Fabrizio Di Ernesto

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Monthly Archives: settembre 2013

Gli Usa vogliono la luna per i loro test nucleari

Nuove sconvolgenti rivelazioni sulle mire statunitensi arrivano dai documenti diffusi dalla rete Anonymous che nell’occasione è riuscita a mettere le mani su progetti segreti della Nasa. In base ai documenti diffusi da questa organizzazione di pirati informatici, testi da prendere comunque con le molle, l’ente spaziale a stelle e strisce starebbe progettando di effettuare test nucleari sulla superficie lunare.

A Cape Canaveral stanno valutando questa possibilità per tre diversi motivi di natura scientifica, militare e politica anche se principale appare quella bellica ovvero testate nuovi armi qualora scoppiasse una eventuale guerra spaziale contro un non ben precisato nemico, la Russia o la Cina che vorrebbe perfino coltivare verdura sul nostro satellite?

La Nasa ovviamente vuole mantenere il più stretto riserbo su questo progetto non solo per evitare le critiche dell’opinione pubblica mondiale ma anche per poter valutare senza doverne rendere conto gli effetti di possibili esplosioni nucleari sulla terra sebbene avvenuta nello spazio. A Cape Canaveral nonostante tutto sono infatti preoccupati sul fatto che “le detonazioni di un’arma nucleare sul o nei pressi del nostro satellite, potrebbero provocare disturbi ambientali, contaminazioni biologiche ed radiologiche fino ad avere ripercussione sulla gravità del nostro pianeta, al momento non ancora calcolabili con ragionevole certezza”. Dubbi legittimi, ma cosa accrebbe se questi effetti ci fossero davvero dopo la prima esplosione di prova?

Anonymous sul suo sito pubblica anche l’equazione cui stanno lavorando gli scienziati statunitensi per scegliere il momento migliore per effettuare questi esperimento, non tanto per evitare eventuali effetti collaterali ma per far sì che l’esplosione non venga né vista né avvertita dalla terra.

 

In base a quanto si apprende l’esplosione dovrebbe avvenire durante una luna piena che essendo già molto luminosa potrebbe destare meno sospetti.

Ribadendo che quanto denunciato da Anonymous va comunque preso con il beneficio del dubbio non appare da escludere a priori la possibilità che Washington si stia realmente preparando alle guerre stellari, specie considerando che parlano di questo progetto dagli anni della presidenza Reagan.

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Al via il III Film festival turco di Roma

Si è aperta ieri, e durerà fino a domenica 29, la III edizione del Film festival turco di Roma.

A fare gli onori di casa durante il galà d’apertura svoltosi al cinema Barberini, dove si terrà l’intera kermesse, sua eccellenza Hakki Akil, ambasciatore in Italia della Repubblica di Turchia, il regista Ferzan Ozpetek, presidente onorario della rassegna, e Serap Engin, presidente del Festival.

Per continuare a leggere clicca qui —>http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15770:al-via-il-iii-film-festival-turco-di-roma&catid=16:italia&Itemid=39

Il commercio delle armi e l’ipocrisia Onu

Primo sì italiano al disegno di legge per la ratifica del Trattato internazionale sul commercio di armamenti, l’Arm trade treaty, varato dall’Onu lo scorso aprile. Lo scorso 12 settembre la Camera ha approvato il testo, che ora passerà al Senato, all’unanimità con 462 sì su altrettanti deputati presenti. Il documento, che per entrare in vigore a livello internazionale ha bisogno di essere ratificato da almeno 50 Paesi, punta a stabilire un maggiore controllo sul commercio bellico per evitare che un numero sempre crescenti di armi entrino in Paesi in cui non vengono rispettati i diritti umani o possano scatenare nuovi conflitti. In occasione del voto alla Camera Sel ha presentato un Ordine del giorno, sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari, con il cui il Governo si impegna a “promuovere nei contatti bilaterali e multilaterali, l’adesione ovvero la ratifica di altri Stati al Trattato in questione affinché esso possa avere sempre più una dimensione universale”, anche in considerazione del fatto che i Paesi Ue da soli potrebbero garantire più della metà delle ratifiche necessarie per rendere efficace questo testo.

 

Sotto la pressione della Rete italiana per il disarmo, Palazzo Madama potrebbe ora approvare il testo entro la fine del mese, ovvero in tempo utile per portare la ratifica per la convocazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni unite prevista proprio per l’ultima settimana di settembre.

Presentato con grande enfasi al Palazzo di vetro, questo trattato appare però fin troppo ambiguo. Nato per scoraggiare il commercio degli armamenti il testo finale appare però troppo limitato alle sole armi leggere e di piccolo calibro, più nello specifico si tratta di una serie di limitate forme di monitoraggio sulle munizioni e sulle componenti di armi, mentre restano esclusi da ogni controllo internazionale sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare sia i trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militari. Questi ultimi in particolare sono quelli che muovono la parte più importante e sofisticata del commercio bellico, e che comprendono le armi più moderne e letali. Aspetto già evidenziato da più parti a livello internazionale tanto che è in corso anche una campagna che, via internet, raccoglie firme per rendere questo trattato più restrittivo rispetto all’attuale stesura.

In attesa che il testo voluto dall’Onu entri in vigore a livello internazionale e che vengano colmati i vuoti legislativi, sul fronte italiano da segnalare che Finmeccanica continua a fare grandi affari con il commercio di armamenti. Solo per citare il caso siriano si tratta di commesse italiane di sistemi militari di tutti gli anni ’90 che è proseguita fino al 2009 per un valore di circa 230 milioni di dollari e che nel primo decennio di questo secolo ha visto consegne effettive di materiali per 130 milioni di euro tra cui sistemi di puntamento, tutte informazioni presenti sul sito della controllata statale ma che ora, come denunciato dall’associazione Unimondo, sono state rimosse, primo segno della maggiore attenzione prestata dall’azienda ad una maggiore riservatezza sui propri affari, oltretutto leciti.

Un comunicato stampa diffuso dall’azienda la settimana scorsa informava che la Selex Es, società del gruppo, aveva siglato un accordo, per un importo di circa 40 milioni di euro, che prevede la fornitura ad un non specificato Paese del Medio Oriente del progetto Falco, un sistema tattico senza pilota in grado di volare ad altitudini medie, caratterizzato da un’ampia autonomia e impiegato per applicazioni di sorveglianza nel campo della sicurezza e della difesa.

Non vorremmo azzardare ipotesi errate ma perché tanta segretezza? La fornitura riguarderà forse la Siria o un altro Paese dell’area, esempio Libano o Iran, cui non si potrebbero fornire armi o altri sistemi bellici? Visto che l’accordo è stato siglato a Londra nel corso del Salone Dsei, defence & security equipment, tanta segretezza appare quanto meno esagerata, se non addirittura sospetta.

Il secolo americano all’epilogo?

La storia è notoriamente fatta di corsi e ricorsi; uno dei più evidenti è che ogni impero prima o poi conosce il proprio declino ed ora sembra giunto l’inizio della fine per quello statunitense.

La vicenda siriana da questo punto di vista è stata emblematica. Obama, già Nobel per la Pace pur senza aver fatto nulla, avrebbe voluto scatenare una nuova guerra in Medio Oriente ma si è dovuto scontrare con la ferma opposizione della Russia di Putin, ed in parte della Cina. A Washington ovviamente non hanno preso bene questa sconfitta diplomatica e hanno ribadito che la possibilità di una azione militare contro Damasco rimane sul tavolo, anche se per i prossimi mesi l’opzione rimarrà sospesa per cercare una soluzione politica alla vicenda.

Ma perché la “grande democrazia” americana che di solito prima attacca e poi annuncia le nuove guerre in questa occasione ha abbassato la testa?

Varie le ragioni, in primis la volontà di evitare un nuovo Vietnam, l’esercito siriano è tra i più preparati della regione, secondo solo a quello israeliano, e una volta terminati i bombardamenti aerei, arte in cui l’aviazione Usa eccelle, per i marines sarebbero iniziati i problemi anche per via del territorio impervio. Da considerare poi l’impossibilità di trincerarsi dietro l’ombrello dell’Onu per poter scatenare il nuovo conflitto. L’intervento americano avrebbe poi rischiato far esplodere il Medio Oriente, zona che da quando è stato artificiosamente lo stato sionista non ha conosciuto un solo giorno di pace. Tutte ottime ragioni ma risibili per la Casa Bianca che dal suo ingresso nella I Guerra mondiale ha sempre anteposto i propri interessi politici ed economici alle ragioni umanitarie e civili, anche se da circa 70 anni la vulgata popolare, specie quella italiana prova a convincerci del contrario.

Se alla fine Obama sì è tirato indietro è solo perché l’opposizione russa lo ha messo con le spalle al muro e costretto alla resa.

La vicenda, tenendo conto delle differenze, ricorda a parti invertite la crisi dei missili cubani del 1961.

All’epoca gli Usa erano lanciati alla conquista dello spazio e del mondo ed erano guidati dal presidente Kennedy, una sorta di Obama bianco. L’Urss voleva installare i propri missili sull’isola di Cuba ma la ferma opposizione di Washington, che per giorni tenne tutti con il fiato sospeso per il timore dello scatenarsi della III Guerra mondiale, fece sì che Mosca tornasse sui propri passi segnando la supremazia della bandiera a stelle e strisce su quella rossa. Di lì a meno di 30 anni l’Urss si dissolse sconfitta politicamente ed economicamente dalla controparte, probabilmente guadagnando anche qualche anno grazie alle ingloriose presidenze Ford e Carter.

Oggi le posizioni si sono invertite e Obama che più che un nuovo Kennedy, che peraltro ha goduto di una pubblicistica fin troppo amica, appare come un maldestro emulo di Ford e Carter, sembra certificare l’inizio della fine di quello che è passato alla storia come il “secolo americano”.

Per carità la fine dell’impero è ancora lontana ma intanto il declino è inizato, Si può solo sperare che nei prossimi 20/30 anni le barbarie prodotte a Washington non finiscano di distruggere la millenaria cultura e civiltà europea che non a caso negli ultimi 70 anni ha conosciuto un rovinoso declino.

Sabato 21 settembre a Benevento

Millennium organizza la conferenza “Sovranità nazionale e sfide globali”. La conferenza, incentrata sulla sovranità nazionale nel contesto attuale, verterà sulle relazioni tra la stessa e la politica estera dell’Italia e le metodologie per il suo ripristino.

Interverranno Fabrizio di Ernesto, membro della Redazione di Agenzia Stampa Italia e saggista, su “Politica estera italiana e mondo globale”, e Alfonso Piscitelli, membro del Comitato di Redazione di Nomos – Bollettino di studi e analisi, autore rai Radio Uno, responsabile del progetto EuRus, su “Poteri oligarchici e democrazia sovrana”.

La conferenza si svolgerà a Benevento, alle 17:30, presso l’auditorium Padre Antonio di Monda, nel chiostro del Convento di San Francesco presso Piazza Dogana.Benevento 2013