc, la compagnia di Trinidad & Tobago e dall’olandese Shell. La notizia del raggiungimento dell’accordo è stata data da Eulogio Del Pino, presidente della Pdvsa. Il gasdotto dovrebbe in futuro essere utilizzato anche per la commercializzazione del gas con altri paesi della regione indio-latina.
A firmare l’accordo, oltre a Del Pino, sono stati il ministro del Petrolio venezuelano Nelson Martinez, dal rappresentante del primo ministro di Trinidad & Tobago, Stuart Young, il presidente del paese caraibico, Gerry Brocks; e il presidente di Shell per entrambi i paesi, Luis Prado.
Da circa 4 anni si parla di un gasdotto tra i due paesi distanti tra loro appena 11 chilometri nell’ottica dell’internazionalizzazione dell’economia del piccolo stato.
A partire dagli anni ’80 il paese ha abbandonato le politiche stataliste che lo avevano caratterizzato aprendo la strada agli investimenti esteri e inaugurando una nuova stagione di politiche economiche che hanno fatto del piccolo arcipelago “la tigre dei caraibi”.
Grazie anche ai flussi di capitali provenienti dall’estero e diretti principalmente al settore petrolifero e a quello del gas naturale, le due isole possiedono oggi uno dei più alti Pil pro-capite dell’America Latina.
L’intenso sfruttamento dei giacimenti petroliferi ha portato un progressivo impoverimenti dei giacimenti delle due isole mentre il gas naturale rappresenta la principale risorsa produttiva del Paese, e la crescente importanza assunta dal gas a livello mondiale i governi caraibici hanno ipotizzato la realizzazione di un gasdotto in grado di collegare Porto of Spain alle altre isole caraibiche. I primi progetti in tal senso risalgono ad oltre un decennio fa.
Con riserve stimate per oltre 380 miliardi di metri cubi, T&T risulta, ad oggi, tra i primi quindici Paesi esportatori di gas naturale, e il suo principale utilizzo è relativo al settore del Gnl, gas naturale liquefatto. Il Gnl, che diviene tale in seguito a particolari trattamenti di depurazione e decompressione, permette di diminuire notevolmente il volume del gas e, di conseguenza, facilita e riduce i costi di trasporto: per tale ragione gli impianti di Gnl rappresentano la migliore alternativa ai gasdotti, soprattutto per quel che riguarda trasferimenti di lunga distanza. Al contrario per tratte ridotte risulta maggiormente economico il trasporto via gasdotto che non necessità dei 3 passaggi costitutivi del Gnl: liquefazione, shipping (ovvero trasporto attraverso navi metaniere) e rigassificazione.